Non si ruzza oggi, non è aria, siamo stati costretti a rimpastare il giornale ad inventarci una doppia apertura per scrivere di un fatto abominevole come solo può essere una violenza nei confronti di una ragazzina, una bambina venuta da lontano lontano, di cui non possiamo neppure parlare più di tanto per difendere la sua riservatezza. Ma la cosa che ci ha fatto più incazzare è stata la “difesa di squadra” impostata da un signore con cui abbiamo parlato casualmente del fatto, un “bravo signore” portoferraiese che l’altro giorno si scagliava contro i marocchini violentatori, e che oggi minimizzava, dicendo che: “Quelle a quell’età sono già donne” senza sapere di chi parlava, e di cosa parlava, ed al nostro: “Ma che cazzo dici?” ha risposto buttandola in corner, osservando che l’autore dell’episodio era sì un elbano, ma era anche un balordo. Può essere, anzi sarà certamente così, ma cosa distingue un violentatore, un pedofilo da un balordo: il colore della pelle? l’avere o meno cittadinanza italiana? quelli dell’altre giorno (quelle ciclopiche teste di cazzo che ci hanno provato violentemente con due dodicenni “comunitarie”) erano balordi marocchini, marocchini tout-court, o balordi tout-court? E poi noi pensiamo che una certa quota di “colpa sociale” una comunità che produce i balordi, violenti etc. ce l’abbia, o perché non sa abbastanza reprimere, o perché non sa abbastanza assistere, recuperare, rieducare o per tutto questo insieme. E incomincia a piacerci un po’ meno questo scoglio a cui abbiamo dedicato la vita, dove la gente ha il portafoglio sempre più gonfio e cuore e cervello sempre più stitici. Un tratto della gente di questa terra era l’orgoglio di appartenenza, unita alla grande apertura verso gli altri, ad essere casa franca di tutti come solo i porti sanno essere. Ci dicono, quelli che vengono da fuori, che così ancora è. Noi invece avvertiamo segnali di chiusura ed immeschinimento che non ci piacciono, neanche un poco.