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Un contributo per le aree marine protette

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : domenica, 15 luglio 2007

Yuri Tiberto, responsabile dell’Acquario dell’Elba di Marina di Campo, scrive una lettera aperta a tutti i sindaci elbani dando un suo personale contributo alla proposta di zonazione delle aree marine protette: PREMESSA: PARCO E AMP E’ assolutamente evidente che l’opposizione “senza se e senza ma” all’AMP, da parte di una larga fetta della popolazione, così come i legittimi dubbi di chi potrebbe anche essere favorevole, derivi dalla totale mancanza di fiducia nelle “istituzioni” dovuta, o almeno fortemente agevolata, dall’esperienza maturata in seguito all’avvento del PNAT: commissariamento, cinghiali, fruibilità di Pianosa, case del Parco chiuse, mancanza di fondi… Per contro, molti dei “favorevoli” alla nascita dell’AMP sono probabilmente rimasti abbagliati, e presto disillusi, da una certa propaganda che presentava zone A aperte a tutte le attività e deroghe un po’ su tutte le norme generalmente previste.. La reale situazione, purtroppo, è che perfino navigando in internet, ormai primario ed indispensabile strumento di informazione, è alquanto difficile capirci qualcosa nelle altre AMP già in funzione e ancora più nebulosa appare la situazione locale. A mio parere, sono indispensabili: A) Una gestione del problema assolutamente unitaria, che prescinda dai colori politici, da parte di tutti i Comuni. B) La contemporaneità, o almeno dei seri e preventivi accordi, fra l’istituzione dell’AMP e la stesura del relativo Regolamento. Non ci devono essere gli spazi per cattive sorprese. C) Ove fosse possibile, l’equiparazione, ai fini della zonazione, delle isole amministrate dei Comuni elbani (Pianosa e Montecristo). L’introduzione di nuove limitazioni per l’Elba dovrebbe, come logica contropartita, aprire la strada ad una, certamente parziale, limitata e “super-ecologica”, possibile riapertura al pubblico di due gioielli che ora stanno chiusi in una cassaforte senza poter essere ammirati. D) L’assoluta certezza dei fondi a disposizione per la futura gestione dell’AMP: opere di sorveglianza, disinquinamento e non-inquinamento, rimborsi per la riduzione dello sforzo di pesca, posa in opera e manutenzione della necessaria segnaletica a mare e di un’adeguata campagna informativa a terra. Credo che nessuno voglia ripetere l’esperienza economica del PNAT… E) Priorità assoluta alla sistemazione del sistema fognario. La legge 394/91 vieta nelle aree marine protette, al punto (F): ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi. F) Coinvolgimento dei Cittadini. Attenzione: se l’istituzione del PNAT andava a colpire, fondamentalmente, gli interessi di 300 cacciatori, una cattiva AMP, che non armonizzasse le necessità di tutela con una adeguata fruibilità del mare, potrebbe coinvolgere direttamente gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione elbana… G) Rispetto per il turista: non facciamoci strane illusioni sull’arrivo di un fantomatico turistmo “di qualità”: l’Elba vive solo di sano e popolare turismo balneare, fatto di sole e mare, spiagge libere e attrezzate, calette isolate e scogli piatti, nuotate in acque pulite, snorkeling e subacquea, pesca sportiva e cacciucchini fatti in casa, barche a vela e gommoni. Con la logica esclusione della pesca professionale, tutte le altre attività ludico ricreative non devono prevedere distinzioni fra residenti e ospiti. PROPOSTA DI ZONAZIONE e RELATIVO REGOLAMENTO: ZONE A: Limitate a Pianosa e Montecristo. E’ inutile volere delle “zone A” in cui poi autorizzare questo e quello. Se protezione integrale deve essere, che tale sia. Ma non in un isola turistica. Ancor di più in considerazione che le aree più pregiate, proprio perché adatte ad ospitare grandi quantità di pesci ed altri organismi marini, sono ovviamente le più interessanti da visitare. ZONE B: Di fatto, possono corrispondere ai punti di immersione utilizzati dai Diving. Individuabili nelle immediate vicinanze delle secche e delle pareti a coralligeno più importanti. Per conoscenza diretta, nella costa Sud: punta di Fetovaia, secca di Fetovaia, secca di Capo Poro, secca di Fonza, le Coralline, scoglio della Corbella… Aree molto piccole, da delimitare con boe appropriate, dotate di punti di ancoraggio fisso. Chiuse a qualunque forma di pesca, ma aperte liberamente, senza la necessità di formalità burocratiche o permessi, alla balneazione e alla subacquea. Nessuna differenza fra residenti e ospiti. ZONE C: Scelte con cura, limitate ad aree di dimensioni medio-piccole, e con un’adeguata distribuzione lungo tutta la costa, possono includere bassifondi a Posidonia o altre tipologie di fondale di particolare rilevanza per la biodiversità o per la riproduzione di specie ittiche. A titolo esplicativo, la baia di Galenzana a Campo. In queste zone, come unici ma logici vincoli, si potrebbe regolamentare l’ancoraggio, limitare la pesca sportiva con attrezzi diversi da canna o lenza, limitare la pesca professionale con periodi di fermo e divieto di reti a maglie fitte (sempre da concordare fra pescatori ed esperti del settore). ZONA D: La più anomala zona, inesistente altrove, è la vera chiave di volta dell’AMP Elba. Vietato lo scarico di materiali inquinanti e vietata la pesca a strascico. Semplice ed efficace. ATTIVITA’ CONSENTITE E VIETATE: a) balneazione e subacquea: libera ovunque e per tutti, nel rispetto delle Ordinanze della Capitaneria, che devono essere adeguatamente pubblicizzate. Esclusa dalle zone A di Montecristo e Pianosa. b) pesca professionale: 1) Protezione, lungo tutto il perimetro dell’Isola d’Elba e per non meno di 2 miglia, meglio se 3, dalla pesca a strascico e dalla pesca professionale di qualunque tipo esercitata da imbarcazioni provenienti da altri compartimenti. Richiesta di garanzie riguardo alla reperibilità, presente e futura, dei fondi necessari ad una adeguata sorveglianza diurna e notturna, senza la quale ogni altro sforzo di protezione sarebbe vano. 2) Costituzione di un tavolo di trattative con i pescatori locali volto alla diminuzione delle licenze in essere, al loro contingentamento, alla riconversione di un certo numero di piccole imbarcazioni verso attività di sorveglianza e gestione. Concertazione con gli stessi pescatori di iniziative di tutela della fauna marina, incentivate economicamente, quali ,ad esempio, l’aumento della misura minima delle maglie delle reti o l’istituzione di periodi di fermo pesca limitati a determinate specie in periodo riproduttivo. d) pesca sportiva di superficie: 1) La pesca sportiva conta svariati milioni di appassionati, dal bambino con la lenza a mano, al pensionato che trascorre le sue giornate sul barchettino, agli amanti di specialità agonistiche come il surf-casting o tecnico-tecnologiche come la traina o il drifting. Assai radicata in tutta l’isola è la passione per il bolentino e per la pesca dei Totani.L’indotto economico derivante dalla vendita di attrezzature, barche, esche ecc. è, già da solo, certamente superiore all’impatto del prelievo ittico: è sufficiente controllare il “carniere” medio di un pescatore dilettante e confrontarlo con il pescato di un qualsiasi peschereccio per rendersene conto. Ma la questione principale è data dalla necessità, per un posto turistico, di dare adeguata accoglienza a TUTTI, e quindi anche ai turisti amanti della pesca sportiva. I quali non devono essere trattati diversamente, sull’Elba, da come vengano trattati in Sardegna o all’Argentario. Quindi, niente licenze o permessi, tantomeno a pagamento (un mese di permesso di pesca nel Parco Nazionale della Maddalena costa 78,00 euro) e, in ogni caso, qualsiasi sperequazione fra residenti e ospiti dell’Isola è inaccettabile, se non altro per il rispetto che dovremmo avere per la mano che ci nutre. La pesca sportiva è regolata da precise leggi, e compito dell’Ente Gestore dovrà essere semplicemente quello di renderle più visibili e successivamente, di farle applicare, ponendo fine ad ogni forma di “bracconaggio sportivo”nonché al “mercato del pesce” attuato da un certo numero di pescatori professionisti senza licenza che si fingono pescasportivi. Anche in questo caso, un tavolo di concertazione con rappresentanti del mondo scientifico e dei numerosi Circoli di pesca sportiva locali potrebbe portare alla stesura di regole “ad hoc”, ove le Leggi italiane siano carenti. e) pesca sportiva subacquea: In linea di principio, vale esattamente lo stesso discorso fatto per la pesca sportiva di superficie. Quella che è, indiscutibilmente, la più sportiva e selettiva forma di pesca dilettantistica, ha sull’Isola una particolare valenza storico-culturale, derivata dal prestigio di campioni come Carlo Gasparri e Renzo Mazzarri e di Circoli come il Teseo Tesei di Portoferraio. Indubbiamente, però, l’impatto della pesca sub sulla “confidenza” dei pesci in generale e di quelli stanziali in particolare non va molto d’accordo con lo sviluppo di una subacquea moderna fatta di osservazione e compiacimento e non di prelievo. Pertanto, un divieto di pesca subacquea nelle zone B e C, che potrebbe essere tranquillamente accettato, così come, in un prossimo futuro, potrebbero essere accettate norme più restrittive, ad esempio il divieto di pesca alle Cernie, o anche,come accade in Corsica, la necessità di dotarsi di una autorizzazione della Capitaneria. Nella restante zona D, pesca sub libera per tutti, come regolamentata dalle Leggi in vigore. f) Piccola nautica da diporto: La piccola nautica da diporto, fatta di gozzi, gommoni e barchettini vari, è caratteristica di qualunque costa marina mediterranea. Giustamente regolamentata dall’Ordinanza Balneare che le Capitanerie emettono ogni estate, costituisce un indispensabile risorsa per il turismo elbano. La ricerca della classica “caletta isolata” non può e non deve essere sottoposta ad alcun vincolo ulteriore rispetto a quelli esistenti. L’ancoraggio, effettuato di solito su bassifondi nei pressi di scogliere o cale, non danneggia praticamente in alcun modo la preziosa Posidonia. Le limitazioni tipiche delle AMP, di velocità e di distanza dalla costa, sono difficili da interpretare e da gestire: quanti sono i gommoni dotati di contanodi, e quante sono le persone dotate di radar biologico in grado di calcolare l’effettiva distanza dalla costa? Come ho già detto, la Capitaneria di Porto emette una precisa “Ordinanza di sicurezza balneare” che fissa in maniera accurata le norme di comportamento da seguire. E non occorre altro. g) Nautica da diporto: Chiaramente, a seconda dell’inclinazione economica di un Comune o di un singolo cittadino, l’arrivo di una barca da diporto può essere visto in maniera diversa. A Marciana marina, Portoferraio o Porto azzurro, località dotate di validi porti turistici e di zero spiagge (o quasi), fa certamente piacere. A Campo, dove la più grande spiaggia dell’Isola è abbinata ad un porticciolo ben poco ospitale, molto meno. Ad un albergatore, al gestore di una spiaggia attrezzata o al semplice bagnante, può dare più che altro fastidio. Ad un ormeggiatore, a un benzinaio, a un ristoratore o al gestore di un negozio di alimentari può fare piacere. Come trovare un punto di incontro? La mia opinione: nautica libera, ma ben regolamentata ed organizzata. Porti dotati di adeguati punti di raccolta dei rifiuti, degli olii usati, delle batterie esauste, delle acque di sentina e delle eventuali acque nere.. (vedi: www2.minambiente.it/sito/settori_azione/sdm/amp/programma_ancim/docs/ancim_note_metodologiche.pdf ) Spiagge protette da boe di segnalazione ma anche dotate di corridoi per i tender e per la piccola nautica, per consentire a tutti di raggiungere un bar dove prendere un caffè o fare i propri “bisogni” senza recare pericolo o disturbo ai bagnanti. Ormeggi fissi, ove consigliato dalle caratteristiche del fondale. E naturalmente, la solita stretta sorveglianza per impedire qualunque abuso. Con la speranza che il mio piccolo contributo possa esservi utile, e con i migliori auguri di buon lavoro.


tartaruga caretta caretta

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