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Scuola: da dove viene fuori l'autorevolezza?

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 10 luglio 2007

Caro Sergio, eccomi di nuovo, “passante qualsiasi che pensa di saperne di più e così facendo toglie autorevolezza alla scuola”. E’ stimolante l’intervento della professoressa Battaglini che apre degli spazi di discussione interessanti e procede con un andamento dialettico che non è dato di riconoscere in altri interventi letti su Elbareport. Concordo con quello che ha detto e non potrebbe essere diversamente visto la base comune da cui partiamo: don Milani, Gramsci, ma anche, credo, Daniel Goleman, Gerard Smith, Miguel Benasajag, Umberto Galimberti. Farei solo qualche distinzione per ampliare la dialettica. Io non penso che “forse la scuola ha sbagliato”, come dice la professoressa Battaglini: ne sono certo; so che non ha svolto il ruolo che avrebbe dovuto svolgere, che non ha funzionato correttamente il rapporto con la famiglia, che non c’è stato un momento in cui si è deciso, dopo averle provate tutte, che forse sarebbe stato il caso di dare un anno di tempo in più alla maturazione dei ragazzi. Non ho mai pensato che questo equivalesse a incoraggiare gli atteggiamenti scorretti dei figli. Perché la Professoressa pensa che i genitori non siano interessati al futuro dei loro figli? Anche a rimandare di un anno questo futuro, se ciò contribuisce a far maturare condizioni favorevoli per loro. E’ difficile fare gli insegnanti, ma lo è di più fare i genitori; è la professione più difficile: occorrerebbe anche per questo aggiornamento, preparazione, collaborazione, autorevolezza. La stessa autorevolezza che serve alla scuola. Già, autorevolezza. Ma da dove viene fuori? Ci si conquista con la rigidità in famiglia (non esci più, non ti compro il motorino), con le bocciature a scuola? o con un processo educativo lento e costante, dove ogni ruolo è ben definito, e ogni intervento funzionale ai processi e talvolta anche ai tempi del ragazzo? Io, come genitore, non mi sento proprio il primo che passa per strada; i genitori non sono questo, sono l’altra faccia dell’educazione, la principale. Non considerare i genitori come soggetti interessati al futuro dei loro figli, non coordinarsi, non impostare insieme il futuro dei ragazzi è catastrofico. Pensare che i genitori possano aver interesse a incoraggiare atteggiamenti scorretti dei loro figli lo è altrettanto, perché significa che non c’è fiducia fra gli abitanti di quel Villaggio di cui parla la Professoressa. Vedere le Istituzioni politiche assenti da questo dibattito è una sciagura; significa che il Villaggio non esiste e se non esiste non possiamo attribuirne la colpa a dei ragazzini, ma agli adulti che lo dovrebbero costruire. Non sarà forse per questo che serve un gran coraggio a bocciare? Perché la bocciatura è, prima di tutto, un atto di accusa verso noi stessi, verso gli adulti del Villaggio inesistente, una bocciatura senza attenuanti. Allora continuo a studiare e intervenire, perché vorrei avere un’altra possibilità, un esame di riparazione veloce; per non essere bocciato ed espulso dai figli, per poter dire loro “ho fatto tutto quanto potevo, perfino darti un anno o due o tre in più affinché tu maturassi con i tuoi tempi”, sperando che lo capiscano da adulti, quando quegli anni li sentiranno “persi”. Di questo vorrei che parlassimo, invece di schierarsi su fronti opposti, in un dialogo fra sordi che potrebbe andare avanti all’infinito, che non ci fa onore, che non aiuta a risolvere il problema, e che spero non venga letto dai diretti interessati: ci boccerebbero, sul momento, senza appello.


studenti itcg sit in

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