Paolo Aprile ha aperto informalmente la serata con il suo vocione: "Marco Travaglio, facci sognare!" ed il giornalista non si è fatto scappare, nella piazza La Vantina che si andava stipando come una botticella d'acciughe sotto sale, la battuta che gli era stata servita su un piatto d'argento: "Non sono mica Consorte!!" Prima che tornasse a parlare i formali saluti del Comune, la lettura del Manifesto dell'Associazione Libertà e Giustizia che organizzava la serata e quella della lunga lettera di Travaglio al suo scomparso direttore Indro Montanelli, per la quale si è prestata Francesca Ria. Poi Travaglio ha iniziato a parlare del suo "Uliwood Party" con la ferocissima cortesia di sempre, con la capacità di divertire preoccupando, tracciando un quadro spietato di un'italietta para-bananiera, di una classe politica (centrosinistra ben incluso) sostanzialmente gattopardesca. E' anzi la delusione per un governo che non ha cassato una delle abominevoli leggi ad personam, il prendere atto del berlusconismo senza Berlusconi imperante, della pratica del cacciare sotto il tappeto lo sporco trovato in giro nella stanza che costituiscono il filo del grande "affabulatore documentato", La galleria dei personaggi demoliti da Travaglio si arricchisce Walter Veltroni che da Roma viene "lanciato" come candidato capo della Democrazia Cristiana del ventunesimo secolo (altrimenti detta P.D.) perchè c'è da distogliere l'attenzione sul pasticciccio brutto delle scalate bancarie, ed il teorico della via paperopolese al socialismo distolto dai propositi di "buen ritiro" afro-filantropico si autoinveste parlando per un ora e quaranta senza dedicare un minuto alla questione morale. Ed ancora la storia dei servizi segreti che (tanto per cambiare) invece di occuparsi dei compiti istituzionali spiano giudici, giornalisti, uomini politici. Con Pio Pompa che scrive lettere e fax di spionistica devozione a Berlusconi e Pollari promosso, dopo tutta questa serie di capolavori al Consiglio di Stato. Il tutto condito e poi dalle tragiche macchiette, lo slinguazzante Farina giornalista (espulso dall'Ordine) ed agente dei Servizi Segreti che corre ad Arcore nella notte di Natale a consolare il capo abbandonato perfino dalla servitù (non c'è Bondi, non c'è neanche uno stalliere) e i furbetti del quartierino: "lanzichenecco a me? - protesta Ricucci da Zagarolo convinto che lo si accusi di essere checca - ma io me scopo la Falchi, altro che lanzichenecco!". Ci si alza sempre un po' più europeisti di quanto si fosse quando ci si è seduti ad ascoltare Marco Travaglio. In questa piazza dedicata ad una locale ganza del grande corso, nel bicentenario della nascita di Garibaldi ci ritroviamo a pensare a Mazzini ed alla sua Europa vista come superamento dei limiti delle culture e delle inculture nazionaliste, come superamento delle miserie nazionali che Travaglio ha ampiamente esposto e di cui il nostro paese pare particolarmente ricco.
marco travaglio a capoliveri