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Controcopertina: Maestra Jole o selezione?

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 05 luglio 2007

La festa di fine anno della scuola per l’infanzia del mio nipotino mi aveva suggerito alcune riflessioni dolci-amare, che mi rivengono in mente nello scorrere gli interventi nel dibattito sulla scuola. Come ogni anno è stata organizzata una festa in cui vengono mostrate, attraverso spettacoli, canti, danze, disegni, il risultato del lavoro con i bambini, gli obiettivi raggiunti, come diremmo noi insegnanti. Naturalmente era presente anche il dirigente scolastico prof. Liorre. Quest’anno l’evento si coloriva di emozioni particolari: la “banda bassotti”, come veniva chiamato il gruppetto di Matteo per le marachelle di cui si era reso protagonista fin dal primo anno, veniva licenziato maturo per la scuola elementare e la mitica maestra Jole andava in pensione. Come tutti gli anni ai bambini veniva consegnato un simbolico diploma ed un copricapo di cartone da “laureato”, accompagnato da un caloroso discorso della splendida oratrice Jole, che auspicava di incontrare di nuovo tutti i bambini diventati giovani di successo e laureati davvero a 25 anni e invitava le mamme e i babbi a seguirli sempre, a non mollare mai, neppure negli anni difficili dell’adolescenza. Le lacrime scorrevano a fiumi: bimbi, mamme, maestre e persino babbi, che erano riusciti a trattenerle durante gli spettacoli, , nel finale hanno dato libero sfogo alla loro commozione, nascondendo gli occhi rossi dietro occhiali da sole e fotocamere digitali. In quei giorni nella mia scuola (l’ITCG Cerboni) si svolgevano gli scrutini, si deliberavano più con sofferenza che con soddisfazione bocciature in numero molto più elevato che nella scuola dell’obbligo, si affrontavano le proteste dei genitori, e le tensioni fra noi insegnanti. Parlando con una collega, con la quale condividevo il dispiacere per alcune bocciature, le raccontavo la festa della scuola materna e le chiedevo perché non sarebbe stata possibile una manifestazione simile anche da noi, anziché gli atti di vandalismo da parte dei ragazzi che hanno caratterizzato l’ultimo giorno di scuola, a stento frenati dagli insegnanti. La risposta era logica: “perché da noi esiste la selezione”. O era meglio dire: “perché esiste solo la selezione”? Come se nelle scuole secondarie non si facesse altro. La selezione sembra essere diventata la finalità principale della scuola e l’unica arma in mano agli insegnanti, un’arma peraltro niente affatto efficace, se guardiamo ai numeri portati da Coscarella, ma anche alla nostra esperienza quotidiana; ormai non serve più da lezione, l’unica cosa che ottiene è la rinuncia e l’abbandono da parte dei ragazzi. Questa preponderanza della selezione fa sì che alunni e insegnanti, fin dal primo giorno di scuola, nonostante i progetti di accoglienza, si sentano su due fronti diversi, come se gli obiettivi, che tutti scriviamo un po’ meccanicamente nelle nostre programmazioni di inizio anno non prevedessero il bene, la crescita serena dei ragazzi. Fin dall’inizio loro ci avvertono come nemici da sconfiggere, nel migliore dei casi da blandire per ottenere una pace dignitosa. Ma sarebbe così assurdo invece sentirci dalla stessa parte? Collaborare insieme per arrivare a dei risultati comuni, che non saranno magari lo spettacolino di filastrocche della scuola materna, ma potrebbero essere un filmato scientifico, la pubblicazione di una ricerca storica, un giornale scolastico, la partecipazione ad un concorso nazionale o qualsiasi altra cosa possa creare la fantasia degli insegnanti o semplicemente il ripetere esperienze già sperimentate? Insomma qualcosa che ci faccia sentire dalla stessa parte con gli alunni. Queste esperienze di tanto in tanto si fanno nella scuola e chi adotta questi metodi sa che è possibile avere un rapporto di collaborazione con gli alunni. La mia interpretazione del messaggio di don Milani, tirato come un calzino da una parte e dall’altra, è questa: la scuola vissuta come un momento attivo da parte dei ragazzi, che in questo modo si sentono protagonisti e non nemici da battere. Vorrei terminare, dopo aver forse dato ragione a tutti quelli che hanno un po’ a che fare con la scuola vissuta, ma che non si trovano quotidianamente 20 o 25 ragazzini di fronte, chiedendo loro di non sparare sulla scuola. Lo so che ognuno di voi in fondo in fondo vorrebbe mettersi le toppe ovali sui gomiti di una giacca di tweed ed entrare in un’aula col registro e quindi se gli è concesso è ben contento di suggerire all’educatore autorizzato il modo di comportarsi. E quest’anno gli insegnanti si sono sentiti particolarmente sotto tiro. Il gran parlare che si è fatto di bullismo fra i banchi ha spinto molti di noi a reagire con indignazione, il ministro Fioroni stesso ha parlato più di punizioni (magari inflitte più agli insegnanti che ai ragazzi) che di prevenzione. Da molte parti si è levato l’invito: “Insegnanti, fatevi rispettare! Tornate alla scuola di una volta! Ai miei tempi non si sarebbe tollerato! Ha fatto bene la prof di Catania a punire il ragazzo come Bart Simpson!” E a fine anno tutti pronti a scandalizzarsi per le bocciature, che mi sembrano la degna conclusione di un anno all’insegna della riscoperta e rivalutazione, checchè ne dica Sergio, del professor Aristogitone.


maestra jole bambini materna

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