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E la querelle dei bocciati continua con la risposta di Totaro a Valentina Lupi

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : sabato, 30 giugno 2007

Caro Rossi, la reazione della professoressa Valentina Lupi al mio intervento di ieri su ‘Elbareport’ richiede delle controdeduzioni, che l’importanza dell’argomento mi fa ritenere utili anche se vorrei evitare l’apertura di dialoghi su un giornale ‘veloce’ come il tuo. La signora Lupi, in effetti, rappresenta e incarna la scuola di cui parla, ne è testimone autentica, e ci aiuta a capire. In primo luogo l’autoreferenzialità. Analizziamo quanto scrive: “Forse perché nell’insegnante vive più o meno celato un desiderio di vendetta, una crudeltà mentale genetica che gli fa desiderare di veder soffrire gli alunni? E’ chiaro che non è così; non è così per me e sono certa che non è stato così neanche per quei miei colleghi che hanno deciso che certe bocciature erano necessarie”. Se la signora legge con attenzione quanto ho scritto, vedrà che non ho mai parlato “dell’insegnante”, come se esistesse –fuori dell’ambito sindacale– una categoria, e non invece delle persone, fortunatamente tutte diverse le une dalle altre. Ma in ogni caso su quali basi Lupi afferma “è chiaro che non è così”? Perché non è così per lei (e io potrei anche non esserne sicurissimo)? Perché parla “da insegnante”? Potrei richiamare l’antica norma di diritto che recita ‘nemo testis in causa sua’; ma siccome sono insegnante anch’io (ho insegnato, in tempi lontani, alle scuole medie e alle scuole superiori, per le quali avevo conseguito il ruolo; poi sono passato all’Università, in una Facoltà che appunto prepara gli insegnanti di Lettere, ho svolto attività docente in diversi corsi di aggiornamento, quando c’erano, e da ultimo nelle SSIS), e siccome credo che il dibattito sulla scuola sia vitale, accetto volentieri il confronto. Se dunque Lupi ha dei documenti che suffragano quanto afferma, li mostri, per cortesia, e renderà un vero servigio alla scuola e alla società. Soprattutto quando dichiara: “E’ vero invece che la bocciatura è sempre e comunque una sorta di ‘extrema ratio’, alla quale si ricorre solo quando si sia verificato che non è possibile agire diversamente (…); ma cosa ne sa il signor Totaro delle strategie didattiche ed educative che hanno messo in atto i miei colleghi e colleghe? Come si permette di dubitare della loro preparazione psicopedagogica?”. E’ vero, non so “delle strategie educative” messe in atto, e potrei dubitare senza ragione della preparazione psicopedagogica. Cercherò di informarmene chiedendo al Ministro che disponga, attraverso i suoi Uffici, un’ispezione all’Istituto comprensivo di Portoferraio per accertare se agli atti (nei verbali o in quant’altro) dei Consigli di classe dove si sono verificate le bocciature risulta l’assunzione di provvedimenti didattici specifici e individuali per “cercare di sanare situazioni gravemente deficitarie”, e per accertare l’effettiva preparazione psicopedagogia di ciascuno degli insegnanti coinvolti: ovviamente i risultati degli interventi di verifica degli Uffici scolastici costituiscono “il” criterio obiettivo per acclarare le ragioni di quanto accaduto. Trascuro alcuni difetti di informazione della signora Lupi a riguardo della mia attività professionale, di insegnante, appunto coincidente con la mia vita –e anzi la ringrazio di quel “puerile” che mi attribuisce, confortante per chi si avvia di corsa all’età della pensione– : in ogni caso, come ho già detto, non faccio generalizzazioni: conosco insegnanti di grandissimo valore, e ritengo che siano larga maggioranza; e conosco “imbecilli non qualificati, (…) frustrati dalla loro professione che non garantisce beni al sole” (rubo le espressioni alla lettera di Lupi): li riconosco proprio perché hanno rinunciato all’‘auctoritas’ connessa alla professione che esercitano per rifugiarsi nella squallida rivincita dell’autoritarismo. Oppure perché realizzano una scuola che “per paura di essere tacciata di autoritarismo (…), per timore di dover poi avere a che fare con ricorsi e ricorsini (…), preferisce non bocciare i ragazzi”. Il problema, lo ripeto, non è quello di “passare” o “bocciare”, ma quello di far crescere i ragazzi, di “promuoverli”, anche quando si è necessario ricorrere a provvedimenti di “extrema ratio” come fermarli per un anno, ma dopo aver messo in atto e certificato tutte le strategie di cui si diceva; e mai semplicemente trasferendo ad altri le proprie responsabilità (ivi compresi gli ‘insegnanti di sostegno’). Il punto sta altrove, e Lupi vi passa accanto senza vederlo. Dice infatti: “Ecco perché ho provato una certa soddisfazione quando ho letto la notizia relativa al numero cospicuo di bocciature”. Ma il concetto di ‘extrema ratio’ confligge con i ‘numeri cospicui’. Se si applica su grandi numeri diviene regola. Il che può anche servire alla scuola per “uscire allo scoperto e a sottrarsi al ricatto che l’ha portata a essere una sorta di diplomificio legalmente riconosciuto”, ma riguarda l’istituzione in sé, non il suo compito specifico verso gli alunni presi uno per uno: nei loro confronti è un’azione irresponsabile. Nell’ultima parte del suo intervento, più pacatamente la professoressa Lupi finisce per concordare con quanto detto da me –anche se ha letto il mio intervento con “una rabbia tale” che ha finito per non seguire il filo dei ragionamenti–. Dice infatti: “E se la bocciatura è un fallimento per chi la subisce, lo è ancor di più per chi la infligge. Vorrei soltanto che il signor Totaro, anziché ergersi a censore della classe insegnante simulando comprensione nei suoi confronti, provasse veramente a capire che di fronte a certi risultati scolastici non è solo la scuola a doversi interrogare e a dover dare delle spiegazioni plausibili, ma la società tutta, che è responsabile di certe situazioni di fatto ed è incapace di invertire alcune pericolose tendenze”. Sono d’accordo, l’avevo detto ieri e l’ho detto continuamente in tutti gli interventi sulla scuola ospitati, per esempio, da ‘Elbareport’. La conclusione di Lupi, anche se in contraddizione con affermazioni precedenti (“ho accolto con soddisfazione la notizia dei 20 bocciati alla scuola media”; “ho provato una certa soddisfazione quando ho letto la notizia relativa al numero cospicuo di bocciature”) è pienamente condivisibile: “Bocciare uno o più alunni non è mai per un insegnante una conquista, ma una scelta sofferta, che talora si rende necessaria e come tale va accettata, confidando nella coscienza e nella professionalità di chi –che ci piaccia o meno- ha avuto il coraggio di non nascondere la testa nella sabbia, ammettendo anche i propri limiti”. Bene. Purché sia scelta “sofferta” sempre, purché avvenga “talora”, purché l’ammissione dei limiti diventi subito appassionata tensione a superarli.


luigi totaro

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