Nell’ultimo periodo di scuola si è svolta nella Casa di Reclusione di Porto Azzurro la Via Crucis che ha interessato gli studenti del Liceo Scientifico presente nel penitenziario, ma anche altri reclusi che non partecipano alle attività scolastiche. L’idea è partita dall’insegnante di religione Martina Cardelli che ha organizzato e coinvolto in questo progetto alunni ed insegnanti. Perché –la domanda sorge spontanea- animare una Via Crucis alla fine del mese di maggio? L’intento è stato quello di chiudere l’anno scolastico lanciando un messaggio forte che esprimesse le intenzioni e i sentimenti di tutti noi insegnanti e dei volontari del carcere di Porto Azzurro. Ero carcerato e siete venuti a trovarmi, dunque, non è stato solo il versetto che ci ha guidati nella realizzazione della Via Crucis, ma più in generale il sentimento che ci ha animato per tutto l’anno. E, giunti alla fine, nel salutare gli studenti, abbiamo voluto dire loro che in questi mesi abbiamo innanzitutto provato a comprendere la loro situazione e che in questo ci ha aiutato il confronto tra la loro esperienza e quella di Gesù. Così dell’ultima parte della vita di Gesù sono stati colti i momenti salienti, soprattutto quelli che nella loro esperienza anche gli studenti reclusi hanno vissuto: il tradimento, l’arresto, il processo, gli scherni, le umiliazioni, gli insulti, il peso della croce, l’abbandono da parte di quelli che erano considerati amici, il dolore provato dalle famiglie. Proprio partendo dalla riflessione su tutti questi elementi, gli studenti hanno scritto le loro meditazioni, il Vangelo secondo Barabba. La lettura dei loro commenti al termine di ogni stazione ha toccato ed unito tutti i partecipanti, non solo perché l’esperienza del dolore riguarda ciascuno di noi, ma anche perché abbiamo sentito che da questa sofferenza scaturiva non la chiusura in se stessi, ma l’apertura agli altri: Dammi la forza di riuscire anch’io a portare un po’ di peso di quelli che mi stanno intorno, la speranza di riconoscere come il ladrone buono la purezza e la verità dell’amore, il pensiero rivolto ai propri cari (Mamma…io so che porti il mio dolore nel tuo cuore. Dammi la forza di ricordare sempre che tu pensi a me, che io sono il tuo frutto e porto avanti la nostra vita). Il pomeriggio è stato indimenticabile perché ha unito tutti, cattolici e testimoni di Geova, musulmani, ebrei, atei, ciascuno con il suo carico di angosce e di miserie, ognuno con la propria croce. Uno dei momenti di maggior emozione è stato quello in cui lo studente che interpretava la parte di Gesù, sulla croce, ha gridato il nome del padre in molte lingue: allora siamo stati pervasi da una sensazione dolcissima, abbiamo affidato al Padre tutta la nostra umanità e ai piedi della croce abbiamo sentito che …il nostro domani avrà una svolta, …che alla speranza segue la certezza di una nuova vita (dal commento finale Ai piedi della croce).
Porto Azzurro carcere forte san Giacomo