Leggendo l’A Sciambere della lettera ad una professoressa, il mio pensiero è andato immediatamente a Don Milani del quale ricorre quest’anno -tra l’indifferenza istituzionale insulare- il quarantennale della morte. E’ evidente che la scuola nonostante l’evoluzione degli strumenti didattico-pedagogici è rimasta -come diceva il Priore- un “Ospedale che cura i sani e respinge i malati”. A questo proposito è interessante la dichiarazione del Ministro Fioroni, alla sua prima uscita pubblica, il 21.05.06 che riporto di seguito: "Chi sale a Barbiana non può non tornare indietro senza un significativo insegnamento: il no all'indifferenza. Il primo insegnamento di Don Milani è guardare alle cose nascoste, andare oltre la banalità dell'evidenza", ha continuato il ministro, secondo il quale dalle 160 pagine di "Lettera a una professoressa" emerge chiaramente un atteggiamento di svelamento delle realtà. "Gli esempi sono moltissimi - ha continuato Fioroni - e denunciano la perpetuazione di questi percorsi di esclusione sociale che, per tanti decenni, hanno attraversato la scuola ed il mondo della formazione". Il ministro ha poi ricordato come, ogni anno, decine di migliaia di ragazzi escano dalla scuola media senza il conseguimento del diploma, mentre circa il 25% non consegue diplomi o qualifiche professionali. "Questo - ha aggiunto - è un punto sul quale è mio fermo proposito intervenire con politiche adeguate perché in nessun modo la scuola sia un luogo di esclusione. Il secondo decisivo insegnamento che viene dall'esperienza di Barbiana è non lasciare indietro nessuno, non solo per una pietà"che in una società segnata per tanti aspetti dall'empietà è certamente una laica e nobile virtù, ma per un interesse reale che è quello della Repubblica, un interesse "a formare il maggior numero di giovani possibile ad impegni di vita e di lavoro degni di essere vissuti e tali da costituire una base di certezze umane e produttive per il futuro del nostro Paese". Fioroni ha anche voluto attualizzare il significato di "I care", il motto che campeggia tuttora nell'aula di Barbiana dove don Lorenzo faceva scuola ai suoi ragazzi. "A quella citazione inglese I care (che significa mi interessa, mi sta a cuore) possiamo dare un significato più pieno. E' la formula di un invito ad essere pienamente uomini: in definitiva essa indica la necessità di un nuovo umanesimo". Secondo Fioroni, in sostanza, vi è la necessità di "riscrivere insieme le tavole di un'etica condivisa che ridia ragioni di speranza e di crescita all'umanità". E come attraverso Barbiana si è "dato la parola ad una povertà che ne era priva, afona, anche oggi dobbiamo dare la parola a chi l'ha perduta insieme alla voglia di comunicare, di parlare". Questi i valori che orienteranno l'impegno di Fioroni "come ministro della scuola di tutti, perché questo e non altro vuol dire l'espressione pubblica istruzione". Concludendo il suo saluto, il ministro ha ricordato anche che c'è una "terra di mezzo tra i grandi apostoli della solidarietà e quella variegata della politica, c'è uno spazio dei profeti ed una patria senza confini. Bene, noi sappiamo che don Milani l'abita ancora e ci aiuta sempre con l'esempio della sua missione religiosa, ma anche e sopratutto civile". (citazioni da Rassegna Nazionale Tuttoscuola) Stefania Braschi Cara Stefania Ho deciso non solo di pubblicare ma di fare del tuo pezzo l'apertura del giornale di oggi dopo un rapidissimo scambio di idee con Luigi Totaro in un fortuito incontro alla Coop. Ci siamo ritrovati a ragionare su una nuova deriva che pare delinearsi, quello di una scuola isolana che non riesce ad essere autorevole e si illude di risolvere i suoi problemi rifugiandosi nell'autoritarismo, in un preteso "senso della selezione" tutto orientato al ristabilimento dell'ordine alla punizione delle intemperanze più che ad un riordino formativo al superamento delle separatezze tra scuola e società. Sono anche io tra quei cittadini che guardano con preoccupazione l'irrobustirsi del bocciare, fermamente convinto come sono (specie per quel che concerne la scuola dell'obbligo, ma non solo) che una scuola che boccia, senza dare prestigio ai non bocciati, in pratica bocci sé stessa, prenda atto per ciascun bocciato di un suo fallimento educativo, e mi auguro che quanto ha scritto Elena, il tuo intervento aprano una discussione seria in questa direzione.
Don Milani