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Salvatore Insalaco: l'impegno e la politica

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : martedì, 12 giugno 2007

Ho letto con la dovuta attenzione la strenua difesa di Vito Tammone di quella esperienza politica chiamata "Patto Azzurro", nata in occasione delle elezioni amministrative di Porto Azzurro del 1995 e vinte sulle ali dell'entusiamo da Giafranco Pinotti. L'intervento contiene delle affermazioni che, francamente, mi lasciano stupito e senza parole. Mi dispiace che Tammone e con lui, evidentemente, altri autorevoli esponenti di Patto Azzurro, abbia percepito il mio articolo del due giugno come il tentativo, ovviamente improbabile, di una volontà di ricerca quasi spasmodica, di capri espiatori, di colpevoli da additare alla piazza e di altre sciocchezze di questo genere. Partiamo, come si dice di solito, dai fatti e da una domanda: ci sarà pure una spiegazione, una ragione, un motivo, tanti motivi, tutto quello che vogliamo, se dalla bella vittoria di Patto Azzurro del 1995 che ha eletto Pinotti sindaco si è passati, attraverso altre meno eclatenti sconfitte, alla sonora debacle di quest'ultima tornata elettorale? Ognuno può dare la risposta che vuole. Ovviamente il mio, non è il tentativo di tirarmi fuori dalla mischia, anche se ultimamente non vi ho partecipato, o di salire in cattedra per elargire pillole di saggezza o lezioni politiche. Vorrei semplicemente cercare di capire, insieme a tutta l'alleanza, le ragioni della sconfitta. O crediamo davvero che questa sia stata solo il frutto avvelenato di un destino cinico e baro e che i cittadini di Porto Azzurro non capiscano nulla? Credo, senza dubbio, che ci siano delle ragioni e queste vanno onestamente ricercate per evitare altre mortificazioni. Chi più, chi meno, nessuno può dirsi esente da responsabilità, né la sinistra e nemmeno il partito dei Popolari o della Margherita. Spero ci sia l'occasione di continuare la discussione in altre più appropriate sedi politiche. Voglio solo ricordare a Tammone che non è mia abitudine spargere vento per poi raccogliere tempesta. Tammone, persona seria, stimata e molto pacata, ricorderà che per far nascere quella lista di Patto Azzurro, cominciai a lavorare quasi due anni prima delle elezioni per far in modo che quei partiti tradizionali, sino ad allora irriducibili avversari (ex DC e ex PCI), potessero trovare le ragioni di un incontro e per superare le divisioni che avevano caratterizzato tutto il periodo storico dal dopo guerra in poi. Quelle ragioni furono trovate coinvolgendo nell'iniziativa anche quelle famiglie e quelle personalità influenti di Porto Azzurro che in qualche modo erano stanchi della politica del dott. Papi e manifestavano il desiderio di cambiare. Abbiamo saputo cogliere l'attimo favorevole interpretando quei segnali, entrando in sintonia con le speranze e le aspettative dei cittadini di Porto Azzurro. La bella vittoria di Patto Azzurro fu il frutto di tanti volenterosi, fu il frutto di tanto lavoro non di improvvisazione. Come segretario del PDS scrissi centinaia di lettere ad altrettante famiglie a sostegno di Patto Azzurro; furono fatte decine di incontri con le categorie sociali, con i commercianti, con i giovani; fu creato un movimento e un entusiasmo senza precedenti. Per questo mi stupiscono le affermazioni di Tammone circa una mia contrarietà a quell'esperienza, addirittura si parla di ostruzionismo. Riconoscere i limiti di un'esperienza per migliorarla è un atto di saggezza politica, diversamente da chi pensa di risolvere i problemi tappandosi gli occhi. Per quale ragione, di grazia, una creatura nata dentro il partito di cui ero il segretario, sostenuta fortemente da tutti, che vedeva impegnati direttamente alcuni suoi esponenti, doveva essere osteggiata dagli stessi che l'hanno fatta nascere? Incredibile! A meno che non si voglia credere che le sollecitazioni che venivano da me e dal mio partito per l'attuazione del programma elettorale di quel periodo non erano altro che tentativi camuffati di distruggere il giocattolo con cui si stava giocando. Beh, allora si può credere a tutto, si può anche credere che siccome sono siciliano devo essere per forza mafioso, i napoletani camorristi, i comunisti mangiatori di bambini e chi più ne ha più ne metta. Se uno si lascia orientare dal pregiudizio può incorrere in errori che possono rivelarsi fatali. Io credo, invece, che anche in politica ci siano delle regole fondamentali da seguire, una di queste suggerisce che le cose improvvisate difficilmente possano avere successo rispetto a quelle programmate. E' una banalità, ma qualcuno spesso la dimentica. Così come si dimentica che se all'entusiasmo di una bella vittoria non si fa seguire la nascita o il perfezionamento di una organizzazione, di una struttura, di un gruppo a sostegno dell'azione amministrativa, non c'è futuro. Senza il coinvolgimento e la partecipazione di un gran numero di persone nelle scelte più importanti, alla fine del mandato amministrativo, il solo ricordo dell'entusiamo potrebbe non bastare per rivincere le elezioni. Purtroppo è quello che è accaduto nel '99. E' vero, nel 1999 i duri e puri di Rifondazione Comunista, con una lista di disturbo, fecero perdere le elezioni per sei voti. Dio solo sa quante strade percorremmo per dissuaderli! In quell'occasione non lesinai critiche a quel partito. E per tutta risposta da quel partito mi beccai anche una denuncia per diffamazione a mezzo stampa, ovviamente risolta nel nulla. Non furono, caro Tammone, le "punzecchiature", come le chiami tu, dei quadri murali che fecero perdere le elezioni. Ti sbagli. Anche perchè non mi pare di averne mai scritte contro una giunta sostenuta dal mio partito. Anzi. Dopo quel voto negativo sentii il dovere di dimettermi da segretario del mio partito per favorire una nuova stagione politica. Da quella sconfitta, comunque, avvenuta sul filo di lana, la nostra coalizione ritrovò nuovi motivi di unità, nuova armonia e una opposizione adeguata. Nel 2002 ero "fisicamente assente" perchè, trovandomi in disaccordo su alcune scelte che ritenevo sbagliate, ritenni doveroso dimettermi dal direttivo e con una lettera indirizzata al nuovo segretario ne spiegavo le ragioni. Mi misi da parte molti mesi prima delle elezioni e nessuno per questo si stappò le vesti. Chiaramente da quel momento la responsabilità delle decisioni veniva assunta da altri compagni, dentro e fuori dal mio partito, liti e contrasti compresi. Il resto è cronaca recente. Mi rendo conto di avere annoiato con questa archeologia politica, ma ritenevo doveroso, anche nei confronti di una persona che stimo, sottolineare il comportamento lineare del partito di cui ero segretario nei confronti dell'esperienza di Patto Azzurro. In una lettera inviata ai cittadini di Porto Azzurro in occasione delle elezioni amministrative del 1999, a dimostrazione della lealtà e della volontà del mio partito di superare le normali divergenze, tra le altre cose veniva scritto: i ragazzi del Patto Azzurro che hanno lavorato in questi anni sono diventati più maturi perchè hanno impegnato tanta parte del loro tempo per il proprio paese, favorendone la crescita civile e la partecipazione democratica. Certo, magari con degli errori, ma orgogliosamente possiamo dire di avere portato a soluzione problemi amministrativi che si trascinavano da anni. Adesso Porto Azzurro può guardare verso il 2000 con maggiore consapevolezza di sé. Quella lettera era firmata da me.


mola 2 porto azzurro

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