Le cospicue e crescenti perdite finanziarie della propria attività , denunciate dalla Società Esaom Cesa, sono scritte nero su bianco. Si potrà senza dubbio dire che vi è stata l' incapacità, per anni, di predisporre un preciso piano aziendale che invertisse la tendenza, ma ora il problema è quello di trasformare una crisi dai pesantissimi risvolti sociali (i licenziamenti ) in un' occasione di sviluppo credibile che crei le condizioni materiali per il mantenimento dei posti di lavoro. Questo è il compito della politica. Se tale sviluppo servirà a recuperare una vasta e in parte degradata area alle porte della città (i cubi sgretolati sono ancora lì, sulla strada d' accesso come le montagne di detriti verso le Antiche Saline ), tanto meglio. Non si tratta, ovviamente, di piegare il capo a ricatti occupazionali che nasconderebbero intenzioni puramente speculative: si tratta di decidere qual' è l' interesse pubblico e vedere se, nel farlo, vi può essere modo di salvare capra e cavoli; si tratta di partire da noi, dai nostri progetti di sviluppo della città. Se vi fossero le condizioni , ad esempio, per bonificare alcune aree degradate per realizzarvi l' area della logistica ( dello scarico delle merci in arrivo con i tir , cioè, per garantirne una distribuzione nell' isola con mezzi piccoli e medi ) perchè no ? Si manterrebbero i posti di lavoro creandone di nuovi migliorando la viabilità estiva. Il valore aggiuntivo che si creerebbe per l' area non sarebbe speculativo, ma coerente con il miglioramento del territorio; ci auguriamo che anche di questo si parli , oltre che di sviluppo sostenibile della portualità e della filiera legata alla nautica, nell' incontro di oggi sulla crisi Esaom e in quelli che verranno.
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