Non siamo sorpresi per il contenuto delle dichiarazioni del Presidente Tozzi al Tirreno di giovedì 10 maggio: da tempo si sa che esiste un progetto politico che mira alla limitazione dei flussi turistici all'isola d'Elba (così come ne esiste uno, parallelo, finalizzato al riciclaggio turistico dell'economia di Piombino e della Val di Cornia). Non siamo neanche sorpresi per il modo in cui il "messaggio" è stato comunicato ma, date le affermazioni che il Presidente ha fatto, alcune considerazioni sono ineludibili. Intanto, balzano subito agli occhi alcune evidenti contraddizioni: ci aveva detto di sentirsi un ospite, e che come tale si sarebbe comportato (rispettoso delle varie autonomie, anche perché il parco occupa solo metà del territorio isolano), e invece si sta comportando da "padrone"; aveva detto di essere un tecnico, ma avrebbe dovuto aggiungere che lo è, in particolare, relativamente ad un preciso progetto politico. Una cosa è certa: per gestire un parco che, forse unico caso al mondo, racchiude un'industria turistico-balneare tra le più sviluppate e ormai cinquantennale sarebbe necessario non un approccio di tipo ideologico, bensì di tipo scientifico ed economico. L'economia dell'ambiente, cioè l'approccio economico all'analisi dell'ambiente, negli ultimi venti anni, ha fatto dei passi da gigante. Ed è noto che se lo sfruttamento dell'ambiente a fini economici ha un costo, un costo lo ha pure la conservazione dell'ambiente (ed è pari, esattamente, alla mancata crescita). Per cui è evidente che per zone come l'Elba si tratta di trovare un punto di equilibrio, che garantisca lo sviluppo senza impoverire il patrimonio ambientale (a cui tutti noi teniamo anche più di Tozzi, perché costituisce l'unica vera nostra ricchezza). Se invece, con un approccio di natura puramente ideologica (del tipo, l'unica cosa che conta è la conservazione della natura) si ipotizza, oltre alla classica "educazione" degli elbani, di obbligare i nostri clienti a lasciare le auto, le roulotte, i camper, ecc. a Piombino (come se l'Elba fosse Montecristo o Pianosa) per uccidere il turismo di massa, allora deve essere ben chiaro che questo significherebbe la cancellazione di migliaia di aziende e di decine di migliaia di posti di lavoro, con una perdita di beneficio netto sociale (cioè con un impoverimento) inaudita. Noi e i nostri figli dovremmo tornare ai campi o emigrare in Australia e l'Elba diverrebbe un'isola solo per ricchi, che potrebbero permettersi di pagare i pochi alberghi di lusso che rimarrebbero. E' questo che vogliamo? E i nostri amministratori cosa ne pensano? E chi si assumerebbe la responsabilità di quello che potrebbe accadere se davvero agli elbani fosse concretamente prospettata questa possibilità?
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