Sono assolutamente d’accordo con l’istituzione dell’Area Marina Protetta. Lo sono perché le motivazioni che sono state enunciate dai responsabili del Ministero dell’Ambiente mi sono sembrate importanti e giuste, e sono persuaso che si stanno creando positive condizioni di sviluppo nella qualità della vita della comunità elbana e di quella più generale. Ho semmai delle perplessità riguardo al metodo fin qui seguito all’Elba nell’affrontare il tema, e che vanno anche oltre l’argomento specifico. Cerco di spiegarmi: sull’opportunità dell’istituzione dell’A. M. P. mi pareva necessario e sufficiente che si pronunciasse chi ha le competenze scientifiche, e lo ha fatto; se discussione doveva esserci, si doveva svolgere nell’ambito appropriato, che è quello scientifico, e mi auguro che si sia svolta; la proposta che è giunta a noi è una proposta che si deve ritenere ponderata e ottimale, perché pensare che qualcuno –a livello scientifico o politico– abbia l’obiettivo di creare inutili vincoli è privo di senso comune. Certo tutto è perfettibile, ma nelle sedi giuste e a opera di persone qualificate. A chi ha responsabilità immediate sul territorio spettava e spetta il compito di comprendere il senso della proposta, e di creare intorno a essa il consenso: non di discuterla, in assenza di competenze e strumenti idonei; né di strappare l’assenso di chi, come noi, quelle competenze e quegli strumenti non ha. Nessuno contratta col medico diagnosi o terapie, e se cambia terapia perché la diagnosi non gli piace di solito ha vita breve. Sull’importanza delle Aree Marine Protette non c’è da discutere, e anche sulle indicazioni relative alle diverse zone e ai vincoli relativi farlo a priori ha poco senso; tutt’al più conviene sperimentare ed eventualmente apportare modifiche in seguito, secondo quanto verrà indicato come correttivo. Di sicuro è nel nostro interesse incrementare la qualità del nostro mare, perché è il più cospicuo patrimonio che abbiamo, perché l’offerta che ne facciamo ai turisti costituisce la principale risorsa isolana, perché lo abbiamo ereditato sano e ricco e rischiamo di lasciarlo morto ai posteri (che non potranno neppure utilizzarlo come risorsa). Il che non vuol dire che dobbiamo blindarlo, e rinunciare a viverci e a viverlo; e neppure che dobbiamo proteggerlo: il problema mi pare posto più correttamente se comprendiamo che stiamo cercando soltanto di creare le condizioni per continuare ad averlo –o per ricominciare ad averlo– come era quaranta o cinquanta anni fa. Quello che faremo lo si farà per noi, non per il mare o per l’ambiente: il mare non soffre se non ci sono pesci, se c’è mucillaggine, se muore la Posidonia; l’ambiente muta e si adatta alle condizioni nuove che si creano: un tempo tutto era lava ribollente, poi è venuta l’acqua, poi il gelo; se dovesse tornare la lava ribollente –o una diversa catastrofe, di quelle che abbiamo imparato a produrre–, l’ambiente si adatterà di nuovo. Noi quasi certamente no. Non saremo capaci di sopravvivere. E anche in ipotesi meno catastrofiche, se non ripristiniamo condizioni accettabili di qualità del mare –ma anche della terra, ovviamente– saremo noi a trovarci in difficoltà, e prima di quanto non si pensi. Allora, a chi ha responsabilità immediate sul territorio spetta il compito di condividere con i concittadini le ‘ragioni’ della scelta, non i suoi termini, in base alla persuasione che quanto si sta facendo è funzionale a migliori condizioni di vita nostre e dei nostri posteri: e se Mario dovrà rinunciare a qualche totano, deve far conto d’averlo regalato al su’ nipote, e sarà contento lo stesso. C’è un antico e saggio proverbio toscano che dice: “non si può avere tutti la casa in piazza”; noi abbiamo davanti questo mare meraviglioso, ed è una grande ricchezza; quelli che stanno in cima alla Futa non sanno neanche cos’è, e vengono a vederlo qui: avranno altre risorse, si potrà dire; ma farebbero volentieri a cambio con noi, mentre noi no. E allora proviamo a guardare più in là del nostro naso, e cerchiamo di fare in modo che tutti lo facciano. Per questo siamo contenti che le “categorie” abbiano espresso il loro consenso –albergatori, diving, commercianti e speriamo anche i pescatori–: vuol dire che hanno capito, come certamente hanno capito i ragazzi delle scuole, e tutti quelli che sono abituati a pensare avanti. Se però non fossero stati d’accordo, si doveva insistere fino a persuaderli: non ci può essere mediazione di fronte a scelte come queste. Di qui le mie perplessità, che vanno al di là dell’occasione: non si deve confondere la democrazia con la demagogia. Il medico non chiede al paziente se è d’accordo per la cura, e prima che sia ridotto in condizioni disperate ha il dovere di fare tutto quanto è in sua possibilità per tirarlo fuori dai guai. C’è anche chi decide di non voler più vivere, e questo è un punto molto attuale di discussione; ma ammesso che si debba accogliere quella libertà di decisione, certo non si può consentire che chi la esprime coinvolga nella sua fine anche tutti gli altri. Così, nel nostro caso, la cura è indicata –e anche ampiamente sperimentata da una casistica abbondante e disponibile–, e ci permetterà di fruire ancora di un bene che tutti considerano irrinunciabile. Chi non condivide la cura si rivolga pure ai maghi e agli stregoni dei bar, che hanno un rimedio pratico per tutto. Chi ha responsabilità di governo deve governare, rendendo tutti partecipi delle decisioni che prende, ma senza bisogno di trattare continuamente, di mediare continuamente. Un ultimo motivo di riflessione. L’Area Marina Protetta è una grande opportunità che ci si presenta, anche per vantaggi immediati che può portare nelle attività economiche della nostra comunità. Ma i vantaggi non conseguono automaticamente alla sua istituzione: vanno prodotti attraverso un’azione progettuale che sappia mettere a frutto le condizioni nuove che si prospettano. Questa è la vera sfida che abbiamo davanti, questa la sollecitazione che dobbiamo attivare, la capacità che dobbiamo mostrare. Non posso che augurarmi e augurare a tutti che, conclusi presto i pellegrinaggi per ricevere la grazia dell’assenso di chi dovrebbe essere d’accordo a priori, perché dall’istituzione dell’Area Marina Protetta non può che ricavare benefici, cominciamo a impiegare le nostre migliori energie a mettere a pieno frutto quei benefici. Per mostrare a noi stessi e a tutti che siamo davvero degni di vivere in Paradiso.
Giudola pesce sub