Un turismo selvaggio. Mordi e fuggi. Aggressivo nelle forme, sterile nel ritorno. Come una violenza. Quante volte in passato ci siamo trovati a tratteggiare scenari come questi, di turisti dell’ultima ora tanto attratti dalle nostre bellezze quanto determinati ad approfittarne senza alcun rispetto, per i luoghi quanto per le persone che quei luoghi abitano e tentano di preservare con ostinata caparbietà. Un turismo spogliato del suo lato più umano, banalizzato alla filosofia del consumo sfrenato. Uno scenario che si è materializzato davanti ai miei occhi ieri sera. Ore di cena, golfo di Fetovaia. Saranno state in quattro, forse cinque. Cinque imbarcazioni a duecento metri dalla riva. A godersi la pace di una delle più suggestive baie dell’isola? Macchè. A infrangerla quella pace, a deturparla. In barba a noi tutti. Albergatori, turisti, semplici cittadini. In barba anche al sottoscritto: ironia della sorte, operatore turistico e “Amico del mare”, riconoscimento del quale mi ha voluto onorare la Goletta Verde di Legambiente. E in barba al concetto di turismo che andiamo predicando da tempo, rispettoso del nostro ambiente e dei suoi ospiti che in quell’ambiente, protetto e appartato, vogliono essere accolti. Ebbene i nostri cari ospiti «usa e getta» hanno pensato bene di impestare Fetovaia con le tonalità assordanti dei loro stereo. Un festino a pochi metri dalla costa, lontano a sufficienza da chiunque avesse solo pensato di far presente il disturbo che questi cafoni travestiti da vacanzieri andavano recando. A noi e ai nostri ospiti, basiti, stupefatti, che fino a un attimo prima ci avevano confessato di come erano stati capaci, in questi giorni per loro di meritato riposo, di ricongiungersi con un ambiente che reputavano come smarrito, ricordo sfocato. Invece niente. Hanno dovuto ricredersi, subire lo smacco della smentita inaspettata. E noi lì, impotenti. Ad aspettar che qualcuno mettesse fine a quella che non ho potuto esimermi dal considerare una violenza. Certo non fisica, ma non meno sgradevole. Una violenza alla nostra intimità, al nostro ambiente. Per questo reputo importante dire la mia, non patire oltremodo, per mezzo del silenzio, la beffa incassata. Non è questo il turismo che vogliamo. Quello che ci vogliono far ingoiare in nome di un mondo che sta cambiando, mutando. Un turismo selvaggio, offensivo. Che ignora il rispetto e volta le spalle al sano e sudato ritorno economico di cui è giusto che gli operatori si fregino se ben lavorano. E’ questo un disegno al quale si deve dire di no. Con una lettera, con una mano alzata. E perché no, magari anche con controlli e più rigore. Perché l’ambiente si inizia a difenderlo appena fuori dal proprio uscio di casa, in città come di fronte alla pace che per fortuna si respira ancora davanti al golfo di Fetovaia. Cafoni permettendo.
punta di fetovaia