“Non esiste nuova buona politica che non abbia la questione morale come sua stella polare. E forse conviene tenersi stretto questo pensiero di Enrico Berlinguer, piuttosto che giocare a metterlo e toglierlo dal Pantheon”. Parole sante, quelle di Fabio Mussi, al discorso di addio (o arrivederci, come sperano in tanti) al suo partito. Da confrontare con quelle di Rutelli nel congresso parallelo della Margherita: “Se voi mi chiedete qual è la priorità del paese, io rispondo risolutamente: la crescita dell’economia”. E bravo Rutelli. In tre pagine di discorso, trascritte integralmente sull”Unità”, c’è solo un vago richiamo alla legalità. Mentre a Roma e Firenze si parlava, a Napoli e dintorni, come sempre, si moriva. Uccisi. Ma perché la nostra classe politica sembra vivere sempre in un altro paese, ogni volta che si parla di giustizia? Giro la domanda al popolo di Rifondazione Comunista, che fin qui sembrerebbe uno dei partiti più puliti che ci sono in Italia. In attesa della “Sinistra Europea”, perché non fare proprio il messaggio di Mussi? Perché difendere un garantismo indifendibile, invece di sostenere con forza il principio costituzionale “la legge è uguale per tutti”? A sentire i rappresentanti di quella che dovrebbe essere la “sinistra radicale” (pensa te se fossero ancora più moderati), c’è da farsi cadere le braccia. Non fanno in tempo ad arrestare Cesare Battisti in Brasile, che già Russo Spena si straccia le vesti per difendere quel volgare assassino e chiedere l’amnistia generale per i reati degli anni di piombo (immagino anche per gli stragisti neri latitanti come Delfo Zorzi). Intervistato da “Repubblica”, Gennaro Migliore, capogruppo di Rifondazione alla Camera, dice che nello schieramento di centrodestra apprezza l’avvocato Pecorella, “un vero garantista”. Con l’astensione decisiva di Rifondazione (vedi “Intoccabili” di Lodato e Travaglio) si permise al governo Berlusconi di escludere il giudice Caselli dalla Direzione nazionale antimafia. E mentre Beppe Grillo attacca Tronchetti Provera e il gruppo dirigente Telecom per tutte le porcate fatte negli ultimi anni (intercettazioni comprese), la terza carica dello Stato, il presidente della Camera dei deputati, Fausto Bertinotti, si diverte a fare lo scemo alla radio con Fiorello, discettando su chi è più comunista fra Valeria Marina e Veronica Lario. Quando si dice il senso delle istituzioni. Ma ve lo immaginate Pietro Ingrao ad un “talk show”? Ma davvero c’è così tanto da ridere nel paese di “Gomorra”? Poi magari sono capaci di diventare serissimi discutendo di lotta al capitalismo con l’ala “trotzkista”. La verità è che quelli che si ostinano a chiamarsi “comunisti”, tranne poche eccezioni (Nichi Vendola per esempio, e perché no, Vladimir Luxuria) sono da tempo un fenomeno folcloristico, di colore. Gente abituata a cavarsela con le battute. Non serve che Diliberto dica: “Berlusconi mi fa schifo”: serve presentare una legge rigorosa sul conflitto di interessi o sul monopolio privato delle televisioni (non quelle che porteranno in parlamento). Speriamo che nasca presto “Sinistra Europea” e che diventi l’occasione, come per il Partito Democratico, per un ricambio radicale di queste classi dirigenti così insulse.
francesco rutelli