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A Sciambere della Primula Russa: scene da un matrimonio

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 24 aprile 2007

Le vicende che riguardano il Partito Democratico invocano quasi naturalmente la metafora della famiglia: due Partiti hanno rinunciato alla loro particolarità per fondersi in una nuova realtà alla definizione della quale ciascuno contribuisce con il proprio patrimonio genetico, dando vita a un nuovo soggetto politico che riceve da entrambi una cospicua dote di consensi e di poteri, perché continui nella strada già solcata di un progresso senza avventure, governando senza rinunciare a obiettivi di lotta. Per la verità i due consorti hanno una certa età –un’ottantina d’anni: ben portati, ma non pochi– e, come si dice, se non tiravano via… Va detto che il matrimonio è arrivato dopo una lunga convivenza –si sono conosciuti da adolescenti e insieme hanno vissuto l’esaltante esperienza della lotta antifascista; poi si sono lasciati e ognuno ha fatto le sue esperienze, ma continuando a vedersi ogni tanto, più o meno di nascosto, in un rapporto burrascoso ma –come si dice– l’amore non è bello…; poi si sono ritrovati ormai maturi, quando è venuto a mancare drammaticamente il padre di lei, e da allora non si sono mai più separati, pur continuando a bisticciare, come accade a chi si conosce da tanto. E anche quando lei ha avuto quelle grosse difficoltà e ha dovuto chiudere l’azienda, lui non l’ha abbandonata a se stessa e non se n’è approfittato. Certo sono stati momenti difficili: nella tragedia che si stava consumando soci e congiunti e sedicenti amici hanno preso quanto potevano e se ne sono andati, dicendo tutti che loro erano i veri eredi. Con pazienza e umiltà lei si è ristretta un po’, ma non si è accasciata e non ha perso l’antica dignità. Anche quando lo zio sacerdote, che tanto l’aveva assistita –e tanto da lei era stato assistito– ha cominciato a prendere le distanze e a guardare con interesse altre famiglie, lei ha saputo far valere la propria autonomia di giudizio e di decisione. Anche la vita di lui era stata tutt’altro che pacifica: figli e nipoti cresciuti alla sua ombra e alla sua mensa hanno sbattuto la porta e se ne sono andati accusandolo di aver perduto il fascino un po’ rude, il coraggio e anche la semplicità degli anni della giovinezza. Del resto anche lui aveva lasciato il padre e s’era messo per conto suo, e di traverso; e s’erano fatta tanta guerra, e alla fine aveva vinto lui contro quel testardo del vecchio: ma si volevano bene, in fondo (parecchio in fondo), soprattutto dopo che se ne era andato il barbaro infiltratosi in casa del padre con i suoi amici poco rassicuranti. Lui aveva anche fatto periodici ‘lifting’, e aveva cambiato nome tutte le volte che gli era sembrato che facilitasse la possibilità di incontrarla –e questo, naturalmente faceva imbestialire i ragazzi, che se ne andavano di casa–. Poi il campo è stato davvero invaso dai barbari di sempre, e nella nuova resistenza ancora lui era al suo fianco: potevano contare sui gioielli di famiglia che non s’erano tutti dispersi nella bufera che l’aveva colpita a suo tempo; e lui aveva concluso qualche buon affare, e poteva vantare una certa consistenza economica. Per resistere e per ricominciare. Allora si è cominciato a parlare di matrimonio. Anche perché il pericolo della barbarie era incombente, e i nuovi ‘doppi petti’, gli aerei, le ville e i fiumi di denaro non solo erano poco rassicuranti, ma stavano invadendo le menti e i desideri dei ragazzi, e bisognava correre ai ripari. L’ultima battaglia è stata la più dura: vinta solo perché i barbari, che sono barbari, hanno fatto il possibile per irritare il mondo, e hanno perso il consenso (più o meno provvisoriamente). Ma è bastato per riprendere fiato, e per capire che era tempo di concludere questa unione, per vedere se insieme era più facile capirsi e farsi capire –come alcuni segnali, durante le periodiche consultazioni del popolo, avevano lasciato intendere–. Uniti sarebbe stato anche più facile tenere a bada i ragazzi sempre un po’ turbolenti e volenterosi di farsi vedere e di contare. E soprattutto sarebbe aumentato il gradimento nel popolo, che non ama la confusione e l’ardimento, ma preferisce che tutto resti come sempre, o che cambi pochissimo; e già ha manifestato irritazione per la confusione fatta dai giovani in movimento perpetuo. Qualcuno avrebbe protestato, strepitato, si sarebbe dissociato: era un prezzo da pagare. Anche zio prete aveva mostrato di non gradire il matrimonio, e lo aveva detto e fatto dire in tutte le salse, cercando anche di mettere in difficoltà i nubendi, soprattutto lei. Ma alla fine ciò che era deciso è avvenuto. Non si può mai dire se il matrimonio sia avvenuto per amore, o se lo abbiano favorito considerazioni diverse (dopo tanto flirtare, certo non è stato un matrimonio ‘di slancio’). Ma tant’è: auguri, auguri, auguri. Anche senza figli maschi. E poi non è un matrimonio consacrato, e aleggia l’ombra dei “dico”. La vicenda ha commosso poco il nostro cuore indurito. Come nei matrimoni dei VIP, l’aspetto spettacolare e quello patrimoniale hanno finito per avere il sopravvento. C’è sembrata perfino un po’ borghese la discussione sui nobili lignaggi disconosciuti o al contrario su quelli meno nobili accolti nel proprio albero genealogico, fino a scomodare l’idea del Pantheon, come avrebbe potuto fare un signor Savoia qualunque. Da tutte le parti: da quella degli sposi o da quella degli sdegnati oppositori al matrimonio. Se qualcosa si è capito, ci sembra che il nuovo (?) nucleo abbia il nobile programma di conservare tutto quanto è possibile, e cambiare il resto lentamente, ma lentamente, ma così lentamente che non se ne deve accorgere nessuno. Quelli che hanno abbandonato la famiglia d’origine si sono messi a rivendicare eredità ormai fatte solo di quarti di nobiltà ignorata dai più –Marx, Lenin, Mao, Togliatti, Berlinguer, Castro ecc. non sono neanche mai andati al Grande Fratello; mentre Berlusconi, Cicchitto, Iannuzzi, Costanzo ecc. ecc. il Grande Fratello lo hanno lanciato–; avrebbero potuto cogliere l’occasione per dire quello che si dovrebbe fare in modo meno fumoso e più puntuale: invece di evocare la memoria della gente crediamo sia arrivato il momento di cercare di incontrarne la sofferenza e la residua capacità di sperare. Tutto il resto è noia. La Primula Russa (noi no) C’ho pianto !


scene da un matrimonio film

scene da un matrimonio film