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Don De Lillo LIBRA

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 18 aprile 2007

«John era accasciato sullo strapuntino… Abbassò la testa su quella del marito. Fingeva di esser lui. Erano vivi o morti tutti e due. Non potevano essere l’una una cosa e l’altro un’altra. Poi il terzo colpo mandò poltiglia dappertutto. Tessuto, frammenti ossei, pallide falde di tessuto, pappetta acquosa, sangue, materia celebrale, addosso a tutti». Un attimo che a tutt’oggi non è ancora se stesso cambia la storia, un attimo lungo anni che non riesce a essere verità. Nome in codice LIBRA, un’altra faccia di Lee Harvey Oswald, questa volta attore principale di una sintesi fra realtà e finzione, versioni ufficiali e ricostruzioni sommarie. La terza via nell’analisi di un evento unico, niente nella realtà moderna e contemporanea riesce a coinvolgere come quegli spari nel mattino assolato di Dallas, il 22 novembre 1963, tre lampi che annientano la speranza e proiettano per la prima volta l’America nella storia. Tutto ciò che non si era voluto vedere, quando la generazione degli sconfitti nell’anima da una vittoria sul campo, in Europa nel ‘14/‘18, dava vita al primo vero movimento letterario made in Usa, la Lost Generation, che da Fitzgerald a Hemingway passando per Steinbeck e Faulkner sussurrava al mondo il proprio disagio; tutto quello che sarà urlato trent’ anni dopo con Kerouak e i poeti della Beat Generation, da Ferlighetti a Ginsberg, tutto il malessere improvvisamente emerge, non più con le parole e gli scritti, ma con il sangue. Sangue che imbratta la coscienza di un paese illuso fino ad allora di poter far parte della storia solo quando lo si ritiene opportuno. E’ molto americano quel 22 novembre: il luccichio delle cromature della Lincoln, il sorriso di Jackie, gli applausi lungo la strada, il riverbero dell’asfalto dopo quell’ultima curva, la disinvoltura e il disincanto di John. E’ tutto così rallentato che l’eco di quegli spari non riesce ancora a spegnersi. «Lee stava per sparare il terzo proiettile, lo stava facendo, stava effettivamente premendo il grilletto. La luce era talmente chiara da spezzare il cuore ». Ma chi è veramente LIBRA Oswald? Due volte straniero, Lee che per non tradire nessuno, né i Marines né l’Urss, si annulla come individuo e si ripropone, nella trama di De Lillo ma anche in quella di Oliver Stone in JFK, come il simbolo annunciato del Male, il paravento dietro cui nascondere fragilità collettiva e mancata assunzione di responsabilità. Anche se per fortuna a volte capita che non abbia importanza la motivazione ma il gesto in sé, non importa se poi dall'ombra partono invece i colpi dei congiurati, degli uomini frustrati e rancorosi, ossessionati dalla rabbia: ex agenti dell'FBI, reduci cubani della Baia dei Porci, faccendieri, lucidi calcolatori e psicopatici. Perché LIBRA da quella finestra della Texas School Book Depository spara davvero , mentre una donna scatta una foto e il senatore Warren ci prepara la sua verità, spara e per tutti colpisce il bersaglio con quel vecchio moschetto italiano, non importa il contorno, gli inconfessabili interessi e i vari comprimari, ufficialmente un solo attore, ma invece due, vittima e carnefice predestinati, John e Lee, sacrificati l’uno alla memoria, l’altro alla dannazione, ma non nella letteratura scarna e essenziale di De Lillo, che concede a entrambi il confronto con il dubbio e il giudizio della storia. «Dunque se Lee è una pecora smarrita ed è per questo che non lo volete in chiesa, siete in contraddizione con lo scopo delle chiesa. I giusti non hanno bisogno di andare in chiesa. Diciamo pure che lo chiamano assassino. Ma sono proprio gli assassini ad avere bisogno della chiesa. Non è questo l’insegnamento di Gesù? » Lame di luce, sprazzi di verità, De Lillo spiazza un’attesa conosciuta, ma da dentro è altro, è verità che si fonde con parole e finzione, l’ansia delle ricostruzioni e la tragedia del sangue che scorre sui volti dei presenti, simbolo di un sistema che perde la sua innocenza fra gesti quotidiani che sembrano rituali nel bagliore di quegli spari. «La Lincoln era blu scuro, con un riflesso iridescente color pavone, la bandiera americana e lo stendardo presidenziale sventolavano sui parafanghi anteriori.» Il corteo attraversa Dallas il 22 novembre 1963 e si perde nella storia. Michele Castelvecchi De Lillo Don Libra Einaudi € 10,00