“Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben ordinata milizia, il diritto dei cittadini di tenere e portare armi non potrà essere violato”. Questo è il testo del II Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America, introdotto nel 1791. A esso si richiamano tutti coloro che sostengono la libera vendita di armi in quel grande Paese, anche a costo di vedere ogni anno assassinati dei cittadini incolpevoli. Ieri sono stati trentasette ragazzi, in una scuola della Virginia. Tutti ne sono rimasti colpiti, e non abbiamo motivo di dubitare della sincerità di chi ha espresso il proprio dolore, compreso il presidente Bush. Ma non si capisce bene cosa c’entri il II Emendamento del 1791 con la impressionante diffusione odierna delle armi negli USA, visto che le armi in mano ai privati non hanno oggi nulla a che vedere con la sicurezza dello Stato. Quando l’Emendamento è stato introdotto, la neonata confederazione americana aveva un’infinità di problemi e una debolezza istituzionale e militare gravissima; e i cittadini armati potevano davvero costituire la forza di “una ben ordinata milizia” necessaria alla sicurezza dello Stato. E’ del tutto evidente che oggi il cittadino armato è esclusivamente un pericolo per lo Stato –si pensi ai controlli che vengono effettuati all’ingresso degli edifici pubblici, degli aeroporti, delle banche ecc.–; e lo è nei fatti per gli altri cittadini. Ma la cultura delle armi, il “culto” diremmo, è radicata storicamente e incentivata continuamente al di là del senso e dello spirito del II Emendamento. Si riconduce al carattere generale della Costituzione americana, che pone l’individuo in posizione assolutamente prevalente rispetto allo Stato, considerato come un necessario limite alla piena libertà individuale. E si traduce in un colossale ‘business’ per le industrie delle armi. Non importa ricordare la genesi storica del “popolo” americano degli USA, e il carattere fortemente individualistico dei coraggiosi che si avventurarono nella nuova “Terra promessa” a formare il nuovo “Popolo di Dio”. Certo, a un esame più approfondito, si rendono evidenti delle differenze profonde –ad esempio con le nazioni Europee– nella concezione della società e della democrazia. L’idea stessa di nazione, che ha dato origine a metà dell’‘800 agli Stati odierni in Europa, è ben diversa dall’idea americana di nazione. In Europa il cittadino è “parte” della Comunità, e in certo modo trova la sua piena espressione individuale nell’appartenenza a essa, nel trovare in essa il suo luogo e il suo ruolo. Nella società statunitense ogni individuo è, in certo modo, limite a tutti gli altri e trova negli altri il suo limite; lo Stato deve tutelare i diritti personali, ma non ha funzioni riguardo al ruolo sociale, che deve essere raggiunto con le risorse individuali e, se del caso, in concorrenza o competizione o lotta con gli altri individui. Di qui deriva l’estensione del dettato del II Emendamento al diritto individuale di portare armi per la propria difesa –e non più quindi solo per la sicurezza dello Stato–. Se poi queste armi divengono causa di mortale offesa alla vita di altri, lo Stato interviene a portare l’ordine e a punire il colpevole della lesione di un diritto altrui, magari sopprimendolo immediatamente –è il caso più frequente nei casi di strage– o con condanne processuali alla pena di morte. L’assassino non è considerato una cellula impazzita del corpo sociale, ma un elemento pericoloso per gli altri elementi della società. La diversità rilevata non può implicare un giudizio etico sulla cultura di un popolo grande e potente, privilegiando la nostra concezione della società, della quale peraltro non si hanno grandi motivi di orgoglio. Certo che la strage del ‘college’ in Virginia non sarà l’ultima.
luigi totaro