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A.M.P. 4 -Renzo Moschini: la non praticabilità della salvaguardia marina puntiforme

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 08 aprile 2007

Che dopo il lungo sonno si sia riaperta la discussione anche al Parco dell’Arcipelago sulla protezione a mare è senz’altro un fatto positivo. D’altronde rilanciare il ruolo di un parco così importante senza mettere nel conto una sempre più incisiva ed efficace tutela marina sarebbe una palese e paradossale contraddizione temendo conto anche del fatto che la toscana è una delle tre regioni del santuario dei cetacei. Meno positivo –va detto subito-è che ciò avvenga con tanti –troppi- elementi di confusione destinati a ingarbugliare le carte e non certo a favorire un confronto chiaro che è condizione fondamentale per decisioni e scelte altrettanto chiare e valide. Premesso che un parco dell’arcipelago avrebbe poco senso se non esercitasse la sua peculiare funzione tanto a terra che a mare va subito aggiunto che tanto a terra che e mare questa funzione deve essere integrata e –cosa non meno importante- riguardare perimetri non a pelle di leopardo e frantumati. Chi avesse dei dubbi può andare a leggersi sull’ultimo numero del National Geographic alcuni interessantissimi servizi riguardo a varie esperienze anche straniere che nel dibattito in corso ho visto talvolta citate a sproposito compresa quella della tutela mirata per punti. Con i francobolli al massimo si spediscono lettere. Del resto questo è il limite specie ( ma non solo) a mare anche dei siti comunitari. E se ci fossero dubbi in proposito si veda il dibattito neppure di giornata volto a individuare anche a terra corridoi e quant’altro per raccordare il più possibile e nella maniera più efficace aree interne e esterne ai parchi. Coltivare all’interno quello che si cerca di evitare con l’esterno sarebbe davvero una operazione alla Tafazzi. Se questo ha un senso non ne ha molto partire per le scelte che dovranno essere compiute con il massimo coinvolgimento della comunità dalle varie situazioni locali per poi raccoglierle –quasi si trattasse di ordinazioni al ristorante da passare alla cucina. La comunità del parco e il parco debbono sulla base delle proposte del ministero ( ce ne sono di nuove rispetto a quelle più volte citate risalenti a Matteoli?) avviare una consultazione per giungere il priam possibile a delle decisioni conclusive. E debbono farlo nel contesto della perimetrazione complessiva del parco. L’area a mare non può essere individuata e decisa a prescindere da quel che il parco deve fare a terra e viceversa. Finora –ecco un punto da mettere bene in chiaro ed avere ben presente- ciò generalmente non è avvenuto, mai e non solo ovviamente all’arcipelago. Anche nei casi migliori la confezione è avvenuta separatamente tanto che anche la gestione in molti casi risultava separata ancorchè inefficace. Se il lungo elenco di aree marine protette rimane un fatto più cartaceo che sostanziale diversamente da quanto è avvenuto nella maggior parte dei casi con i parchi terrestri una qualche ragione deve pur esserci. E siccome c’è e non è neppure tanto misteriosa sarebbe sciocco e poco saggio non tenerne conto all’arcipelago. Poi cosa fare a terra e a mare sarà il regolamento, il piano del parco (un piano non tanti piani ad personam) a stabilirlo con il concorso del parco e ovviamente i vari interessi dei quali si dovrà tener conto ma ‘unitariamente’. Al ministero dell’ambiente che oggi a aggiunto il mare nei suoi compiti dobbiamo chiedere di procedere con la massima speditezza santuario incluso.


elba veduta della costa

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