Quante storie si possono nascondere dietro una foto, due volti divertiti da chissà quale immagine, niente di straordinario in fondo, era oltre tutto un 25 dicembre, magari lo scatto di una festa. Sonia e Igor in quel momento stavano lavorando, e ridendo di un loro collega anche lui impegnato nella sua attività e a cui è sicuramente capitato qualcosa di curioso, quante se ne scattano così. Alla fine i luoghi di lavoro sono forse un po’ tutti uguali. O magari alcuni lo sono meno di altri, gli ospedali per esempio, come quello della foto, in cui a volte sorridere diventa inevitabile, diventa lo strumento necessario per esorcizzare il continuo contatto con la sofferenza. Niente di straordinario quindi, se non fosse che siamo a Battambang, nell’ospedale che nel 1998 Emergency ha aperto in Cambogia, allo scopo principale di curare i feriti da mine antiuomo piazzate a milioni nel corso degli anni, in questo paese del Sud Est Asiatico; la cosa più tragica è che risulta che il governo abbia ritenuto opportuno, per combattere i traffici illegali al confine con la Thailandia, continuare in questa operazione, valutando molto più efficace - ma soprattutto meno costoso - stendere campi minati piuttosto che posti di controllo armati. Ecco allora che la storia nascosta dietro una foto diventa all’improvviso un’altra, non importa che in sala operatoria cresca il numero di traumi da caduta di moto (i Cambogiani non si fanno problemi a caricare sulla motoretta l’intera famiglia compresa una madre che sta allattando) o che le autorità locali vietano la denuncia di traumi da mina antiuomo cercando di nasconderne l’impiego nelle zone di confine, anche in quelle coltivate. Niente possono contro il sorriso determinato di Sonia, attualmente capo progetto a Battambang, contro lo sguardo solo apparentemente glaciale di Igor, medico nei cui occhi puoi leggere tutta la tranquillità di chi, dalla Croce Rossa a Emergengy, a Doctors in the World, ha dedicato una vita agli altri, contro la serenità della capo infermiera Angela, e del falso distacco di Carlo, chirurgo anche lui. Niente di straordinario quindi se non fosse che ci troviamo in uno dei tanti mondi alla fine del mondo, purtroppo non creato dal romanticismo della letteratura ma dalla follia dell’uomo, e in cui dai Francesi a Sihanouk, da Lon Nol a Pol Pot e i Khmer Rossi, fino ai vari governi fantoccio che si sono via via succeduti, solo una cosa non è cambiata: gli ultimi sono sempre stati ultimi. «La Cambogia, martoriata da decenni di guerra e guerriglia, resta uno dei Paesi più poveri al mondo (40 per cento della popolazione sotto la soglia di povertà). L’aspettativa di vita è di soli 59 anni e la mortalità infantile addirittura di 71 nati per mille. Nel 2004, la Cambogia è risultato uno dei Paesi più colpiti dall’epidemia di Hiv/Aids. Il traffico di esseri umani e, in particolare, lo sfruttamento di donne e bambini nel mercato della prostituzione, è uno dei problemi più gravi. Qui moltissimi bambini non hanno un futuro e questo è un segno ulteriore del degrado di un Paese che presenta la più alta percentuale di piccoli lavoratori tra 0 e 14 anni. La Cambogia detiene un altro triste primato: è uno dei Paesi più corrotti del pianeta. Un’altra eredità di guerra sono gli 8-10 milioni di mine anti-uomo che ancora causano feriti e vittime nelle zone rurali» (fonte: Peacereporter). Che cosa c’è di speciale, se non che cenare una sera tutti insieme sembri così normale, senza chiedersi chi siamo, senza che il fatto che noi andremo via e loro resteranno abbia la benché minima importanza, come si trattasse di occasionali e piacevoli compagni di viaggio incontrati ovunque, nonostante il nostro percorso non sia il loro, diversa la scelta a monte. Restano poi le foto, non da mostrare con orgoglio piuttosto da riguardare in silenzio, testimonianza indelebile per tutti, quasi a cercare una reciprocità immediata e inconsapevole, ma senza farsi troppe domande, una sorta di piacevole condivisione, necessaria a noi per assorbire un po’ dell’intensità di certe particolari motivazioni, a loro per non sentirsi missionari e un po’ più viaggiatori, forse meno soli in un mondo in cui si fanno incontri al vertice fra capi di stato, per decidere le sorti dell’umanità, ma poi quando si tratta di liberare un giornalista in Afghanistan, la popolazione locale si fida solo di chi (Gino Strada?), ha portato cure e solidarietà incondizionata lì come in Iraq, come in Sierra Leone, in Sudan o in Sri Lanka. Quante storie si possono nascondere dietro una foto, ma mai come dietro le parole, gli sguardi diretti, il sorriso di Sonia, gli occhi apparentemente glaciali di Igor, la passione di Angela e il distacco di Carlo. E’ vero Carlo, come diresti tu: «Cosa vuoi che sia, mi sono caduti i pantaloni mentre operavo, brutta ferita oltre tutto, e lui (Igor) subito a prendere la macchina fotografica, e a farla vedere in giro, e poi oggi ci sono anche quelli in visita… Ok ma ora passami il pollo, e anche le verdure.» Gesti normali dietro cui è inutile nascondersi, è inutile cercare il distacco, perché quello che c’è fuori basta un attimo ed è dentro di te. Niente di straordinario questa sera a Battambang, mina antiuomo o caduta dalla motoretta, loro sono qui, basta un sorriso, una visita, un saluto. Un’opportunità per chiunque, anche solo di passaggio. Una porta aperta e una mano tesa verso l’altra faccia del mondo. E scusate se è poco.
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Kambogia 1