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L’ ineffabile Presidente Bertinotti, e lo zainetto per i giovani.

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 13 marzo 2007

Ho ascoltato con molta attenzione e partecipazione la conversazione che si è svolta ieri sera, nel durante la trasmissione “che tempo che fa“ fra Fabio Fazio ed il Presidente della Camera, Onorevole Bertinotti. Conversazione garbata, colta, di alto spessore umanistico con piccole concessioni alla nobiltà dell’animo umano, del Bertinotti, naturalmente, tutti gli altri esclusi. Sarà per la sua erre moscia, proprio come la mia, la sua compostezza, l’esser un po’ di bosco e di riviera – rivoluzionario ma con le buone maniere – la conversazione è volata via felicemente con piena gioia di ognuno. Ad un certo punto ha parlato di una legge nuova, che vorrebbe proporre Parlamento, ma che riguarderebbe solo i giovani. Per loro, e solo per loro, vorrebbe approntare “uno zainetto“, come quello scolastico, ricolmo di ogni bene. La loro dignità, il rispetto della loro dignità, l’osservanza della loro dignità, il salario minimo garantito a tutti, lavoratori o no che siano, il diritto al lavoro, la fine della precarietà e dell’apprendistato dato che i giovani di oggi nascono tutti “imparati“. Qualche cosa di simile avevo già letto in un famoso libro di Collodi che, tramite un suo personaggio, Lucignolo, raccontava e prometteva al povero Pinocchio le stesse cose (in più c’era anche il gioco del biliardo come unica disciplina scolastica). Ma a parte il valore affabulistico della conversazione fra i due comici, nello zainetto, il presidente Bertinotti, non poteva metterci anche qualche “banale dovere“ oltre ai sacrosanti diritti? bruno paternò - camera del lavoro di tel aviv Caro Bruno Mi hai fatto ritornare in mente un concetto che spesso da ragazzo ho sentito ripetere da due persone che hanno contato assai nella mia formazione: mio padre ed Oriano Niccolai, di cui mi sono sempre sentito professionalmente figlio. Entrambi sostenevano che il primo dovere di un rivoluzionario, di un comunista era quello di essere bravo nel lavoro che compie. La ragione era semplice per loro: solo chi è professionalmente stimato diventa un punto di riferimento per gli altri e può indurli a maturare la loro coscienza politica. D'accordo era una visione un po' missionaria ma che si fondava su un senso del dovere granitico. Penso che in fondo avessero ragione: educare le persone a fare (anche) fatica è pedagogicamente corretto. Facciamo quindi che i doveri (che poi si riassumono in un atteggiamento responsabile verso il lavoro e la società) Bertinotti che è comunista li abbia dati "per default", direbbero gli informatici, già per scontati. Così posso fare in un altra considerazione: con la classe politica a forte deriva babbiona che ci rimpastiamo, non è poi male che un anziano (come Bertinotti) in luogo di camuffarsi clownescamente da giovane come qualche premier di recente memoria, si sforzi di pensare da giovane per i giovani. E' cosa buona e degna Bruno, come il gesto del contadino ottantenne che pianta l'ulivo di cui non coglierà i frutti.


Bertinotti Livorno

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