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“Vivete nella legalità, altrimenti la mafia siamo noi”

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : mercoledì, 13 dicembre 2006

“Vi chiedo di esserci vicini, di prendere coscienza che questi problemi non sono solo nostri, perché le mafie invadono tutte le regioni. Ma soprattutto vi chiedo di vivere nella legalità, perché in fondo la mafia siamo noi, se noi per primi non siamo legali”. E’ con questo appello, rivolto ai suoi coetanei della Toscana, che ha concluso il suo intervento Annamaria Pangallo, rappresentante del movimento degli studenti di Locri. Parole che sono state tra le più toccanti e coinvolgenti dell’intero meeting del Palamandela, con cui la giovane ha saputo raccontare un Sud che sta spendendo idee, energie, coraggio per liberarsi dalla criminalità organizzata. “Dire che tutto è ‘ndrangheta vuol dire che niente lo è, in realtà c’è anche una Calabria pulita, onesta, anche se a volte sembra che l’Italia si sia fermata molto prima dello stretto di Messina. C’è tanta gente che combatte la mafia e magari è morta per aver denunciato un mafioso o per essersi rifiutata di pagare il pizzo”. Così la studentessa di Locri ha avuto modo di raccontare la straordinaria nascita del movimento degli studenti, all’indomani dell’omicidio Fortugno, a partire dalla prima assemblea al liceo classico e dai primi striscioni poi immortalati da tante foto: lo striscione bianco “che era proprio il contrario di una bandiera bianca”, quegli altri con scritte quali “Noi ci siamo ma non ci stiamo” oppure “L’omertà la vostra forza, noi la vostra fine” e poi quello che più di tutti ha colpito i ragazzi del Palamandela: “Vogliamo vivere nella legalità con i vostri figli”. E proprio su quest’ultimo ha indugiato Annamaria: “Un giorno riusciremo a far capire al figlio di un boss che suo padre ha sbagliato e quel figlio riuscirà a riscattare tutta la sua famiglia”. La battaglia del Sud si è manifestata anche nelle parole di Vincenzo Linariello, presidente di un consorzio di cooperative che intendono dare una risposta concreta alla fame di lavoro su cui prospera la criminalità organizzata: “Nelle nostre terre tre giovani su quattro sono disoccupati, per questo abbiamo avvertito l’esigenza di lavorare per un’antimafia fondata sui bisogni, non solo su una battaglia politica e culturale comunque importante. E siamo partiti dai giovani che non contavano nulla, perché nel nostro territorio se non appartieni a qualcosa non conti niente e la ‘ndrangheta recluta soprattutto questi ragazzi. Ed è la stessa ragione per cui tanti giovani calabresi emigrano e si ricostruiscono la vita in posti dove non conta la loro appartenenza ma solo il loro merito”.


Carovana antimafia 2006 4

Carovana antimafia 2006 4