La nota che il Divino Marino Marchese fa giungere al colto ed all'inclita, ed ai naviganti, suggerisce perplessità, anziché rimuoverla. Ebbi sempre a difendere il valore che la Moby rappresentava per l'Elba, per il semplice fatto che, nonostante navicelle a volte sgangherate ed equipaggi sicuramente simpatici e folcloristici, garantiva in pratica quel diritto alla contiguità che nessun politico, nessun governo, nessuna amministrazione, nessuna Toremar, nessun elbano, in effetti, ci aveva mai dato. La "sgomberamoli" ha sicuramente favorito la crescita dell'isola verde & blu togliendo ai traghettanti quel senso di impedimento alla mobilità che è il primo fattore negativo del turismo insulare quando i collegamenti siano pochi e mal gestiti. Oggi, alla luce della strategia che lo stesso Onorato definisce "aggressiva", e scusate se è poco per chi deve pagare il biglietto, la sua compagnia assume la duplice veste di compagnia amica e di compagnia nemica; amica nel momento in cui permette con la sua elasticità di gestione i collegamenti, nemica quando con i suoi folli prezzi amareggia il turista ospite o l'elbano che necessita di un attraversamento irrinunciabile. Saluto quindi con estrema gioia l'arrivo dei nuovi soci con la serena ed attuabile speranza che essi possano divenire, nel giro di qualche breve tempo, i veri proprietari della Moby, se già non lo sono, come molti parametri economici potrebbero far pensare. Proprietari e dirigenti con i quali istituire un rapporto più serio, più organico alla vita dell'Elba, più trasparente nei confronti dei clienti, visto che le tariffazioni estive della Moby fanno pensare più ad un suk orientale che non ad una compagnia di trasporti. E nel turismo, che dovrebbe essere mondo di civiltà e di cultura, in ogni suo aspetto, la strategia "aggressiva" della Moby non aiuta certo il turismo stesso. Ben vengano quindi i nuovi Soci/Padroni con la speranza che i moli tornino ad essere più belli ed animati che pria. (Nerone/Petrolini) bruno paternò, molo della Verità Caro Bruno a dispetto della pratica quotidiana di nonno multimediale (ho entrambe le caratteristiche) forse comincio a diventare un po' meno aperto ai cambiamenti di quando non lo fossi in più tenerà età. D'altronde era stato mi pare il Cavour a dire che se uno a 18 non era un rivoluzionario, a 30 era un poliziotto, evitandoci forse qualche dolore, tacendo cosa poteva diventare ai 60 quello che a 18 rivoluzionario lo era. Certo è che il colto e mai abbastanza rimpianto Uberto, se fosse ancora in vita, non mi appellerebbe più, come usava fare tantissimi anni fa: "il matto delle giuncaie", (un personaggio di Renato Fucini). Sarà quindi per quel po' di conservatorismo che si mescola con un po' di saggezza in me che(citando De André) do buoni consigli non potendo più dare (purtroppo) cattivo esempio. Sarà questa involuzione che mi fa giudicare la cosiddetta seconda Repubblica meno seria e rispettabile della prima, dopo essermi asciugato la fronte (non concorderai ma beccatela) per il pericolo scampato di approdare a quel casinoso intruglio che sarebbe stata la terza, se per disgrazia gli italiani col referendum non l'avessero respinta al mittente Cavaliere e palafrenieri vari. Cosa c'entra tutto ciò con la scalata alla Moby? C'entra; ma non è che voglia qui vagheggiare i tempi in cui gli Onorato erano i padroni e su 800 dipendenti della Navarma non c'era uno con la tessera del sindacato in tasca, no, Bruno, c'entra perchè il ragionare meno ruzzolante di questa frazione di vita spesso mi conduce ad un proverbio mi pare partenopeo: "il peggio non è mai morto", come dire che nei cambi non c'è limiti al potenziale peggioramento. Ammetterai che almeno nei confronti dell'attuale timonante si può declamare l'immortale verso di Shakespeare ".. I knew my chickens!" (in ferajese ".. conosco i mi' polli"). (nella foto di 4 anni fa i due autori dell'odierno A Sciambere in casuale posa sotto un cartello)
Sergio Rossi Bruno Paternò Moby Lines cartello