Evidentemente ci siamo sbagliati: mafiosi e camorristi (fuori dalle mura del carcere) all'Isola d'Elba non ci sono mai stati, non hanno acquistato proprietà, non hanno fatto affari, non hanno controllato fette della nostra economia, non hanno legami. No, niente di niente! Le proprietà immobiliari sequestrate questo inverno dalle Fiamme Gialle ad un signore residente sulla costa livornese, dichiarato dai finanzieri imprudentemente un boss della 'ndrangheta, era evidentemente una bufala; la spericolata operazione Marata della DIA ha coinvolto solo degli agnelli sacrificali nostrali e d'importazione; perfino il signore prelevato dai Carabinieri a casa di un congiunto a Marina di Campo stanotte non è, al contrario di quello che pensano i magistrati napoletani un personaggio di spicco del "sistema". E poi gli attivisti di Libera, con la carovana antimafie ha fatto tappa all'Elba per ammirare i suoi scorci panoramici, quelli della Fondazione Caponnetto non hanno capito un par di ciufoli, la presenza di un numero un po' (parecchio) anomalo di pregiudicati nelle imprese edili che lavorano all'isola testimonia solo la nostra propensione a favorire il loro reinserimento sociale. A sentire la maggioranza pontificante, rassicurante e minimizzante che si è espressa nel consiglio provinciale (in fruttuosa trasferta) sulla illegalità (mafie era un termine decisamente allarmistico) siamo stati insieme a molti altri probabilmente vittime di collettive allucinazioni. La realtà è che l'isola forse, può darsi, in linea ipotetica (ma non è garantito), possa anche interessare alle mafie, ma più o meno corre lo stesso rischio di penetrazione del Cantone dei Grigioni in Svizzera. Come siamo sollevati!
Cappello carabinieri