“Rosa fresca aulentissima c’apari in ver la state – le donne ti disiano pulzelle e maritate” L’Assessore ed il Consigliere e perfino il Consulente avranno immediatamente riconosciuto i versi immortali di Ciullo (o Cielo) d’Alcamo, raffinato intellettuale della corte di Federico II°, con i quali abbiamo aperto il pezzo, e sui quali torneremo. Per ora torniamo a bomba e al titolo. “Buffone!” Così si è gridato spudoratamente all’indirizzo del nostro beneamato presidente del consiglio, che stava per recarsi a deporre in tribunale. Un atto di una eccezionale gravità che non solo non è stato punito con l’immediato arresto dell’autore del vilipendio vile, come imperava coll’accusatorio ditino ritto il nostro nuovo duce (nel senso di conduttore, ispettore riponga la penna) dei pubblici destini, ma ha comportato per il sacrilego una semplice denuncia, senza la minima detenzione, fustigazione e crocifissione come meritava. Un passo indietro: Ciullo d’Alcamo: il suo ruolo ufficiale nella corte palermitana era quello di “Giulliare”, così si definivano all’epoca degli artisti, in origine girovaghi poi più stanziali, che allietavano le corti con musiche, poesie, storie. I Giullari furono un formidabile veicolo di cultura, del sapere propagato in maniera libera e giocosa, un vero fenomeno mediatico, diremmo oggi, certi di essere capiti perfino dal Rofiano-Capo. In questo senso ci piace interpretare la definizione che di sé dette Francesco d’Assisi: “Giullare di Dio” Ma tornando allo scempio milanese ricordiamo pure che ancora restano (ed è intollerabile) impuniti quei gazzettieri cospiratori “rematori contro” dei giornalisti televisivi, che, trasmettendo il crudo episodio, hanno inverecondamente esposto al pubblico ludibrio il nostro stimatissimo Capo del Governo! Ma di nuovo volgendo l’attenzione ai Giullari, anche solo studiando l’opera di un attorucolo come Dario Fò (che ha scippato un Premio Nobel che spettava a Pippo Franco, vero gigante intellettuale della destra) va ricordato che oltre ad intelligenza e spirito dovevano esser dotati di coraggio. Non sempre i loro sberleffi erano graditi dai potenti e spesso facevano una fine misera. Orbene, perché questo ragionamento sui giullari? Semplice, perché “giullare” è il primo sinonimo che il nostro vocabolario (il libro grosso, Assessore) riporta accanto alla voce “buffone”. E’ intollerabile quindi che qualcuno abbia assimilato un buffone, un giullare (e quindi un coraggioso intellettuale) come Ciullo d’Alcamo o un Francesco d’Assisi o un Dario Fò, al noto straziator di congiuntivi, al berlusca del Romolo e Remolo, dei comunicati ufficiali sulle sue cacate spagnole! Quel tanghero milanese andrebbe querelato sì, ma per difendere l’onorabilità dei Buffoni o Giullari di ogni tempo! E poi è notorio che i Giullari sapevano muovere gli animi a lor piacimento, fare incazzare ma pure provocare ilarità, ed il Cavaliere quanto a generare incazzature non lo batte nessuno, ma a fare ridere volontariamente... "lassem perdar" direbbero in Emilia? Avete mai sentito una delle sue barzellette, quelle modello “spirito di patata” narrate col sorriso beato-beota? Ed un’altra cosa ancora, nei nostri anni più verdi, anche noi abbiamo calcato il palcoscenico per tentare di strappare una risata più o meno sguaiata. Se qualcuno ci chiamasse: “Buffone!” dovremmo constatare che dice il vero. Ma se si azzardasse a chiamarci “Berluscone!” si beccherebbe di sicuro una querela, e forse uno sputo in un occhio, alla maniera di quel geniale “buffone” che era Totò.