Con una sua deliberazione il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano ha detto no alla realizzazione di costruzioni sulla costa di Capo d’Arco, nel comune di Rio Marina, all’isola d’Elba. Una storia che viene da molto lontano e che ha visto il comune di Rio Marina trasformare un piano particolareggiato di interesse privato in un ancora più ampio e conveniente per il privato “piano particolareggiato di interesse pubblico”, innalzando da 4 a 7 i comparti previsti, uno dei quali, il “G”, proprio sulla costa del parco nazionale dove erano già stati riscontrati numerosi abusi. In tutto si sarebbero potute realizzare circa 80 nuove abitazioni in un’area dove gli stessi richiedenti hanno già realizzato recentemente altri abusi, come nel caso del “Cantinone”. Legambiente ha contrastato fortemente la scelta di rendere pubblico un piano privato che era sottoposto ad un ricorso al Tar lo abbiamo fatto con continui esposti ed osservazioni ed anche con un blitz di Goletta verde che suscitò le ire del sindaco Francesco Bosi, allora sottosegretario del governo Berlusconi. Il piano del Comune di Rio Marina di pubblico non ha praticamente nulla, se non la riscossione degli oneri di urbanizzazione, e addirittura amplia i comparti e favorisce ancora di più chi ha trasformato Capo d’Arco in un villaggio chiuso ed esclusivo. Inoltre la valutazione ambientale presentata è ancora quella vecchia del piano privato e quindi senza i nuovi comparti, compresi quelli dentro il parco nazionale. E’ incredibile che con un piano pubblico si sia tentato così di sanare numerosi abusi, accertati dalla Capitaneria di porto, sul demanio: un bar ed altre costruzioni, piscine, piazzole prendisole, camminamenti. Ci è voluto del tempo ma il Parco ha dato ragione a Legambiente. Ora invitiamo il comune a tornare indietro e a non cercare escamotage per approvare il resto del piano, perché la decisione del parco inficia tutto l’iter che era già incredibilmente pasticciato. Legambiente Circolo dell'Arcipelago Toscano "Il piano particolareggiato d’iniziativa pubblica non altera, come si vorrebbe far credere, i contenuti del Piano regolatore generale, ma si rende necessario quando su un medesimo comparto insistono proprietari in conflitto fra loro. Questo è appunto il caso di Capo d’Arco. E’ falso che il piano d’iniziativa pubblica si ispiri all’esigenza di incassare gli oneri d’urbanizzazione, che ovviamente spettano comunque, anche per i piani d’iniziativa privata; è falso che si introducono nuovi comparti, che sono semplicemente quelli previsti dal Prg; è falso che questo piano favorisca “chi ha fatto di Capo d’arco un villaggio esclusivo”, ma anzi aumentandone le presenze semmai ne diluisce l’esclusività; è falso che il piano tenti di sanare gli abusi, peraltro risalenti a più di 20 anni or sono, e contro i quali nessuno si è mai levato. Anzi per gli abusi insanabili insistenti sul demanio marittimo questa amministrazione ha emesso ordinanze di demolizione, che sono state impugnate davanti al Tar con richiesta di sospensiva, accolta. Il parere negativo dell’ente-Parco riguarda solo una piccola parte della previsione urbanistica, e su di essa assumeremo le conseguenti determinazioni. Quella di Legambiente è una dichiarazione all’insegna della voluta disinformazione, con la quale si cerca di confondere le acque e giustificare l’assurda pretesa di contrastare una previsione di piano regolatore che non appartiene peraltro a questa gestione amministrativa, e che comunque accende diritti di terzi e obbliga l’agire dell’amministrazione. Comune di Rio Marina La risposta del comune di Rio Marina la dice lunga sulla confusione, voluta e naturale, che il l’Amministrazione Comunale sta facendo dopo che il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano ha bocciato la pretesa di costruire 16 villette fatte passare per cabine nel comparto “G” che lo stesso Comune ha voluto aggiungere ad un Piano di Iniziativa Pubblica che incrementava le previsioni di un Piano di Iniziativa Privata fatto proprio ed ampliato e che prevede 15.000 metri cubi di nuovo cemento. Il Comune infatti non ha mai spiegato quale sia l’interesse pubblico di costruire in un’area chiusa all’accesso e completamente privatizzata ed è risibile dire che si deve necessariamente intervenire con un piano pubblico se ci sono “proprietari in conflitto fra loro”, soprattutto se una parte di quei proprietari avevano fatto contro l’operazione Capo d’Arco un ricorso al Tar che tutti sapevano sarebbe stato vincente, è qui che interviene il comune, annullando di fatto il ricorso e non attendendo il giudizio della Magistratura amministrativa e facendo proprio ed ampliando il Piano Privato, compresa una Valutazione di effetti ambientali (VEA) risalente al 2000 e per soli 3 comparti che non viene cambiata nemmeno in una virgola, un “errore” gravissimo che incredibilmente sfugge anche alla Provincia di Livorno. E’ anche incredibile che uno dei nuovi comparti previsti dal Comune, proprio quello “G” nel parco Nazionale, tenda a dare servizi ad un’area con abusi presenti e dei quali, al contrario di quanto dice il Comune, si erano ben accorti ambientalisti e forze dell’ordine, mentre l’Amministrazione Bosi (e quelle precedenti) prima li ha ignorati mentre presentava il Piano e poi è stato costretto a prenderne atto dopo che Legambiente li aveva segnalati al Parco Nazionale chiedendo precisi interventi per impedire una sanatoria di fatto. Chi disinforma e pasticcia da anni non è Legambiente ma l’amministrazione Bosi che sulla vicenda di Capo d’Arco si è ripetutamente e incomprensibilmente ingarbugliata, nonostante gli abusi vecchi e nuovi che forse avrebbero consigliato un approccio più prudente davanti alle richieste di una parte dei proprietari dell’area. Resta il fatto che, dopo il diniego del Parco Nazionale e le evidenti falle nella procedura di approvazione di un Piano di iniziativa privata trasformato in pubblico, il Piano è da rifare e se il Comune non lo rifarà andrà verso nuove pesanti sconfessioni. Legambiente Circolo dell'Arcipelago Toscano
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