Un'indagine ad alto profilo tecnologico quella che ha fermato una corsa economica che pareva inarrestabile come quella dei Marandino, migliaia di intercettazioni telefoniche ed ambientali con "cimici" piazzate abilmente tra le mura domestiche del capofamiglia, ma anche sulla Fiat Doblò di Pasquale Siciliani che spesso accompagnava Giovanni Marandino nei suoi spostamenti. Ed il racconto delle indagini che si annuncia diluito in più puntate è l'oggetto di un servizio di Luana Rovini che uscirà sul Tirreno di Sabato, con particolari che si stenta a credere: come gli 8 cellulari di cui Marandino si serviva per trattare i suoi affari, neanche uno intestato a lui, ma tutti forniti da compiacenti prestanome (anzi prestautenza) tra le quali due di un carabiniere, Amedeo Di Tillo sospeso dal servizio perchè implicato in altro caso giudiziario, 8 numeri che non sono neppure tutti quelli usati però poichè il capo della presunta organizzazione mafiosa è stato in totale intercettato su 17 diverse utenze. Erano evidentemente tanti a fare favori a Don Giovanni, molti più di quanti troviamo iscritti nell'elenco degli arrestati e nel numero degli indagati, la fabbrica Marandino dava molto lavoro ed opportunità di guadagno, forse è per questo che c'è un palpabile, diffuso nervosismo a Portoferraio qualcuno a torto o a ragione ha paura di essere coinvolto, o anche di un più innocuo sputtanamento d'immagine. E ad affermare la permeabilità della nostra isola alle attività mafiose, certo cercando di tenere un basso profilo senza azioni troppo eclatanti ma cercando di sfruttarne le potenzialità economiche, sono ora gli inquirenti che mettono in correlazione il fenomeno alla presenza del carcere ed al permanere sull'Elba di molti familiari di reclusi ed ex-reclusi.
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