Negli anni passati, con il progetto Itaca prima e poi con il Dupim (Documento Unico Programmatico sulle Isole Minori), si è tentato di definire una serie di iniziative di sviluppo sostenibile nelle isole minori italiane dove sono presenti aree marine protette o parchi nazionali con perimetrazioni a mare. Non sempre i risultati infrastrutturali e di servizi raggiunti sono stati all’altezza degli obiettivi di Itaca e spesso non sono serviti a migliorare la vita delle popolazioni isolane, prerequisito essenziale per dare risposte di miglioramento ed efficienza anche all’economia turistica che spesso rappresenta la monoeconomia delle isole minori. Occorre riprendere le suggestioni del progetto Itaca ed adattarle alle nuove situazioni e sfide che si presentano in tutti gli arcipelaghi e le isole minori con insediamenti antropici e abitativi significativi, dove cioè la presenza umana è stanziale e rappresenta una realtà sociale ed economica anche nei periodi invernali, quando più forte emergono le problematiche strutturali di tali territori. Ma a distanza di 8 anni da Itaca comprendiamo anche meglio la necessità di salvaguardia, tutela, valorizzazione delle isole disabitate come territori nei quali sperimentare e praticare la difesa integrale della natura e di specie animali e vegetali spesso uniche e come queste possano essere momento di arricchimento, anche dell’offerta turistica, per le isole maggiori e per la costa continentale. In questi anni si è estesa e consolidata, non sempre con forme di gestione all’altezza della sfida della conservazione, la presenza nelle isole di aree marine protette, parchi nazionali con perimetrazioni a mare, Zone di Protezione speciale, Siti di Importanza Comunitaria e Aree protette terrestri di diverso tipo che rappresentano la più alta certificazione ambientale del mare e del territorio e la volontà delle comunità locali di puntare ad uno sviluppo socio-economico improntato alla valorizzazione delle risorse ambientali, storiche e della tradizione. Occorre quindi realizzare davvero quella rete delle aree protette marine e dei parchi nazionali che interessano le isole minori italiane e, inserendole nel più vasto progetto dei parchi del Mediterraneo, improntando a criteri di sostenibilità ambientale e di innovazione tecnologica ed energetica gli interventi infrastrutturali previsti in tali territori. In territori finiti e con risorse limitate come le isole non è più rinviabile lo sviluppo di politiche ispirate alla sostenibilità, al corretto uso dell’energia, della risorsa idrica, del territorio e del paesaggio e che affrontino il problema della gestione dei rifiuti, del mare e delle attività che in esso si svolgono, ad iniziare da quelle più inquinanti. Con gli accordi presi da Legambiente e ANCIM a suo tempo, il progetto Itaca poteva costituire l’elemento di eccellenza del DUPIM. Aldilà delle sigle e degli acronimi, occorre ora riprendere e rilanciare quegli impegni improntati a principi di sostenibilità ambientale e supportarli, nelle isole e nelle aree marine protette, con politiche innovative, sostenute da una progettazione avanzata, ambientalmente compatibile, trasformando le Isole Minori in laboratori avanzati per la sperimentazione di interventi sostenibili, successivamente esportabili e riproducibili in tutte le isole minori dell’area mediterranea. Le Isole Minori sono passate da territori poveri ed economicamente marginali a luoghi di economie turistiche spesso a grande valore economico, con una vera e propria rapidissima mutazione antropologica che spesso significa perdita di identità e tradizioni, impoverimento culturale, dispersione ed abbandono scolastico, emigrazione di laureati in continente, erosione e difficoltà di formazione della classe dirigente politico/amministrativa/economica. Da qui muove l’esigenza di uno strumento che coordini i vari progetti per ottimizzare le risorse economiche e progettuali in ambiti notoriamente marginali nelle politiche socio-economiche del paese, quali continuano a essere le isole minori, e ottenere così la massima sinergia e compatibilità degli interventi in campo sia ambientale che strutturale. Occorrono quindi una nuova “Itaca” ed un nuovo Dupim visti come "sistema infrastrutturale ambientale”, un progetto unitario di sistema e di rete in grado di valorizzare i singoli nodi al suo interno e di innovare fortemente ed integrare i sistemi infrastrutturali (trasporti marittimi e terrestri, energie rinnovabili, raccolta, recupero, riciclo e riuso dei rifiuti, ciclo delle acque, nuove tecnologie delle comunicazioni, ecc.). Le isole minori potrebbero quindi diventare, grazie ad un ambiente e ad una biodiversità ancora in buono stato di conservazione e un’antropizzazione in molti casi ancora sostenibile, la frontiera avanzata del nuovo sviluppo delle politiche territoriali ed ambientali dell’area mediterranea. Occorre quindi spostare l’attenzione dallo sviluppo quantitativo, che ormasi pare aver raggiunto il massimo della capacità di carico in tutte le isole, a quello qualitativo, con interventi infrastrutturali urgenti in ambiti strategici e l’introduzione dei criteri e dei principi dello sviluppo ecosostenibile. In questo può aiutare l’inserimento di isole ed arcipelaghi nella Rete ecologica nazionale nelle misure di Natura 2000 e delle Important Bird Area (IBA), anche nell’ambito della gestione dei nuovi fondi strutturali europei destinati alla tutela della biodiversità, della ristrutturazione del comparto della pesca, delle attività economiche tradizionali, dei prodotti tipici, dei trasporti “sostenibili” marittimi e terrestri, delle risorse energetiche rinnovabili come solare ed eolico che potrebbero trovare nelle isole momenti e progetti di grande valore ambientale e di immagine. Per far questo occorre in primo luogo un coinvolgimento ed un ruolo di primo piano del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, una stretta collaborazione con gli Enti Locali e gli attori sociali ed economici delle isole, con gli enti parco e di gestione delle aree marine protette, il sostegno tecnico ed il contributo dei Dipartimenti, delle agenzie e delle Direzioni impegnate nelle politiche dello sviluppo sostenibile, il coinvolgimento fattivo nella individuazione degli obiettivi operativi e nella preparazione dei progetti suscettibili di finanziamenti di organismi di raccordo nazionale delle realtà delle isole minori come ANCIM, Federparchi e associazioni ambientaliste. Quel che proponiamo è un progetto di ampio respiro, che individua processi di innovazione ed efficienza e criteri di sostenibilità ed importanza per gli interventi strutturali delle isole minori. I SERVIZI TERRITORIALI Nell’attuale fase di necessaria transizione verso modelli di sviluppo ed uso delle risorse più sostenibili e compatibili, le isole minori possono rappresentare in Italia il momento più avanzato verso la realizzazione di un’economia di qualità, dove turismo, cultura, ambiente, agricoltura e produzioni tipiche e biologiche possono dare, insieme, risposte concrete all’innalzamento del tenore di vita dei cittadini, dei servizi, della creazione di nuovi lavori. Per frenare l’emigrazione intellettuale, lo spopolamento di parte dei territori insulari, il loro degrado, la loro banalizzazione turistica, la perdita di tradizioni irripetibili e uniche, occorre realizzare e portare a compimento servizi e infrastrutture essenziali ed adeguarle ai migliori standard europei, nel più rigoroso rispetto dell’ambiente naturale. Solo così si potrà davvero parlare nelle isole minori di sviluppo di un turismo sostenibile, consapevole e destagionalizzato. Le isole minori hanno bisogno sicuramente del miglioramento di servizi (sanità, rifiuti, acqua, scuola, collegamenti marittimi, ecc.) e infrastrutture per potere elevare la sicurezza e la qualità della vita delle popolazioni residenti, ma anche per potere competere a livello internazionale con gli altri segmenti del mercato del turismo ambientale, attraverso la valorizzazione di quei beni di cui tali territori sono ricchi: natura, storia, cultura, artigianato, paesaggio, arte, lavori e produzioni tradizionali e di qualità. Per questo le legislazioni nazionali e nazionali devono prendere in considerazione come eccezionalità ed occasione la peculiarità territoriale ed ambientale delle isole minori ed assicurare ai cittadini che le abitano per tutto l’anno livelli di cittadinanza e servizi pari a quelli delle comunità continentali. Il rischio è che, in un periodo di profonda trasformazione dello Stato sociale, scuola, sanità e giustizia siano ridimensionate proprio nelle isole minori, ritenute marginali per popolazione ed importanza economica, dove spesso sono presenti con strutture, servizi ed orari ai limiti della sopravvivenza e della convivenza civile. Di grande importanza è anche il tema della portualità e dei trasporti, inteso come sicurezza degli approdi e dei collegamenti con il continente e le altre isole anche nel periodo autunno/inverno. Questa è la vera e propria precondizione per la raggiungibilità delle isole e delle aree protette marine in qualsiasi periodo dell’anno, per la garanzia della sicurezza nei collegamenti con la terraferma delle popolazioni residenti e dei turisti. La prossima privatizzazione della flotta Tirrenia potrebbe acuire ulteriormente una situazione già squilibrata, che vede fin troppi collegamenti e compagnie operanti nel periodo estivo e una rarefazione dei collegamenti in bassa stagione che mette spesso a rischio i normali diritti di spostamento dei cittadini delle isole minori. Spesso questa necessità di base viene utilizzata come pretesto per proporre nuove colate di cemento sulle isole minori italiane. Se la scelta della destagionalizzazione deve essere una scelta da perseguire con efficacia, non si può pensare di puntare su opere, quali nuovi porti turistici, che irrigidiscono ancora di più il sistema contribuendo a stagionalizzare ulteriormente i flussi turistici. Vanno invece adeguate, ristrutturate, rese più accessibili e dotate di moderni servizi, le strutture portuali esistenti, anche con la realizzazione di campi boe a basso impatto e dedicate in alcune delle zone meno sensibili delle aree marine protette e dotando di ormeggi dedicati le zone più frequentate dai diving centers. La realizzazione e la riconversione ad approdi “verdi” di parte della portualità esistente, l’utilizzo di nuove tecniche di prenotazione e controllo telematico, la fornitura di servizi ambientali di qualità dedicati al diporto (come lo svuotamento obbligatorio delle sentine e l’attrezzamento delle aree portuali con servizi di raccolta differenziata e di recupero dei rifiuti pericolosi e speciali, ecc.), innalzando la qualità dell’offerta e favorendo il transito rispetto alla sosta, incrementerebbero il valore economico degli approdi già esistenti e dei campi boe e garantirebbe meglio la possibilità dei residenti a fruire delle aree portuali per il ricovero delle proprie imbarcazioni, un diritto che spesso viene messo in discussione da progetti di privatizzazione turistica di interi porti. Le Isole Minori potrebbero essere l’ambiente ideale nel quale avviare celermente una mobilità a basso impatto ambientale, strettamente intrecciata con il risparmio energetico, attraverso l’utilizzo di fonti energetiche alternative e a basso impatto ambientale e con l'utilizzazione di mezzi di trasporto a basso tasso inquinante. Nelle isole minori va sperimentato, sia nel trasporto pubblico che in quello privato, un sistema che utilizzi autobus e automobili a trazione ecologica (elettrica ibrida, gas, biodiesel, idrogeno,ecc.), e politiche di trasporti pubblici verso le isole e nelle isole che scoraggino l’afflusso di automobili private alimentate in maniera tradizionale. Approvvigionamento idrico, smaltimento delle acque reflue, gestione dei rifiuti possono trasformarsi da problemi in opportunità attivando scelte innovative a basso consumo energetico e ad alto contenuto tecnologico. Da un lato, dove necessario, i più moderni dissalatori, di cui molte isole sono dotate, la lotta agli sprechi e l’adozione di misure per il risparmio idrico, anche con il rifacimento di condotte idriche spesso vetuste, dall’altro la gestione e il riciclaggio in loco della maggior parte dei rifiuti prodotti, ed ancora il recupero delle acque reflue da destinare a scopo irriguo, oltre a rappresentare opportunità di occupazione e di lavoro possono essere il contributo che le isole minori mettono a disposizione per un’idea di servizi che sia all’altezza delle nuove sfide della tecnologia. In tale ambito il ricorso a tecniche di depurazione delle acque a basso impatto (fitodepurazione) e alle energie alternative per l’approvvigionamento energetico (gli impianti solari termici, solari fotovoltaici e eolici nelle isole presentano notoriamente rendimenti energetici più elevati della media) può costituire un’opzione ancora realizzabile in molti contesti. Ma per far questo occorre dotare le isole di impiantistica dedicata, investire nella raccolta differenziata, che proprio nelle isole minori vede tra le minori percentuali di raccolta e recupero in Italia, nell’informazione della popolazione residente e soprattutto di quella turistica rende spesso ingestibili servizi di base che si trovano a confrontarsi con punte di conferimenti e consumi di 10 volte superiori al periodo invernale. Occorre cioè affrontare un nodo non più eludibile: come si sostengono le politiche dei servizi ed ambientali in territori con popolazione (e risorse economiche) limitati che si trovano a dover rispondere a richieste di servizi elevatissime e per un lasso di tempo ristretto. Una eccezionalità che non riguarda solo le piccole isole, ma che qui è vissuto in maniera drammatica. Bisogna definire con quali investimenti si ovvia a situazioni di continua emergenza, che costano alla comunità nazionale molto più dei necessari interventi strutturali ed impiantistici definitivi. Inoltre le nuove tecnologie permettono di migliorare la qualità di cittadinanza degli abitanti delle isole minori attraverso il potenziamento della rete pubblica informatica, l’estensione dei collegamenti veloci e a banda larga, per favorire l’accesso delle isole ai più moderni servizi informativi, amministrativi, formativi, turistici, di assistenza sanitaria su scala più vasta al fine di ridurre nel concreto l’isolamento e per sviluppare le opportunità offerte dal telelavoro. La monocultura turistica predominante in quasi tutte le isole minori rischia di far passare in secondo piano lo stretto legame tra la tutela del paesaggio, della conservazione della natura e della biodiversità che in questi territori vuole anche dire la necessità di un recupero di attività tradizionali e di un progetto di sviluppo rurale. Qualità ambientale, qualità e tipicità dell’agricoltura e pesca artigianale sono strettamente legate. La conservazione dell’attività agricola e la definizione di obiettivi di sviluppo rurale nelle isole minori, in accordo con le politiche di settore adottate dall’Unione Europea, insieme ad apposite misure di sostegno o diversificazione delle attività di pesca artigianale (compresi pesca-turismo, ittiturismo, trasporto collettivo, ripopolamento ittico, maricoltura) che consentano la riconversione dalle attività di pesca a maggior impatto ambientale, devono diventare un progetto strategico per la produzione di beni di qualità e per la loro trasformazione, attivando un sistema di consorzi per la produzione, trasformazione e commercializzazione di una serie di prodotti fortemente connotati in rapporto alle aree geografiche di provenienza e alle tecniche di lavorazione, per la creazione di marchi di qualità e di tipicità ("valore aggiunto immateriale"), in grado di assicurare un futuro al patrimonio di tipicità ancora presente. In questo itinerario verso la qualità e la sostenibilità possono giocare un forte ruolo di indirizzo, proposta e sostegno anche i parchi, nazionali e regionali e le aree marine protette. Ma anche in questo caso è necessario passare dai vincoli alle azioni, dalle proposte ai progetti da realizzare aul territorio. Dalle isole, sempre più meta turistica di massa e sempre più trascurate nel lungo inverno, stanno arrivando messaggi chiari e pressoché univoci riguardo la sostenibilità dello sviluppo. Il volano economico costituito dalle aree protette, del resto, può rappresentare un'opzione insostituibile per fronteggiare i problemi cronici delle zone marginali (insulari, rurali e montane), quali la disoccupazione, lo spopolamento e la tendenza all'invecchiamento della popolazione residente. Questa consapevolezza vuole diventare messaggio politico e culturale nazionale, specialmente perché investe le pubbliche amministrazioni e gli Enti locali insieme alle popolazioni residenti. Tutto ciò impone una maggiore attenzione a tutte le tematiche legate al mare e alle attività che in esso si svolgono, all'inquinamento, all'uso e alla gestione del territorio-mare, che tante influenze hanno, ovviamente, sulla vita e sullo sviluppo delle comunità isolane.
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