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Storie di isole sovrapposte

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : sabato, 03 maggio 2003

Anno 2001, primi di ottobre. Condizioni meteo perfette per un sospirato viaggio, densità di turisti come i fili di pane dai fornai alle cinque del pomeriggio. Destinazione Sicilia, in auto. Il mare di Calabria dall’alto delle curve appenniniche ci folgorò, la costa era un’ininterrotta sequenza di mare delle Ghiaie con lo scirocco più propizio. Diamante ci offrì una delle sere più dolci dell’emisfero nord, con il mare filtrato da ficus enormi che giungevano fino alla finestra del primo piano della nostra camera. Ci colpì, la mattina dopo, la presenza lungo la costa calabrese di carcasse di cemento a più piani addormentate su se stesse, cave e incompiute, abbandonate da qualcuno forse scoraggiato dalle loro deformità. Scilla e Cariddi, nientepopodimeno, i gorghi delle correnti nello stretto, la Sicilia finalmente. Taormina ci immobilizzò davanti al teatro Greco con vista sull’Etna sfumacchiante, pensai che l’Elba fosse un maldestro tentativo d’isola, soltanto un primitivo sputazzo di terra. Non si può dire di sapere che cosa è un mosaico se non si è stati a Piazza Armerina, quella notte dormimmo in un Hotel quattro stelle che spariva sotto un enorme viadotto. La “Palmosa Selinus”, Selinunte, ci apparve leggendaria e bruciata da un sole consapevole di tutti quei secoli, ma la spiaggia era un ammasso di giganti morti di cemento, di rifiuti e lamiere, le vie sporche e squallide. Palermo fu il culmine, una città stupenda, ricamata di pietre e ori, segnata di palme e golfi imponenti, miserabile e devastata per tutto il resto. Letteralmente cadente a pezzi, pezzi pesanti di millenni di storia fame e mafia. Increduli siamo fuggiti con l’amaro in bocca, dovuto anche alle nostre responsabilità, al nostro essere italiani che non ci sottrae dal sentirci parte di quelle miserie lontane. Tornati all’Elba, vedemmo il nostro sputazzo tenuto di maggior conto, un giardino tutto sommato curato, seppure non ci siano le eccellenze di un orto botanico. Ma a volte la Sicilia ritorna anche sulle nostre spiagge. Ho già visto Selinus sovrapporsi alla sabbia del Lido di Capoliveri che, con il corso d’acqua che proviene dalla falda di Literno, avvelena i merli che ci sostano, e i prefabbricati trasandati che, punteggiando di lamiere la spiaggia, si offrono a ventaglio e si approfittano della voglia dei metropolitani di dormire sul mare, a qualsiasi costo. C’è un po’ di Sicilia a Barbarossa sporca d’agosto forse per le sfortunate correnti marine, con i depositi di idrocarburi alle spalle, e case e casupole in disordine sparso. C’è la Sicilia delle miserabili carcasse anche Bagnaia, dove un esercito di residence ha intasato le pendici del Volterraio. E via così, tanti angoli di Elba e Sicilia che si somigliano, una somiglianza che paradossalmente, nonostante i nomi tuttora evocativi delle due isole, significa degrado e totale incultura ambientale.


lido di capoliveri panorama spiaggia

lido di capoliveri panorama spiaggia

barbarossa spiaggia

barbarossa spiaggia