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20 sacchi di detriti recuperati dalle GAV del WWF dai fondali della Padulella

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 11 agosto 2006

Un primo intervento immediatamente a ridosso della rimozione del relitto del Jepele 7 dalla scogliera prospiciente la Padulella lo avevano effettuato gli operatori della Coop Arca, poi per alcuni giorni sono state le Guardie Ambientali del WWF a compiere il lavoro di rimozione dal fondale dove era affondato lo Yacht in fiamme. E di materiale ne hanno tirato su moltissimo: 20 sacchi che sono stati presi in carico ed avviati allo smaltimento dall'ESA. Ma il lavoro non è affatto finito, sono gli stessi ambientalisti ad affermarlo, a parlare di una vera e propria coltre di vetroresina (la componente prioncipale dello scafo bruciato) che degradandosi e sbriciolandosi starebbe compromettendo una vasta area di fondale marino (1500 mq) proprio all'interno di un'area di tutela biologica integrale come quella del triangolo che ha per vertici La Punta della Madonnina, lo Scoglietto e Capo Bianco sulla costa settentrionale portoferraiese. Ma le brutte notizie non finiscono qui il WWF denuncia infatti che tanto alcuni bagnanti che gli stessi volontari che hanno partecipato alla bonifica avrebbero lamentato disturbi irritativi cutanei ed agli occhi, che sarebbero il segno della dispersione nelle acque della zona di sostanze nocive. L'affermazione lascia abbastanza perplessi poichè contrasta con i risultati dei rilievi ed effettuati dall'ARPAT che non aveva eccepito sulla balneabilità delle acque, tanto è che nessun provvedimento di interdizione alla balneazione era stato emesso dalla competente autorità, vale a dire il Sindaco di Portoferraio. La notizia comunque a questo punto ci pare imponga ulteriori controlli scientificamente attendibili, per la tranquillità dei bagnanti e degli operatori turistici, in un momento delicato come il culmine della stagione turistica. L'encomiabile lavoro del WWF ha rilevato una cosa certa: che c'è ancora molto materiale da asportare dai fondali. Ora è urgente che chi di dovere (primo il Comune) si attivi perchè sia fatto, ma occorre per iniziare capire la consistenza e la pericolosità dell'operazione, va da sé che in presenza di sostanze pericolose i volontari non possono e non debbono esporsi a rischi. Se al contrario, come ci auguriamo, le acque risulteranno (come al momento ufficialmente risultano) balneabili ed i materiali asportabili senza particolari precauzioni, staremmo a suggerire al Comune di chiedere ai non pochi Diving e sodalizi sportivi che organizzano la pratica subacquea presenti sul territorio una o più giornate di lavoro volontario per cancellare il più possibile dalla costa elbana quella bruttura.


yacht bruciato detriti padulella

yacht bruciato detriti padulella