L'altra sera ci siamo autoinflitti un scorcio di Porta a Porta, che riteniamo riesca ad essere insieme ai film indiani che durano anche dodici ore una delle cose al contempo più ripetitive, pallose ed inutili che mente umana abbia mai immaginato. Tanto ci è bastato per ascoltare il Cavaliere che al solito accusava la sinistra di avere male (anzi malignamente) interpretato le sue parole e per sentire quel torzolo padano di Calderoli sparare una castronata storica sulla Costituente, facendo una tale professione di ignoranza che perfino Fassino per un attimo è sembrato vivace e pieno di energie nel contestargliela. E' allora che ci è venuto da ragionare sul linguaggio e sui contesti in cui si adopera abbiamo provato, vedendo che dopo la fiammata iniziale era tornato silente a guardare stupito qualla faccia da Calderoli di Calderoli, che cosa si poteva dire in quel salotto a quel conato di ministro. Abbiamo pensato ai possibili diversi registri: quello ironico: "La sua revisione storica è assai creativa .....", quello indignato: "E' inconcepibile che un ministro della Repubblica ignori ..." e via così. Poi però abbiamo estrapolato il rubizzo dentista legaiolo dal contesto di Porta a Porta, collocandolo dal castagnacciaio a ragionare di politica tra un topino di vino e l'altro ed abbiamo pensato che se quel rubizzo soggetto sul cui volto cercare la luce dell'intelligenza è una caccia al tesoro, avesse là pronunciato le sue stupidate, sicuramente qualcuno si sarebbe alzato, gli avrebbe dato una (quasi) amichevole "patta nel topezzo o ceppicone" (schiaffo, colpo a mano aperta sulla nuca nello "slang" elbano) e avrebbe solo commentato "O vientene, fava lessa!"
calderoli