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MARINAI PERDUTI di Jean Claud Izzo

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 22 giugno 2006

« Forse non lo sai » iniziò Diamantis, « nell’antichità le carte si chiamavano i “periodi della terra”. Ma la terra ha cambiato aspetto, Ci sono porti che hanno cambiato nome, come i mari che li bagnano. La loro storia, se non è mai stata scritta, non lo sarà mai più ». Un unico, stretto legame, un tratteggio su una mappa attraversa la storia e il Mediterraneo, un percorso comune da Cesarea a Sibari, dal Pireo a Marsiglia, unendo sogni e frustrazioni di chi, imbarcato per scelta o per necessità, non rinuncia al confronto con il fascino avvolgente di un simbolo. Mediterraneo: casa, confine, sfida, da sempre oltre l’orizzonte teatro di maestosi o insignificanti eventi, ha scandito come la risacca sulle sue rive dalle mille culture, il trascorrere della storia, l’oblio di civiltà dorate e di anonimi personaggi. Ma tutti indissolubilmente legati, quasi senza scampo, una sorta di attrazione fatale per gli stessi gesti, gli stessi luoghi, gli stessi porti. E anche quando il futuro riserva una nave destinata al niente, mentre l’incertezza scava l’anima e la ruggine corrode le lamiere, i tre rimasti a bordo solo in apparenza sono sopraffatti dalla disperazione: un Pastis da condividere, il sorriso di una donna da rincorrere o aspettare. I ricordi lasciano cicatrici ma accomunano nello sforzo di andare avanti, sia pure sopravvivendo, sono il collante di un equipaggio vero, vinto forse dal dubbio di sfinirsi nel mezzo di una eterna bonaccia o di una furiosa tempesta. « È perché siamo a terra… Da troppo tempo. Ci cambia tutto. Non abbiamo più il mare di mezzo e di colpo scopriamo il vuoto. E la paura di tuffarci ». Andare o no, vivere o no, essere qualcosa di diverso, condannati a guardare indietro piuttosto che l’orizzonte. Non le onde, ma i vicoli di Marsiglia, facce sconosciute lì e note a Tangeri o Malta diventano la sintesi di un viaggio, l’ultima rotta da seguire per evitare il naufragio di tutta un’esistenza. Altre navi lasciano il porto, altri destini si incrociano al largo, mentre a bordo dell’Aldebaran il libanese Abdul Aziz, il greco Diamantis e il turco Nedim sono costretti al confronto con una dimensione che genere lasciavano agli altri, loro in viaggio, qualcuno ad aspettare. Ma ora l’attesa è il quotidiano, e soprattutto si insinua, imprevisto e incontrollabile, il desiderio di amare e di essere amati, o esserlo di nuovo. Donne appena conosciute o mai dimenticate. Marinai e amori in ogni porto? Sull’Aldebaran ci sono soltanto uomini in cerca di riscatto, il volto segnato dal sole e le braccia da cicatrici e tatuaggi, innamorati dei profumi e dei colori dei mille approdi sparsi sulle coste, da Gibilterra a Istanbul, ma in fondo molto più normali di quanto possano apparire. Ecco allora che la loro debolezza, tutti i dubbi e le ansie per una partenza che non arriva si tramutano in coraggio, voglia di sentirsi vivi a prescindere dalla destinazione, dal carico da trasportare, dalla rotta da seguire, essere marinai non basta più, e la svolta può essere il sorriso di una donna che ti aspetta da una vita, o la puttana di un bar pronta a segnarti il destino molto più di quanto si potesse immaginare. Nessuno sulla nave che non salperà vuole rinnegare se stesso: « Essere stati è una condizione per essere » scrive Abdul Aziz, però nel momento dell’oblio Céphée, come attratta dal richiamo della risacca, parte dall’Africa alla ricerca non del capitano ma dell’uomo, altre donne coraggiose vivranno da protagoniste l’atto conclusivo di una storia di marinai, che pur restando tali nei gesti e nell’anima, o forse proprio grazie a questo, non rinunciano ad un ultimo, personale imbarco. « Chiaro che le donne che amiamo sono per forza belle. Più belle di Céphée ne ho viste in tutti i porti del mondo… Ma lei… Quello che lei aveva negli occhi era solo per me ». Michele Castelvecchi Jean Claud Izzo MARINAI PERDUTI Edizioni e/o € 8,00


marinai perduti

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