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Legambiente: Basta con le politiche ambigue, bisogna eradicare i cinghiali dall'Elba

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 21 giugno 2006

Come accade da circa dieci anni, con l’arrivo della stagione estiva esplode l’emergenza cinghiali all’isola d’Elba. Da più parti si chiede lo stato di calamità naturale, si segnala il pericolo del dissesto idrogeologico, si evidenzia il disastro ecologico: le stesse richieste anno dopo anno. Poi arriva l’inverno, i cinghiali riducono le loro incursioni e, di conseguenza, escono dalle prime pagine dei giornali. Ma questa volta c’è una novità. Il Sindaco del Comune di Marciana, Luigi Logi, ha chiesto l’eradicazione del cinghiale dall’Isola d’Elba. Finalmente la proposta di Legambiente e di molti agricoltori e cittadini esasperati, dopo anni di indifferenza, viene presa in considerazione anche dagli amministratori. Si sta dunque diffondendo la convinzione che è necessaria un’azione radicale, anche a costo di togliere un divertimento ai circa 300 cacciatori che praticano la caccia al cinghiale. Se l’impegno del Sindaco di occuparsi della questione è reale bisogna dare seguito con i fatti alle parole. Sarebbe auspicabile che i sindaci elbani e la Comunità Montana chiedessero con forza agli Enti responsabili della gestione della fauna selvatica, Ente Parco e Provincia di Livorno, di redigere, con il supporto del Ministero dell’Ambiente, un piano di abbattimenti coordinato che crei le condizioni per l’eradicazione del cinghiale. Premessa indispensabile di tale piano è la presa d’atto, in base all’esperienza degli anni passati, che la gestione venatoria del cinghiale non è compatibile con il mantenimento dell’ungulato a livelli numerici accettabili per il territorio dell’Isola d’Elba. Infatti, le squadre di caccia al cinghiale, al fine di garantirsi carnieri sempre più abbondanti, tendono ad “allevare” e mantenere in buona salute i gruppi di ungulati presenti nel territorio. Questa pratica prevede di abbattere solo gli individui adulti, preferibilmente maschi e di favorire in ogni modo la riproduzione mediante il foraggiamento. In tal modo si crea un disequilibrio e la popolazione viene destrutturata. Tutto il contrario di quello che accade con il trappolamento operato dal Parco Nazionale che incidendo sulle classi giovanili rappresenta il metodo migliore per limitare l’esplosione demografica dell’ungulato. La questione del foraggiamento è paradossale: da una parte Ente Parco e Provincia di Livorno si impegnano investendo risorse economiche ed umane al fine di ridurre il numero dei cinghiali, dall’altra la Provincia di Livorno autorizza i cacciatori a distribuire agli ungulati tonnellate di cibo per 7 mesi l’anno in 22 punti di foraggiamento ubicati su tutto il territorio elbano. Non è dato sapere quali valutazioni scientifiche siano state effettuate per intraprendere un’azione così pericolosa in un ecosistema delicato come quello di un’isola. Non è noto neppure se è previsto un monitoraggio dell’effetto di tale azione. Certo sono sufficienti minime nozioni di zoologia per capire che nutrire massicciamente i cinghiali da aprile a ottobre, e cioè nel periodo riproduttivo e di scarsa disponibilità alimentare, causa una diminuzione della mortalità naturale dei piccoli e soprattutto comporta un’accelerazione della maturazione sessuale delle giovani scrofe con un conseguente aumento della prolificità della popolazione. Inoltre tali punti di foraggiamento sono stati strategicamente posizionati dai cacciatori nelle immediate vicinanze dell’area protetta con il probabile risultato di diminuire l’efficacia delle trappole posizionate dall’Ente Parco. Non è da escludere che il massiccio foraggiamento sia tra le principali cause di una situazione preoccupante: negli ultimi due anni ad un aumento del numero dei prelievi, tra abbattimenti e catture, ha corrisposto un aumento delle segnalazioni di danni e del livello di allarme sociale per la presenza degli ungulati. Sembra proprio che la popolazione del cinghiale all’Isola d’Elba sia del tutto fuori dal controllo. Si pone adesso il problema di quali metodi utilizzare per giungere all’eradicazione dell’ungulato. Da escludere a priori le tradizionali battute: non sono consentite nell’area protetta e comunque negli anni in cui sono state utilizzate non hanno permesso di raggiungere gli obiettivi prefissati dall’Ente Parco. A tal proposito le proposte di Legambiente sono: 1. potenziare il trappolamento estendendolo a tutto il territorio dell’isola; 2. definire quote del prelievo venatorio finalizzate al raggiungimento degli obiettivi. In mancanza del raggiungimento di tali quote si dovrà coinvolgere anche operatori estranei alla realtà locale; 3. stabilire un piano sistematico di abbattimenti all’aspetto con selecontrollori residenti e non residenti in numero adeguato al raggiungimento degli obiettivi. 4. Coinvolgimento degli operatori agricoli, con i necessari incentivi, al contenimento dei cinghiali, così come accaduto in altre realtà italiane ed europee a noi vicine. Legambiente chiede alle Autorità Competenti, ed in particolare all’attuale Commissario del Parco Nazionale Arcipelago Toscano, anche in qualità di autorevole rappresentante del Ministero dell’Ambiente, di creare le condizioni per giungere all’eradicazione del cinghiale all’Isola d’Elba. Il cinghiale rappresenta un flagello per gli ecosistemi e la grande biodiversità animale e vegetale dell’Elba, che lo Stato ha deciso di proteggere con l’istituzione di un Parco Nazionale e l’Unione Europea con due Zone di Protezione Speciale in attuazione delle direttive Habitat; ci sembrerebbe sbagliato rinunciare a tentare di risolvere il problema alla radice in territori chiusi come quelli di un’isola dove l’eradicazione del cinghiale è sicuramente difficile, ma di certo possibile.


cinghiali bosco

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