«Pesca in declino, inquinamento in crescita, illegalità imperante: il Mediterraneo è a rischio, e se non proteggiamo subito il quaranta per cento della sua superficie con una rete di riserve marine saremo costretti ben presto a prendere misure più rigide". E´ quanto afferma Greenpeace nel rapporto "riserve marine per il Mediterraneo" presentato a bordo della nave Rainbow Warrior. Tante le minacce per il mar nostrum: pesca eccessiva, attività petrolifere, inquinamento causato dal turismo, arrivo delle specie aliene e cambiamenti climatici. «Il Mediterraneo rappresenta meno dell´un per cento dei mari di tutto il pianeta – ha detto Alessandro Giannì, responsabile della Campagna Mare di Greenpeace Italia - ma accoglie quasi il nove per cento di tutta la vita marina, con più di diecimila specie finora identificate. Inoltre, il bacino mediterraneo rappresenta la più popolare regione turistica al mondo e ospita il trenta per cento del traffico navale mondiale. Nel Mediterraneo assistiamo anche alle peggiori pratiche di pesca illegale e di sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche. Se non facciamo qualcosa subito per proteggere questo mare, la qualità della vita di milioni di persone che dipendono dalla pesca e dal turismo diventerà solo un ricordo del passato». La pesca è stimata in circa un milione e 500 mila tonnellate l´anno: più del doppio che negli anni ’50 ma molto meno del massimo toccato tra il 1982 e il 1988: 2 milioni di tonnellate. Sfogliando "riserve marine per il Mediterraneo", si legge che per la pesca eccessiva il tonno rosso (ricercato per il sushi) è calato dell´80% e che continua la pesca illegale con le spadare. Per Greenpeace c´è una soluzione: «eliminare le attività distruttive e attivare una rete di 32 riserve marine d´altura, che dovrebbero affiancarsi alle riserve costiere esistenti o proposte». Un´idea che è già stata certografata nella mappa che alleghiamo. Per Karli Thomas di Greenpeace International «con una rete di riserve marine, tutti ci guadagniamo. Il numero delle specie marine cresce, gli stock ittici attorno alle aree protette si rigenerano e sia gli interessi commerciali che quelli della conservazione vengono soddisfatti
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