Stiamo pensando che uno studente di antropologia del 3003 imbattendosi in un polverosissimo CD dei nostri giorni sul quale un perverso avesse copiato i numeri del nostro giornale, ricevuto dal professore il compito di stendere una breve relazione su un particolare aspetto della nostra vita sociale desumibile dalla documentazione rinvenuta: scriverebbe più o meno così: “Sesso e costumi sessuali tra i selvaggi elbani all’alba del secolo ventunesimo” I selvaggi che abitavano l’Elba negli anni intorno all’anno duemila avevano delle stranissime costumanze. Tra uomo e donna legati da rapporti di coppia erano frequenti dei giochi erotici a sfondo sadomaso che conducevano spesso la femmina a subire lesioni corporee per le quali dovevano essere poi curate negli ospedali dell’epoca, posti bizzarri dove si inauguravano sale operatorie non funzionanti. Nell’imminenza delle nozze era poi frequente praticare un altro gioco nel quale la femmina era inseguita dal futuro sposo, ebbro di succo d’uva fermentato o altra bevanda consimile, che tentava di manganellarla con un attrezzo ligneo (probabile simulacro fallico), che in altra parte del globo era usato per un gioco non codificato come sessuale detto baseball. Forse per rinverdire il desiderio di sesso coppie più sperimentate osavano pratiche più cruente, si chiudevano infatti in uno dei rudimentali mezzi di trasporto terrestre del tempo, quivi il maschio simboleggiando probabilmente una pratica antropofaga ritualizzata mordeva a sangue la compagna. Ma un tratto comune univa tutte queste manifestazioni, l’espiazione (anch’essa rituale) della supposta colpa che riguardava il maschio. Dei probabili ministri del culto dell’epoca, indicati nella documentazione presa in esame come “Carabinieri”, successivamente all’atto conducevano il maschio in luoghi di raccoglimento ove il medesimo era indotto a compiere esercizi spirituali in solitudine, in taluni casi essi erano angusti locali monacansi detti celle di sicurezza, in altri l’espiante veniva condotto in un luogo assai distante dall’Elba nei dipressi dell’antica città di Livorno (abbreviativo del nome esteso di WLivornopisamerda rinvenuto scritto in molti luoghi) ove lo si lasciava in una zona boscosa con numerosi esemplari di quercia da sughero (pratica da collegare con le credenze sul primaverile rinnovarsi della natura), in attesa che un Magister Pubblico Ministro del culto decidesse su quando le sue preghiere dovessero aver fine. Riteniamo in ultimo che i selvaggi elbani dell’epoca fossero dotati di eccezionale fisica vitalità nonché di longevità sessuale notevolissima, e non erano infrequenti in luoghi deputati a danze rituali ed esercizi orgiastici detti “balere” gli scontri tra maschi in età avanzata per il possesso carnale della femmina, o del branco di femmine (qui la documentazione è lacunosa) in nota a margine firmata Zucca Gialla (oscura questa citazione cucurbitacea) si è trovata una frase dal significato non decrittato che pensiamo essere degna di ulteriore attenzione essa è letteralmente: “Tutta colpa del Viagra!”.