Quello che non ha ancora fatto la Moratti, lo ha già realizzato la Finanziaria 2003, tagliando fondi, finanziamenti, possibilità di sviluppo e innovazione. Lo denuncia Legambiente, che oggi ha partecipato al forum "Scuola sapere, tu per pochi io per tutti", portando un contributo di numeri e cifre che disegnano lo scenario, assai negativo, del settore. "L'Italia corre un grave rischio, che riguarda tutti, non solo chi nella scuola e nell'università lavora o la frequenta per crescere - sottolinea Vittorio Cogliati Dezza, responsabile scuola e formazione di Legambiente - Si parla tanto di società della conoscenza e l'innovazione sempre più condiziona la capacità del paese di reggere la competizione internazionale. L'Italia però è l'unico Paese in Europa che non solo riduce gli anni di obbligo scolastico ma riduce anche la spesa per la ricerca, già all'ultimo posto in Europa (0,6% del PIL) contro una media europea superiore all'1%". I dati raccolti e sistematizzati da Legambiente nel dossier intitolato "La Scuola Pubblica si Smonta" mostrano infatti con estrema chiarezza che il governo, con la finanziaria prima ancora che con la riforma, ha di fatto già depresso la scuola pubblica italiana e le impedisce di funzionare. Taglia posti di lavoro (più di 35.000 in tre anni), chiude sedi nei piccoli comuni (700 quelli a rischio), riduce il sostegno all'handicap (+5216 gli alunni portatori di handicap e -1.042 gli insegnanti nella sola scuola dell'obbligo), aumenta il numero di alunni per classe (+19.102 gli alunni, - 180 le classi), taglia le risorse finanziarie per la scuola pubblica (-1.304,5 milioni di euro), ed accresce quelle per la scuola privata (+134%). "Con la riforma Moratti prepara poi una scuola vecchia e selettiva - aggiunge Cogliati Dezza - reintroduce il voto di condotta e la bocciatura anche alle elementari, elimina l'obbligo scolastico a 15 anni, sostituito da un generico ed individualistico diritto-dovere, riduce il tempo scuola obbligatorio garantito a tutti, costringe i ragazzi a scegliere tra istruzione e formazione professionale a 12 anni e mezzo, accresce la dipendenza delle scuole e dei dirigenti scolastici dal governo della Regione. L'obiettivo è ridurre: meno diritti, meno risorse, meno tempo scuola, meno partecipazione democratica. L'esito finale sarà una società più ignorante e più selettiva, dove aumenteranno le differenze tra le classi sociali e i territori, in cui i ragazzi più penalizzati saranno quelli con più difficoltà e i territori già oggi marginali lo saranno ancora di più". Una scuola così non ha niente a che fare, a detta di Legambiente, con gli interessi del Paese, favorisce i pochi a danno dei molti, lascia campo libero alla privatizzazione e alle multinazionali dell'educazione, come imposto dal Wto, trasformando l'istruzione in merce e la scuola in un servizio a domanda individuale, dove solo chi paga potrà permettersi un'istruzione di qualità. "Intendiamoci - conclude Cogliati Dezza - riformare la scuola pubblica è necessario, perché il Paese ha bisogno di elevare il livello culturale di tutti. Ma garantendo un'istruzione di qualità per tutti, in tutti i territori, in tutte le fasi della vita. Questa è la condizione per superare le differenze sociali e territoriali che penalizzano i meno fortunati, per mettere tutti in condizione di scegliere il proprio futuro. La scuola deve essere un luogo sociale dove si capiscono le sfide della contemporaneità, dove si diviene cittadini consapevoli, dove cresce la voglia di partecipare per costruire un mondo diverso, un futuro sostenibile".
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