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A Sciambere della cultura generale

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 17 maggio 2006

Pur non avendolo mai praticato, da perfetti pantofolai, abbiamo sempre seguito il ciclismo preferendolo come spettacolo televisivo al calcio per diversi ordini di ragioni, a partire dalla media qualità umana di chi lo pratica, che percepisce nella maggioranza dei casi uno stipendio che non fa gridare allo scandalo, che campione o gregario deve fare una fatica bestiale, ed ha poco spazio per le cheche e le bizze che caratterizzano spesso la vita dorata dei cultori dell'arte podalica nazionale che negli ultimi giorni ci sta, tra l'altro, mostrando i suoi lati più truffaldini e stomachevoli. Ma non c'è solo il fascino della fatica dell'uomo che corre contro gli altri e contro i suoi limiti, c'è anche lo spettacolo fornito dagli spettatori: bambini, massaie, gente normale che passato il Giro torna a fare i compiti o gli gnocchi, che al più accoltella un prosciutto e non un "nemico" come usano fare alcuni (troppi) di quei grandissimi penecefali che parlano di "fede" calcistica e che si definiscono ultrà, con l'accento sulla "a". C'è il fascino dei luoghi toccati da una corsa, il vedere scorci paesistici e città che abbiamo visto anni fa, paesi dove forse non andremo mai o forse sì .. chi può dirlo? insomma il ciclismo libera anche la mente. E gli stessi giornalisti e commentatori che seguono il ciclismo sono più simpatici meno bercianti si sforzano di dare allo spettatore informazioni non strettamente ciclistiche, insomma di fare un po' di "cultura generale". Solo che dovrebbero stare un po' più attenti a quello che dicono; ce n'è uno della Rai peraltro bravissimo a commentare l'evento sportivo che ogni tanto spara delle puttanate di tutto rispetto. Tempo fa, stava in Belgio, dalle parti di Maastricht ci pare, ed affermò baldanzosamente certo: "Napoleone si fermò qui alcuni giorni prima di invadere l'Inghilterra", un'impresa assolutamente non contemplata da alcun libro di storia, ieri ne ha messa in orbita un'altra commentando la tappa del Giro che finiva sul Gargano e traversava la nota Foresta Umbra. Perchè, si è domandato furbescamente ad alta voce il nostro, si chiama Foresta Umbra? (e non pugliese) Ma perchè la foresta fa ombra! Non c'entra nulla con l'Umbria" Ha esclamato trionfante senza che nessuno degli interlocutori gli abbia detto: "Grazie al cazzo che la foresta fa ombra, e che altro dovrebbe fare?". Il punto era però che, nel caso di specie, se la dizione Foresta Umbra non c'entrava con l'Umbria non c'entrava nemmeno con l'ombra. C'entrava con una parola latina "nemora" (bosco, foresta) e con la trasformazione del suono "nmra" nel vicino "mbra". Raccontare la storia della Foresta che si chiamava "Foresta" sarebbe stato carino, ma evidentemente il ragazzo, per riempire le pause, dove sa dice, e dove non sa tira a scazzare. Dovrebbe studiare un po' di più.