E' più forte di me, tutte le volte che vedo tagliare un vecchio albero mi incazzo. Mi incazzai con i miei amati condomini che fecero fuori dei nodosi olivi che avevano la pessima abitudine di far cadere i loro frutti nei preziosi giardinetti di competenza dei condomini, mi incazzai per il taglio dei Pini in Via Ninci della allora giunta Ageno-Fuochi. Mi incazzerò molto di più, se in quel piccolo museo degli orrori urbanistici, che ci avviamo completare in Via Carducci - Manganaro (a partire dalla culturalmente delittuosa demolizione del Capannone ex-ATL), si procederà al taglio dei pini di Piazza Pietri, e c'è una precisa ragione perchè nel caso di specie mi incazzerò come una iena e farò ogni cosa, per farla (politicamente e democraticamente) pagare salata a chi determinerà quell'eventuale abbattimento. La ragione la ritrovo nei miei più datati ricordi, quelli di un bimbetto portato con la sua classe alla "Festa degli Alberi" nella periferia di una Portoferraio diversa da quella attuale, segnata dalle bombe con le ciminiere dell'ILVA ancora in piedi, in un'area brulla e piena di scorie del passato industriale, che tutto sembrava fuorchè una piazza dove erano state scavate delle buche e dove, con l'aiuto di un agente del corpo forestale, il bimbetto ebbe l'onore di calare una piantina. Da allora per un po' sarebbero cresciuti insieme il bimbo e il pino, poi uno si sarebbe fermato, l'altro avrebbe continuato a crescere sano in altezza ed in stazza, mentre anche la piazza di una nuova città gli cresceva intorno. Ci sono passato infinite volte davanti a quel pino che mi ha insegnato una cosa fondamentale: che per fare un albero non basta il tempo della vita di un uomo, per abbatterlo basta una decisione idiota ed una motosega, che distruggere è sempre più facile che costruire. Per questo ora che sono quasi vecchio trovo giusto cercare di lasciare ai miei nipoti il compito di guardare quel pino ed altri alberi, se possibile mettendoli al riparo dall'egoismo stupido degli uomini. (foto di repertorio)
Pinus pinea pino