Torna indietro

Tiro Fisso risponde a Coluccia: siamo tutti "cetimedi"

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : sabato, 29 aprile 2006

Egregio Direttore, sappiamo che ormai la nostra è una forma di perversione compulsiva, ma non riusciamo a resistere alle recensioni politiche elbane del politologo del coccolo in su. Scrive Coluccia: “Il voto recente, con la vittoria del centrodestra, ci ha consegnato un’Elba stretta in un blocco elettorale e politico segnato dal neoprotezionismo, da una chiusura isolazionista e corporativa. Un voto tradizionale e conservatore, che privilegia l’immediato e l’attuale, rispetto alla necessità impellente di guardare oltre ed intorno”. Mincha! Direbbe Lei che è sboccato, egregio direttore. Ma dove sono finite le magnifiche e progressive sorti del centro-sinistra-espanso che solo qualche mese fa il sor Coluccia illustrava come la svolta politica che avrebbe cambiato cuore, testa e pancia degli elbani? E poi cos’è questa storia dei ceti medi? Perché non la facciamo finita con queste comode generalizzazioni? Perché non la smettiamo di costruirci morbidi cuscini ideologici dove porre il capino per risvegliarci ad ogni elezioni con un sogno diverso? Chi scrive è “un ceto medio” che ha votato due partiti della sinistra radicale (uno al senato e uno alla camera), conosco numerosissimi operai che hanno votato per Alleanza Nazionale, poveracci e pensionati al minimo, gente che non paga né Ici né tasse che ha votato per Berlusconi/Emilio Fede, giovani senza lavoro e disoccupati cronici che hanno votato Fiamma Tricolore e Forza Italia. Il problema non è che i ceti tradizionalmente di destra e di centro, con le loro tradizionali paure e la scusa di un anticomunismo in mancanza di comunismo, votano per Berlusconi, il problema è che i lavoratori dipendenti del nord-est (e dell’Elba) votano per Berlusconi; il problema e che c’è una forte minoranza (finalmente) dei giovani che ha introiettato il Grande Fratello come modello e misura del successo e del fregare e mentire per vivere. Il problema è che la sinistra (e il centro che ormai non esiste più culturalmente) non sanno parlare alla gente, alla propria gente. Il problema è che noi, o meglio gli amici di Coluccia, continuiamo a dare ad una coalizione di estremisti di destra la patente di moderati che non avrebbero in nessun paese europeo. Il problema è che i Cardelli, i Lambardi e forzaitalioti, exmissini e destrorsi vari che vi siete presi in lista per “vincere le elezioni” non sono stati folgorati sulla via di Damasco del Coluccia-Logi-Galli-Ballerini pensiero, ma hanno continuato a votare e far votare per la destra, per loro siete solo una parentesi personalmente necessaria, quelle liste non sono capaci (e non vogliono e non ci pensano nemmeno) di fare nessuna operazione di spostamento politico e culturale verso il centro-sinistra, anzi, sta accadendo esattamente il contrario e la sinistra sta pagando colpe non sue e di sindaci che di sinistra non sembrano a nessuno. Veda, impagabile compagno Coluccia, Berlusconi ha usato spesso in campagna elettorale una parola per definire l’atteggiamento dell’Unione: “invidia”. Non parlava certo a noi coglioni di sinistra, parlava a chi quell’invidia per i ricchi, che è anche voglia di diventare ricchi con facilità, con un colpo di culo o una fregatura da dare a un fesso, ce l’ha davvero. E guardi che qualcuno vuole certamente diventare più ricco di quel che è, ma che chi vuole diventare ricco di solito ricco non è e non si accontenta nemmeno di star bene. Forse per capire la situazione dei ceti “non medi” e della degenerazione culturale, della devastazione arrivista che sta colpendo quelle che erano le classi di riferimento della sinistra, serve più una puntata del Grande Fratello che un articolo di Coluccia o un discorso di Fassino. Forse per capire perché una pensionata al minimo si preoccupa di Berlusconi che potrebbe diventare più povero per colpa di Prodi e crede a tutte le favole sulle pensioni, bisognerebbe studiarsi il TG4 invece di ridere di Fede. Quelli come Coluccia sono anche quelli che dicono che la televisione non conta, che analizzano tutto per blocchi sociali, spostamenti, egoismi di massa, architetture istituzionali ed alchimie politiche. Invece l’Italia (e l’Elba ancora di più) è un paese spappolato, dove perfino il cattolicesimo è diventato una patina di perbenismo e poco più e alla morale cattolica ci credono ormai solo Paparazzo e Ruini. Ed è la televisione, non il programma di 280 pagine dell’Unione, a smuovere più del 10% dei voti, quelli che hanno fatto quasi vincere Berlusconi. Berlusconi ha detto “ICI” e lo hanno capito tutti, Prodi “Cuneo fiscale” e il cittadino medio televisivo pensava che ce l’avesse con la città piemontese dove Totò ha fatto il militare. Se invece di fare discorsi complicati la sinistra prendesse a ridiscutere con la gente semplicemente, facendo finalmente dopo 20 anni politica e cultura popolare, forse i poveri e i ceti “bassi” capirebbero che è meglio difendere i diritti che sognare di diventare ricchi e la smetteremmo di parlare di una cosa come “i ceti medi” che sono ormai i due terzi della nostra società e si dividono equamente tra destra e sinistra. Oppure la Toscana rossa e l’Emilia Romagna sono piene di proletari e sottoproletari?


Mirino

Mirino