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Manjushree Thapa FORGET KATHMANDU

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 19 aprile 2006

“Terra di uomini e di dei, il Nepal realizza l’incontro e la convivenza di civiltà millenarie, culture e religioni diverse, in una feconda e affascinate mescolanza” (Lonely Planet). Ed è vero, un viaggio qui è un’esperienza di immenso fascino, unico, da vivere seduti sui gradini dei templi delle Durbar Square o in bicicletta per i sentieri del Terai; odori, colori, volti di adulti e di bambini, ognuna ti entra dentro, ti avvolge, senza alcuna voglia di liberarsene, come la nebbia dell’alba a Chitwan, o il fumo dei roghi funebri a Pashupatinath. Momo a pranzo all’angolo di Freak Street, dal bhat a cena, poi a scaldarsi con i fuochi improvvisati in strada, che segnano la fine e l’inizio di ogni giornata a Kathmandu, mentre con la notte si disperde il profumo dei mille incensi accesi ovunque. Decine di caste e di lingue diverse, induisti e buddisti, ma anche moltissime altre confessioni e tanta povertà si intrecciano nei pochi chilometri del maggior dislivello di altitudine del mondo (da 100mt a 8848 mt), e il mito di Shangri-La, proposto nel 1937 da Hilton con il libro “Orizzonti perduti”, sembra rinnovarsi in questo piccolo paese, possibile identificazione di quel monastero dove saggi di varie razze, sesso, religione, meditano e studiano, collaborando a conservare i differenti valori della civiltà. Ma la realtà è molto diversa. Shangri-La, ma anche la Pokhara di canne e hippies, hanno purtroppo fatto spazio al dolore. Una situazione senza precedenti in questo paese, che non lascia speranze per il futuro se non interverranno le autorità internazionali e se la stampa estera (quella locale è sotto il totale controllo del Re) non contribuirà a divulgarne la drammaticità. Le elezioni farsa dell’8 febbraio hanno inasprito il conflitto politico e militare, i ribelli maoisti hanno interrotto la tregua proclamata il 3 settembre e sono ripresi violenti gli scontri fra l’Esercito del re Gyanendra e i suoi oppositori. Come al solito, in caso di guerre senza prospettive di ricchezza per eventuali “liberatori”, si abbandonano con indifferenza migliaia di persone a un destino di diritti negati, esecuzioni sommarie, sparizioni, stupri, torture, ora anche arruolamento di bambini soldato, senza alcun rispetto da entrambe le parti, della vita e della dignità umana. Alcune voci però riescono a farsi spazio (nessuno ci ha mai informati di una iniziativa di sensibilizzazione del Parlamento Europeo, dal che se ne deduce che non abbia avuto gli effetti sperati), importante è il contributo del sito www.warnews.it , con aggiornamenti periodici, ma anche della rivista “Diario”, che si è recentemente confrontata con la crisi più sanguinosa di tutto il continente asiatico. E poi i libri. E’ difficile trovare autori che non si lascino attrarre solo dal mito romantico di un Nepal che non esiste più, o che si vuole cancellare con la sopraffazione, ma ecco che Maniushree Thapa, una giornalista locale, sconvolta dal sanguinoso colpo di stato attuato nel 2001 con lo sterminio della famiglia reale e del re Birenda, decide di mettere in discussione la propria appartenenza al “paese della montagne” e ne racconta la storia, vive i fatti in prima persona, incontra la gente, a piedi attraverso valichi innevati e valli dimenticate da qualsiasi dio se non quello della morte, fa l’unica cosa possibile: ascoltare . Un bel libro? Di sicuro un documento importante per rompere questo muro di silenzio. Nella seconda parte del racconto, la migliore, quella del viaggio, si mescolano il Nepal di oggi e il Nepal di sempre: di 12.000 morti in dieci anni, vittime della spietatezza di entrambi gli schieramenti, di villaggi in cui un piatto di dal bhat è vera ricchezza, di misteriosi custodi di templi abbandonati, di Sherpa e di Sadhu, veri o per turisti. Fra le pagine i fuochi per le strade tornano a scandire l’inizio e la fine di ogni giornata, e i mille incensi a profumare la quotidianità di uomini che non hanno altro confine se non miseria e monti invalicabili, ora però anche involontari destinatari degli appelli e delle bombe del fronte maoista, e della conseguente folle intransigenza dell’usurpatore Gyanendra. Con l’unico risultato di far precipitare tutto il paese in un vortice di violenza e di sangue. E ora cosa resta per chiunque abbia amato l’incanto di un incomprensibile, totale coinvolgimento; per chiunque si sia lasciato stregare dal sorriso e dalla spiritualità di un vecchio nepalese, con cui dividere un pacchetto di sigarette senza dirsi una parola? Resta la speranza che Kathmandu torni ad essere il luogo dei colori e dei profumi, dei roghi funebri e dell’assoluto. Il luogo del ritorno. Namaste Manjushree Thapa FORGET KATHMANDU Neri Pozza Editore € 18.00


preghiera donne katmandu tibet

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