Vivere vicino a delle grandi città, dopo quarantasei anni di Isola d’Elba, comporta i suoi traumi, ma ha anche i suoi innegabili vantaggi. Uno di questi è la gran quantità di gente che incontri, conosci e con la quale ti confronti. Un mio amico giornalista, Rudy, 30 anni, ieri se n’è uscito con la seguente frase: “Quello che più mi fa paura di questa guerra è che anche tra quelli che prima si indignavano davanti al massacro di civili, militari e giornalisti, senza distinzione di bandiera, razza o testata, si sta iniziando a diffondere un machiavellico ‘forse ne valeva la pena’: la propaganda ha i suoi effetti più che i missili” Enzo, 50 anni, un secondo mio amico pubblicitario infatti, nel veder cadere la statua di Saddam Hussein ha avuto un risveglio delle sue vecchie radici anarchiche e, a fronte anche delle immagini degli iracheni giubilanti all'arrivo delle truppe americane, si è posto giustamente il dubbio che tutti abbiamo avuto torto ad inneggiare alla pace: alla fine gli iracheni andranno sicuramente a stare meglio di prima; nel loro paese ci sarà un monumentale giro di affari per il petrolio e la ricostruzione, affari per i quali i contratti hanno iniziato ad essere stipulati (fra governo e imprenditori americani e imprenditori-futuri governanti iracheni) ancora prima dell'inizio delle ostilità, e un simile giro avrà sicuramente delle ricadute positive anche sull'uomo medio iracheno, magari solo briciole, ma briciole d'oro. Va bene: è giusto avere dubbi, è giusto mettersi in discussione, guai se non lo facessimo. George W.Bush, Ariel Sharon, Saddam Hussein, Osama Bin Laden, per esempio, sono tipi che non si mettono mai in discussione e hanno fatto migliaia di morti. Ma... Tra i 192 paesi nel mondo, tralasciando i molti casi dubbi in cui c’è sì un governo legittimo, ma le condizioni politiche e sociali non sono proprio delle più libere, sono comunemente classificate 52 dittature. È inammissibile (e tecnicamente impossibile) che uno stato qualunque intervenga militarmente, di sua spontanea volontà, senza richiesta da parte di nessuno e unilateralmente, per rovesciare tutte le dittature suddette ed è ancor più inammissibile che si prenda il diritto di decidere da solo quali di queste siano da considerare propriamente dittature e contro quali di queste intervenire o meno. Proviamo comunque a fare l’avvocato del diavolo: Quando gli USA fecero il blitz in Libia fu un'azione molto circoscritta e mirata; d'accordo, fu un atto di "terrorismo - antiterrorismo", ma ha avuto i suoi effetti positivi: diciamo che Gheddafi si è parecchio rabbonito da allora. Diamogliela per buona. La prima guerra del Golfo ha avuto, in stretti termini legali, una giustificazione: uno stato sovrano era stato invaso da un altro stato sovrano e aveva chiesto aiuto agli alleati, i quali, badate bene, non hanno fatto nulla più che liberare lo stato aggredito. È brutto, sempre di guerra si tratta, ma è una posizione dura da attaccare da tutti i punti di vista. Diamogliela per buona. Più ambigua la situazione nei Balcani: lì era un’etnia, una minoranza che aveva chiesto aiuto contro un genocidio in atto; a rigor di logica la comunità internazionale non avrebbe avuto più diritto di intervenire di quanto non ne avrebbe ora in Cecenia, in Tibet o in Kurdistan, ma alla fine la situazione si è risolta e Milosevic è sotto processo a L'Aja per crimini contro l'umanità. Anche qui il risultato finale può fargliela dare buona. L'intervento in Afghanistan. Bin Laden e i Talebani stavano indubbiamente dietro all'attentato dell'11 settembre: gli USA sono andati là per dare la caccia (peraltro fallendola, né più né meno come adesso con Saddam Hussein) a chi li aveva attaccati e aveva ucciso loro migliaia di persone innocenti. Diamogli per buona pure questa, va! Ma… La seconda guerra del golfo. Prove di coinvolgimenti e finanziamenti da parte del regime iracheno nei confronti del terrorismo internazionale? Neanche l'ombra. Prove della detenzione da parte del regime iracheno di armi di distruzione di massa? Neanche l'ombra, anzi, ce ne sono ormai del contrario (anche se sicuramente nei prossimi giorni qualcosa faranno saltar fuori, state sicuri). L'Iraq non ha fatto, da dopo il massacro dei Curdi, assolutamente niente che potesse essere considerato come una minaccia per chicchessia. Il massacro dei Curdi, oltretutto, non è stato peggio di quanto sta succedendo adesso in Congo e in altri posti nel mondo tra l'indifferenza generale. Nessuno, stato sovrano o minoranza oppressa, ha chiesto aiuto a qualcuno. La maggior parte della responsabilità della miseria in Iraq era dell'embargo. Ma c'era una dittatura! A parte le considerazioni di cui sopra sull'atteggiamento nei confronti delle dittature, vi ricordate di Piazza Tien-An-Men? Anche in Cina, per esempio, i diritti umani sono sistematicamente violati e il sistema politico non è proprio dei più democratici: perché gli USA non decidono di fare una bella guerra di liberazione della Cina? Nooo, eh! Sono troppo grossi, hanno la bomba e stanno pure nel WTO! Ora provate a considerare questo: sapete dov'è che c'è una dittatura, anzi, una specie di medioevale monarchia assoluta per diritto di sangue con elezioni finte e tutto quel che segue? In Kuwait. Eh, già! Ma lì il sovrano mantiene i sudditi nel benessere e loro si guardano bene dal protestare. Ergo: chi, e in base a quali criteri, può decidere cos'è meglio per uno stato sovrano (dittatoriale o meno)? Ve lo dico io chi: il popolo dello stato in questione, solo ed esclusivamente lui e solo in base alla propria cultura e alle proprie convinzioni. È il popolo di uno stato che ha il diritto/dovere di decidere se tenersi il regime che ha o ribellarsi; e all'occorrenza deve imparare a decidere se ribellarsi o meno, ma da solo, come in tanti hanno fatto nel corso della storia. A quel punto, e solo a quel punto, può anche chiedere aiuto a qualcun altro e si può valutare cosa fare, non prima. Questa si chiama autodeterminazione ed è una delle condizioni base della democrazia: la democrazia smette di essere tale al momento in cui ti viene imposta a forza dall'esterno. La seconda guerra del golfo è stata fatta solo ed esclusivamente per gli interessi politici e privati di un piccolissimo gruppo di persone. Anche se da questo verrà un miglioramento delle condizioni di vita in Iraq, in ogni caso il concetto di libertà e autodeterminazione è stato pesantemente calpestato e, cosa ancora più assurda, proprio da quella che si ritiene la più grande democrazia del mondo. In più (dichiarazione recente del presidente del Fondo Mondiale per l'Alimentazione) l'emergenza umanitaria in Iraq si rivelerà disastrosa soprattutto per l'Africa: spostando le già scarse risorse sull'urgenza irachena si creerà un colossale deficit alimentare dal quale non si sa come si farà a uscire: insomma staranno un po' meglio in Iraq e un po' peggio altrove. La prima guerra del golfo, nel corso della quale non si è arrivati a Baghdad e non ci sono stati scriteriati episodi come l’assedio di Bassora, presa praticamente per fame, ha fatto comunque 200.000 morti in totale (fonte AdnKronos): niente di più facile che la seconda ne totalizzi parecchi di più. Bel risultato: centinaia di migliaia di morti ammazzati in Iraq, non si sa quanti morti in più per fame in Africa, la libertà di autodeterminazione di un popolo calpestata con un atto di feroce arroganza per cosa? Concludo con una frase di una terza amica, Adriana, 40 anni, insegnante: “Meno male che ci pensano gli americani a salvare il mondo. Ma se qualche americano vuol venire a salvare l'Italia...DITEMELO! Combatterò casa per casa per salvare il Berlusca perché ogni paese ha diritto al governo che sceglie”.
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