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Controcopertina: Tempi austeri si profilano

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 13 aprile 2006

Dunque Berlusconi ha perso. Ha perso comunque, indipendentemente dai controlli che la sua parte ha richiesto. Di misura strettissima, a contare voti e seggi: perché i suoi avversari hanno commesso il grave errore di dimenticare che l’invito del giudice Borrelli –“resistere, resistere, resistere”–, avvertiva chiaramente che non si sarebbe trattato di una passeggiata e meno ancora di una corsetta; hanno dimenticato venti anni di ecstasis televisiva, e il modello infame insinuato nei giovani, di una vita di grandifratelli, mariedefilippi, fattorie, veline, calciatori e tanto tanto sport (guardato e parlato in un’orgia di voyeurismo onanistico). Berlusconi ha fondato il suo potere politico (anche quello economico, ma ora non interessa parlarne) sulla televisione; il suo quartier generale non era fatto dai Bondi, Schifani, Tajani, Scajola e via dicendo: era ed è Mediaset, il Ritalin a gogò che ha eliso ogni consapevolezza personale, sociale, etica. Mediaset, poi, ha trascinato la Rai in una rincorsa disperata all’audience sfidandola (per la necessità di vendere pubblicità) sul piano della propria programmazione, e facendo scendere il livello qualitativo della produzione ai minimi storici. Così quello strumento prezioso che è la televisione, e che davvero ai tempi delle sue origini ha creato gli italiani (nel senso che diceva il D’Azeglio), si è convertito nel canto delle Sirene, e chi non si è legato è naufragato nel mare dell’ignoranza e della abulia. Dunque, chi ha vinto ora sa dove deve intervenire, prima che un intero popolo si riduca a un ammasso di bruti, incapaci e indesiderosi di “seguir virtute e canoscenza”. Ma Berlusconi ha perso assai di più. E’ stato sconfitto il suo sovvertimento della politica: la sistematica umiliazione delle Istituzioni; il linguaggio informale e personale; le pseudo gaffe che scompigliavano rituali e cerimoniali forse un po’ faticosi per un parvenu, ma da secoli codice di comunicazione condiviso; lo stravolgimento del liberalismo in un egocentrismo (e in un egoismo) bambino, ma senza innocenza. Gli hanno perdonato molto i suoi avversari, e non hanno arginato quella pericolosa deriva, spendendo più la parodia e l’ironia che la puntuale recriminazione (solo Nanni Moretti ha capito e ha parlato nel finale del Caimano). Così egli era riuscito a travolgere in quella deriva i suoi alleati di governo –non la Lega, che di quello stravolgimento ha fatto bandiera–, mettendone in pericolo grave l’autonomia e l’esistenza: ma l’UDC, grazie al perfetto gioco di squadra fra Casini e Follini (che si è sacrificato generosamente per il bene del suo partito), ha resistito, e ha vinto, insieme all’Unione, all’ultimo minuto. AN si è trovata prigioniera, malgrado l’insofferenza di Alemanno e dei suoi amici, perché a sinistra il sentimento –pessimo consigliere, di solito– ha cristallizzato un atteggiamento recriminatorio nei confronti di una parte del popolo che ha il torto (grave) di voler essere nostalgica di un’epoca in cui ormai quasi nessuno dei presenti era ancora nato, di un’epoca che non conosce (per ignoranza della storia), e cui attribuisce valori che non ebbe e epopee che non visse; di qualcosa che ha forse il solo significato di un’appartenenza per differenza, come essere del Milan o della Juve, come una stanca tradizione do famiglia. Se non si supera lo stallo, questa parte del popolo non ha altra possibilità di esistere se non accanto a Berlusconi, che è indifferente a ogni qualità positiva o negativa, perché è interessato solo alla forza d’urto (far passare le leggi che gli servivano); se non si farà presto a trovarle un posto vero nella nostra democrazia sarà per sempre una forza inerziale di non-politica. Ma comunque anche AN, con l’UDC, si è opposta alla sfascio berlusconiano, e ha vinto insieme ai suoi avversari politici contro il vero nemico comune. Berlusconi apparentemente è uscito forte, con il suo partito-azienda, dalla competizione elettorale, sul piano dei numeri; ma ha perso, ed è troppo vecchio per sperare in una rivincita. Per questo ha lottato come un leone, perché era in gioco la sua sopravvivenza; per questo ora farà tutti i numeri possibili per vanificare il risultato elettorale. Perché senza la sua posizione politica non gli servono più a nulla né i suoi avvocati, né i suoi referenti più o meno oscuri, né i suoi fedeli esecutori. E gli ex alleati sono, loro malgrado forse, emancipati da una politica che, nei suoi aspetti fortemente antiistituzionali, non apparteneva alla loro tradizione. Chi ha vinto comincia ora a salire il Calvario: la situazione economica è devastata, quella sociale drammatica; c’è da ricostruire le Istituzioni e da restaurare la cultura delle Istituzioni. Sarà necessario fare una politica severa, che apparirà di destra proprio perché la destra non l’ha fatta, e l’ha lasciata in eredità ai successori. Ci sarà da decidere, bene, in fretta, e non sempre con grandi consensi. Se si ha un progetto vero, e si riesce a spiegarlo, non si deve avere paura. Ma non saranno rose e fiori, neanche un po’. Sarà l’occasione buona anche a livello locale. I risultati a Portoferraio e in genere all’Elba sono una spia luminosissima: a fare politica come la destra è più brava la destra; a non fare niente non si sbaglia, ma si perde. I mediocri –dice san Giovanni in Apocalisse 3, 16– Dio li vomiterà dalla sua bocca.


luigi totaro

luigi totaro