Torna indietro

Controcopertina: Siamo tutti comunisti

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 05 marzo 2006

“So’ invidiosi di Berlusconi perché ha parlato al Congresso USA, ‘sti comunisti. Ma deh … se ‘n’era pe’ l’ameriani a quest’ora c’erano ma quelli veri!”. “Mmh” risponde il benzinaio, poco convinto di quella teoria un po’ sbrigativa. Ci siamo fermati incuriositi e attenti, malgrado la banalità dell’avventore. E abbiamo commentato con un “Deh … Ha parlato l’Oracolo di Delfi!”, riflettendo su quanto possa ‘maleducare’ un leader senza scrupoli: parla senza argomenti, ponendosi come criterio di verità (“E’ la verità perché io non mento mai”), come fa la televisione. Così siamo comunisti, siamo il male, siamo invidiosi e poi siamo anche antiamericani. Quando lancia queste banalità, che secondo lui sono accuse conclusive, non parla di qualcuno che conosca o che sia riconoscibile; usa solo i predicati, mai i soggetti, enuncia capi di imputazione sempre più scontati, scaglia insolenze gratuite e senza senso. Eppure non è un ambizioso: la sua vita, nelle favole che racconta ma anche nella realtà, consiste nell’accumulazione della ricchezza. Non lo preoccupano anacronismi, irragionevolezze, contraddizioni. Non esita a offendere o a delegittimare una parte importante della società Italiana, cui peraltro è debitore della sua posizione economica. Non si vergogna a mentire, perché non prova interesse per la morale corrente; l’unico obiettivo che persegue è l’accumulazione di denaro, e quella è l’unica vera passione, cui si dedica con l’ottusità di Paperon de’ Paperoni, ma senza la sua grazia patetica. E’ inutile invitarlo a considerare il dato di fatto che la crescita della sua ricchezza in un anno corrisponde a quanto guadagnano in tutta la vita forse diecimila lavoratori; e che quella, per una elementare legge del capitalismo, è ‘pagata’ dal corrispondente aumento della povertà di quelli: è un problema che non vede, e che in ogni caso non gli interessa.. Ora deve vincere, e basta, per consolidare la sua ricchezza e accumularne ancora. Dei comunisti, in fondo, non gli importa nulla (è amico di Putin); ma non vuole intralci. E allora, sì, siamo comunisti, e lo siamo perché nati ‘nell’utero sociale’ -direbbe padre Ernesto Balducci- di una dignitosa povertà, che non ti fa mancare l’indispensabile per poter vivere e, se lo vuoi, per poter pensare; o lo siamo perché ‘intellettuali’, come diceva Pasolini, e siamo consapevoli proprio per questo di avere un ruolo insostituibile nella nostra società, che vogliamo rendere più vivibile e più giusta; siamo ‘organici’, come insegnava Gramsci, perché non pensiamo e agiamo come individui ma come “soggetto sociale”. Per questo possiamo rivendicare come nostra una solidarietà strutturale, e ne possiamo parlare senza rischiare accuse di ipocrisia. Ci professiamo comunisti perché questo ci identifica meglio di ogni altra identità: di Elbani, di Padani, di meridionali, di Italiani, di “comunitari” o Americani. Ci piace l’idea di essere ‘uomini planetari’ –di nuovo Padre Balducci-, cioè capaci di concepire la nostra esistenza in relazione a tutti gli altri. Chi non capisce ciò che diciamo ci può considerare forse presuntuosi, ma non invidiosi. Ciò che esaltiamo come valore appartiene a una scala che non riguarda il miserabile rincorrere una accumulazione che non può che restare inesauribile, infinita: perché chi costruisce solo per sé non porta sorriso. Potremmo anche fare a meno di chiamarci comunisti, perché in fondo non sono le parole che contano. Ma quel nome ci serve per marcare una differenza, per segnare una linea di demarcazione, fissare una frontiera come limite invalicabile allo strepitare insulso di chi crede che le cose avvengano solo perché si continua a ripeterle. Se ci libereremo di questo uomo della sventura, il 10 aprile, potremo anche definirci abbandonando quella vecchia e nobile parola. E ancora una volta, magari, sarà per marcare una differenza. La Primula Russa (noi no) dal blog www.isoladelba.splinder.com dove l'articolo può essere commentato


campo di papaveri

campo di papaveri