Altro che A Sciambere! Quello che è successo ieri alla Foce meriterebbe la penna di Jerome K. Jerome, solo che il racconto dovrebbe titolarsi, parafrasando il più noto “Tre uomini in barca”, con un più sapido “Quattro ghiandoni in barchetta”. Dobbiamo infatti aggiornare la classifica del “Premio Fava Lessa 2003” nella quale sono balzati propotentemente in testa i quattro americani (la prepotenza evidentemente è una caratteristica nazionale) che hanno trovato una barchetta sul litorale della Foce, e, senza chiedere il permesso a nessuno (figuriamoci: ci sono abituati il mondo è loro no?) né tanto meno consiglio (figuriamoci se chiedono consigli a qualcuno) si sono avventurati con un guscio di noce in mare con il maestrale che tirava teso e portava fuori usando i remi trovati come pagaie. A nessuno di questi quattro geni, mantenuti dalle loro famiglie a studiare in Italia, è venuto in mente che il mare, anche se sembra piatto, può essere in discesa quando si va a vento, ma anche terribilmente in salita, quando si va controvento. Solo quando si sono trovati ad un quarto di miglio da terra e si sono accorti che non ce la facevano a rientrare sono riusciti con una enorme botta di culo (fortunelli) a agganciarsi modello grancio (in guisa di un granchio) all’ultima boetta di ormeggio prima che la corrente li facesse scapulare (oltrepassare) le acque interne del Golfo ponendoli nell’alternativa di una gioiosa traversata Elba – Isola del Giglio (prima terra utile sulla rotta del maestrale) o di mettersi la barca per cappellino appena incontrato il gobbione fuori porto e affogare come quattro gatti di piombo (e non chiedeteci di spiegare ad un americano cos’è il gobbione). Ma poiché come i tonni spesso le fave si muovono a branchi c’è da segnalare anche l’astuto comportamento di un gruppetti di connazionali, coetanei, e congitanti (cogitanti no, perché anche se l’Assessore non lo sa significa “pensanti”) vedendo quelli che si sbracciavano da largo in preda ad una cacarella collettiva, si sono messi a rispondere ai “saluti” dei compagni mattacchioni e li hanno pure fotografati mentre quelli, bastava perdessero la presa della boa e si ritrovavano al salto di categoria da fave lesse a fave in guazzo. Perché ci si accorgesse che i quattro “marinai” erano non solo in barca ma “in barchetta” (forte imbarazzo ) è dovuto passare dalla spiaggia un tedesco esponente di un popolo mediamente non molto fantasioso, ma con un po’ di sale in zucca sì. Sono scattati successivamente i soccorsi e i torzoli (sebbene non se lo meritassero) sono stati ricondotti a terra. Comprendiamo che come in questo ed in altri casi i codici della navigazione internazionale non prevedano che chi si ficca nei casini marittimi rifonda le spese sostenute da chi pubblico o privato deve provvedere ai recuperi, e ci rimette tempo, ore di lavoro, nafta e qualche volta rischia pure, ma almeno andrebbe inserito un “diritto di calcio nel culo” che dovrebbe essere esercitato da chi è costretto ad andare a salvare questi popo’ di torzoli marittimi.
barca sfondata