L’altra sera Benedetto Lupi stava parlando in pubblico e in qualche passaggio del suo discorso abbiamo rivisto rivisto suo padre. Nella nostra età più verde ci eravamo spesso “pizzicati” con Uberto, stavamo in due sinistre diverse: lui ci chiama “Il Matto delle Giuncaie” dileggiando la nostra irruenza con la colta citazione (per la giunta in carica: novella di Neri Tanfucio pseudonimo di Renato Fucini), noi replicavamo giocando su una certa sua pigrizia-snob definendolo:“Rivoluzionario Pantofolaio”. Ci fu una volta tra noi ed Uberto pure un’incidentello in consiglio comunale, nell’unica occasione in cui un manipolo di sciagurati ci elesse nell’empireo della politica Ferajese. Un giorno egli era impegnato in un intervento di critica all’amministrazione che noi sostenevamo, e stava procedendo per il 45° minuto della sua perorazione. Quando seguendo il filo della oratoria gli sentimmo pronunciare un minaccioso “E inoltre ..” foriero di un nuovo capitolo della filippica, tra lo sgomento e l’indignazione facemmo risuonare nella sala della Biscotteria, che ai giorni nostri dà albergo ad un vero brain-trust che tutto il mondo c’invidia, l’alta e irriverente protesta: “Professore ora c’hai rotto i coglioni!” Poi invecchiando eravamo diventati amici, sempre più amici, ed in particolare dopo che si era manifestata la sua malattia ci trovavamo spesso a chiacchierare della cosiddetta “Tonnara” tra le edicole sotto l’orologio, ci legava una visione del mondo sempre più vicina, e soprattutto il gusto per la battuta trasferita in politica. Pensavamo entrambi che il ridicolo uccidesse più di una coltellata e che che fosse di conseguenza più redditizio, in luogo di combattere apertamente, prendere per il culo i furbi interessati e gli sciocchi ambiziosi che si erano recentemente “buttati in politica”. Un giorno in Calata stavamo commentavando il fatto che non godesse buona salute un terzo amico, più destro, ma seguace della stessa filosofia, parlavamo di Aulo Gasparri che poi invece superò brillantemente la crisi e continua ancor oggi a somministrare il suo raffinato veleno. D’un tratto Uberto si fermò e, se possibile, tra l’irridente ed il pensieroso, disse in puro portoferraiese, lui che era davvero un maestro della lingua italiana: “Tardò.. Pungiglione sta male.. io so’ in queste condizioni .. cerca di aguantare duro te, sennò la sana razza delle “merde” in questo paese potrebbe anche estinguessi!” Ci proviamo, caro Uberto, a tenere duro, ci proviamo un giorno sì e l’altro anche, cerchiamo pure di vedere se qualche nuova “merda” riusciamo a coltivarla e farla crescere.
portoferraio consiglio comunale Uberto Lupi 1982