Leggo che all’Elba lo scoppio della guerra “ha praticamente cancellato la bassa stagione”. Che molti imprenditori temono che l’intero comparto turistico “rischi di crollare”. Che per questo alcuni di essi tifano Bush “perché riesca a concludere il più rapidamente possibile questa guerra, pena il disastro economico”. Capisco le preoccupazioni, anche se mi auguro vengano dopo quelle sulla sorte di tanta gente massacrata dalle bombe e dal “fuoco amico dei liberatori”. Capisco meno, però, il tifo per Bush e per le sue armate. Anche perché, lo dicono tutti, generali compresi, il dilemma “guerra breve o guerra lunga” non esiste: la guerra sarà lunga e difficile e nessuno può prevedere oggi quando e come finirà. E’ comunque prevedibile che devastanti saranno (lo sono già!) gli effetti ingovernabili che a catena tendono a destabilizzare l’intera regione e anche oltre. L’unica alternativa è fermarla subito questa guerra, che tanti danni e vittime ha già fatto e sta facendo. A cominciare dall’Onu e dall’Europa e poi le migliaia di morti e feriti, il rischio incombente di una catastrofe umanitaria, la distruzione indiscriminata di città, l’inquinamento ambientale e delle acque. Fra chi spera che Bush completi l’opera e chi chiede l’immediata sospensione del conflitto, io credo che tutti dovrebbero auspicarsi la seconda. Tifare per la pace, ecco ciò che dobbiamo fare e che dovrebbe fare un governo che non fosse corresponsabile e inetto. I governi che l’hanno voluta, hanno veramente sbagliato tutto e stanno compiendo disastri, compreso quello economico. Le previsioni erano quelle di una guerra rapida e di un abbassamento del prezzo del petrolio. Così non è e lo scenario volge chiaramente al peggio. Il problema, scrive Franco Bruni sulla Stampa, è che per ora l’azione degli angloamericani appare più come un’occupazione che come una liberazione dell’Iraq. Ciò significa costi più alti, più difficili da condividere con la comunità internazionale, come si era potuto fare nel 1991, proibitivi per i deficit pubblico ed estero statunitensi. Il dollaro e l’equilibrio finanziario mondiale potrebbero soffrirne gravemente. Il turismo, in questa situazione, può subire gravi contraccolpi, perché quando la gente ha paura non pensa a viaggiare e andare in vacanza, resta dov’è, in attesa di tempi migliori. Anche per questo occorre fermare subito questa guerra, almeno provvisoriamente, consentendo i necessari interventi umanitari, rilanciando il ruolo dell'Onu e riprendendo l'azione politica e diplomatica per il disarmo dell'Iraq e l’avvio di un processo di pace e di transizione democratica. Se qualcuno vuole tifare per Bush, anche solo pensando così di abbreviare il conflitto, lo faccia pure. Ma non credo sia questa la strada per andare in Paradiso. Per quella strada si può andare solo all’inferno: quello dei cristiani, come ha più volte ammonito il Papa, ma anche quello, più terreno, di un orrendo massacro di vite umane e di una crisi economica planetaria dalle conseguenze e dagli sbocchi imprevedibili.
carro armato