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L’altra faccia dell’isola

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 17 gennaio 2006

Il cielo invernale è pieno di nuvole grigie e quasi si confonde con il mare. L’aria è calma, senza un briciolo di vento, in un’immobilità che è quasi surreale. Il mare è il termine di paragone e il limite ultimo di tutto, una presenza costante e familiare, una linea d’orizzonte rassicurante e, al tempo stesso, inquietante, indispensabile per ritrovare ogni volta la propria identità, misurare le certezze che subito, però, vacillano e si perdono nel blu oltremare dell’infinito. L’irrequietezza dei giovani che vogliono partire e la consapevolezza dei grandi che desiderano restare. Perché qui si trova l’essenza stessa della vita, tra cormorani a pelo d’acqua e gabbiani in picchiata, tra il groviglio di vecchi tetti muschiati dal tempo e di case color del tramonto, tra le antiche mura dove solo i gatti randagi, pigre sentinelle, mollemente fanno la ronda. Nelle campagne i fumi del caminetto, l’odore del fuoco e della resina dei pini e il rumore di fondo dei tagliaerba. Dai muretti a secco il giallo delle limonaie rallegra un paesaggio scheletrito di rami spogli e il profumo di nepitella invade l’aria. La campagna che si mischia con il mare. Le barche immobili al largo che pazientemente aspettano il pesce. Ecco, la pazienza forse è una dote che aiuta chi vuole restare in un’isola, la pazienza che non è rassegnazione, ma è premessa di qualcosa di migliore che deve ancora arrivare, con calma, aspettando sospesi tra cielo e mare.


Cielo plumbeo sul mare

Cielo plumbeo sul mare