L'ultima notizia "elbana" di rilievo del 2005 e la prima di rilievo del 2006 portano lo stesso segno, e non è un bel segno. Abbiamo chiuso l'anno rivelando (insieme al Tirreno) che un signore incarcerato per il sospetto che sia un boss della malavita deteneva notevoli proprietà immobiliari (ora sequestrate) all'Elba (per altri la notizia non era molto importante), lo apriamo con la cronaca di un atto (l'incendio delle Foci) che almeno per stile e modalità di esecuzione non si discosta dall'agire dei mafiosi. Basta quindi la cronaca degli ultimi quattro giorni per capire una cosa molto importante, per digerire un concetto: "L'Elba non è Gioia Tauro ma neanche Lugano". Dovrebbe bastare, la cronaca delle ultime ore, per zittare almeno per un poco il patriottardo coro dei paladini dell'onore del sacro campanile elbano offeso, e come moratoria per le sentenze degli "esperti" che continuano pontificare ed a smenarcela con la "microcriminalità come vero problema elbano"; micro, direbbe Guccini, ma un par di quaglioni, signora! La verità con tutta evidenza è che gli elbani devono convivere con fenomeni prima sconosciuti come questi "messaggi incendiari". I camion della STEE non sono i primi che vanno a fuoco: ha inaugurato la serie non molti mesi fa un autocarro dolosamente bruciato a Lido di Capoliveri, un altro che ha subito lo stesso trattamento a Casa del Duca, è stata poi la volta di un'auto in Via del Carmine in pieno centro (e là si rischiò un incendio che avrebbe coinvolto persone), nel mezzo un rogo di auto (tre) anomalo appiccato da alcuni giovani fessacchiotti in vena di bravate a Capoliveri (l'unico caso, ci pare, risolto). Certo, ha ragione la Fondazione Caponnetto: oggi siamo al salto di qualità, ma i segnali inquietanti c'erano già stati. E preso atto con rima baciata che questa non è più l'isoletta verde e blu del tempo che fu, occorre agire di conseguenza, che significa per gli elbani vigilare, vigilare, vigilare. Vigilare sulle persone con cui si fanno affari perchè non è vero che il denaro non ha odore, ci sono capitali che puzzano di marcio lontano un miglio; Vigilare sui conti che non tornano, su fortune troppo improvvisate, su aziende che stanno in piedi a dispetto dei santi e soprattutto del mercato, esse sono un cancro sociale ed economico; Vigilare su noi stessi sul nostro individuale rispetto della legalità, convincendoci tutti che aggirare anche un po' la legge non è da furbi è una piccola disonestà, e di piccole disonestà le grandi disonestà hanno bisogno come dell'acqua i pesci. Non ci sono altre vie, non ci sono scorciatoie per "difendere l'immagine dell'Elba" se non agire quotidianamente dalla parte della legalità, con consapevolezza (non allarmismo) con impegno (non facendo crociate) e con equilibrio anche di fronte a questi fatti, che a qualcuno gelano il sangue a qualcun altro lo fanno ribollire. I mafiosi grandi e piccoli si battono appunto con un costante equilibrato coraggio, tenere pulita quest'Isola è possibile.
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