Il Piano Strutturale del Comune di Campo nell’Elba pare in netta contraddizione con il Piano Territoriale di Coordinamente della Provincia di Livorno e con la Legge Regionale 5/95, Norme per il governo del territorio, infatti, il Piano si sviluppa con previsioni di massiccia cementificazione del territorio che ignorano l’art.5 della suddetta legge ed in particolare il comma 5 che prescrive: “Nuovi impegni del suolo a fini insediativi e infrastrutturali sono di norma consentiti quando non sussistono alternative al riuso e riorganizzazione degli insediamenti e infrastrutture esistenti. Devono comunque concorrere alla riqualificazione dei sistemi insediativi e degli assetti territoriali nel loro insieme ed alla prevenzione e recupero del degrado ambientale” Il Piano Strutturale è costruito sulla base di una previsione di crescita trentennale della popolazione valutata in 900 abitanti e con una presunto fabbisogno di alloggi odierno di 659 alloggi. Il Piano Strutturale prevede una massiccia edificazione di 480.000 metri cubi per un numero di 1500 nuove abitazioni. Formare le previsioni del Piano sulla base di un enorme sviluppo demografico (circa il 20% di crescita prevista), che non trova riscontro nella realtà del Comune di campo nell’Elba, dell’Elba, della Provincia di Livorno, della Toscana, e dell’Italia, pare un escamotage per giustificare una massiccia cementificazione del territorio. Infatti la popolazione del Comune di Campo nell’Elba dal 1951 al 2001 ha avuto un incremento di soli 98 abitanti ma un calo di 110 abitanti rispetto al 1982. Ma anche questo molto più contenuto ed oscillante incremento della popolazione non giustificherebbe le previsioni del Piano in merito alle prime case: infatti la crescita della popolazione è il frutto non di un reale incremento della natalità ma delle residenze di comodo (causa agevolazioni ICI, tariffe, tasse, ecc.) di coloro che risiedono a Campo nell’Elba per pochi mesi all’anno o di immigrazione per lavoro da parte di persone che hanno in grandissima parte già soddisfatto le loro esigenze abitative. L’esigenze di prima casa sono del resto grandemente soddisfatte da un Piano di Edilizia Economica e Popolare già fortemente sovradimensionato che prevede la costruzione di ben 100 mila metri cubi di nuovi appartamenti. Ben 264 case sparse in tutto il territorio, una cementificazione che, con servizi e parcheggi raggiungerebbe circa 170.000 metri quadrati. Le esigenze di prima abitazione previste dal PEEP appaiono esagerate e non corrispondono certamente alla reale situazione del Comune di Campo nell’Elba, un territorio già pesantemente provato dalla speculazione edilizia, dalla presenza massiccia e prevalente di seconde, terze e quarte case e nel quale le emergenze abitative sono limitate e facilmente individuabili. Non si può usare anche il PEEP per favorire una nuova ed indiscriminata espansione urbanistica, occorre un’attenta analisi del PEEP per individuare le giuste esigenze di prima casa da soddisfare. E’ evidente che l’ emergenza abitativa esistente nel comune è costituita realmente da persone con scarse disponibilità economiche o da giovani coppie che, comunque, non sono quasi mai i proprietari dei terreni interessati dalle previsioni del Piano Strutturale e che non avrebbero le risorse per costruirsi una casa agli altissimi costi di acquisto del terreno e di costruzione correnti, il Piano Strutturale rischia di non dare soddisfazione proprio a questi limitati casi che hanno realmente bisogno della prima casa e sembra molto più verosimilmente rivolgersi a famiglie e componenti di famiglie che hanno già case di proprietà ed a volte ne dispongono di più di una e le utilizzano per il mercato estivo degli alloggi per turisti. In particolare sono preoccupanti le previsioni per l’U.T.O.E. 5 C, un’area di oltre 200 Ha tra la piana di Campo e la Pila e delimitata a monte dalla strada “pedemontana” che si vorrebbe realizzare. Se si prevede una volumetria presunta assai estensiva e che “le nuove edificazioni potranno essere autorizzate solo previa stipula dì apposita convenzione con l’Amministrazione Comunale .” con la cessione “di norma” deI 50% del territorio impegnato, nell’ipotesi, minima di 4 nuove unità immobiliari di 170 mq per Ha., su uno o due piani, con lotto minimo di 2500 mq., si ha una capacità insediativa di 400.000. mc eccedente di oltre 100.000. mc. le quantità necessarie a soddisfare il fabbisogno dichiarato dal Piano Strutturale. Le volumetrie previste nelle rimanenti “aree di frangia” risultano aggiuntive rispetto al fabbisogno dichiarato dal Piano. Il Piano Strutturale prevede una crescita enorme ed ingiustificata delle aree edificabili con un eccesso di superfici e di aree non strettamente utili, che consentirebbe una cementificazione del territorio comunale insostenibile. Inoltre, la prescrizione che prevede “di norma” la cessione del 50% dell’area, è preoccupante per la discrezionalità che introduce nei rapporti tra i cittadini e l’Amministrazione Comunale. Il Piano Strutturale prevede indiscriminatamente nuovi volumi e edificatoni in terreni oggi classificati agricoli, proponendo la distruzione del paesaggio agrario residuo, mentre lo sviluppo sostenibile e duraturo viene genericamente citato nel Piano ma mai realisticamente posto in essere con misure precise. Al contrario, il Piano Strutturale appare come uno strumento urbanistico superato che ripropone un vecchio modello di sviluppo che mostra evidenti segni di crisi, in contrasto con quanto previsto dal più moderno e meditato Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Livorno, con il Piano dei Porti e degli Approdi Turistici della Regione Toscana, con le norme sulle Aree a Pericolo elevato di Frana e di esondazione, ma le sue previsioni collidono anche in maniera fortissima con la presenza del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e con la legge 394/91 e il Decreto del Presidente della Repubblica che istituisce il Parco Nazionale e fissa le norme di salvaguardia. Un Piano Strutturale che non tiene conto della adozione in itinere del Piano del Parco e del Piano Pluriennale Economico e Sociale e che, anzi, tende a vanificare con le sue previsioni un corretto uso del territorio dell’Area Protetta del SIC Monte Capanne-Enfola e della ZPS di Pianosa,. Un Piano Strutturale che va quindi radicalmente rivisto, abbassando drasticamente indici e previsioni urbanistiche esagerati ed azzerando opere inutili, dannose e di insostenibile impatto economico e ambientale. Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano Il Piano sembra ignorare e sminuire la presenza su gran parte del territorio del Comune di Campo nell’Elba del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, ignorandone spesso i vincoli e il Piano del Parco in via di approvazione, ma soprattutto quella del sito di Interesse Comunitario (SIC) di Monte Capanne e promontorio dell’Enfola (SIR 58 IT5150012) che occupa tutto il versante sud occidentale del Comune e dalla Zona di Protezione Speciale (ZPS) dell’Isola di Pianosa, che è anche un SIC (SIR 59 IT5150013) le due aree sono comprese nella Rete Natura 2000. Per questo invitiamo l’Amministrazione Comunale a soprassedere da qualsiasi previsione relativa alle aree protette dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano contenuta nel PEEP, nel cosiddetto Piano Spiagge e nel Piano Strutturale, e riteniamo “utile stabilire una salvaguardia generale che limiti la possibilità di intervenire su immobili esistenti con le metodologie del restauro, della manutenzione ordinaria e straordinaria, della ristrutturazione edilizia D1 o leggera, rinviando al Parco la specifica normativa di intervento su tali aree” in attesa dell’approvazione del Piano del Parco, così come indicato dalla Provincia di Livorno nella Delibera 130 del 1/10/2001 e dallo stesso Ente Parco nelle prescrizioni al Piano Strutturale di Portoferraio che il Comune di Portoferraio (e successivamente quelli di Marciana Marina e Marciana che hanno accolto le osservazioni in tal senso di LEGAMBIENTE) ha recepito. Questo vale ancor più per l’Isola di Pianosa protetta, oltre che dal Parco Nazionale e dal D.M. che istituisce l’area marina protetta, anche da una Zona di Protezione Speciale e dove addirittura il Piano Strutturale propone di creare un aeroporto, un porto (vedi attrezzature sovracomunali) non previsto dal Piano dei Porti e degli approdi turistici della Regione Toscana, uno stabilimento balneare e punti blu; ipotesi che vanno nettamente respinte per il loro fortissimo impatto ambientale su un ambiente unico e delicatissimo e che contrastano con i vincoli imposti dal Decreto del Presidente della Repubblica che istituisce il Parco Nazionale, con la legge 393/91 e successive modifiche, con le direttive europee per la salvaguardia di SIC e ZPS. In relazione a quanto sopra scritto si evidenziano alcune incongruenze e previsioni inaccettabili riscontrate nel Piano Strutturale: Fetovaia In questa UTOE sono previste aree di insediamento intensivo, esterne ai centri storici dotate di adeguate infrastrutture. Non è chiaro se il Regolamento Edilizio potrà prevedere una saturazione edilizia. Il Piano Strutturale non definisce le unità abitative previste, i metri cubi per nuove edificazioni e recupero del patrimonio edilizio. Fetovaia ha già subito una notevole cementificazione, fatta di seconde case o strutture alberghiere, già fortemente eccedente rispetto all’esiguo numero di residenti. Vi è comunque un equilibri paesaggistico che va salvaguardato non aggiungendo nuove costruzioni o ampliamenti da immettere sul mercato delle seconde case. Si richiede di trasformare l’area come UTOE 5 B, ovvero area di insediamento diffuso. - E’ previsto un ambito UTOE 5 C di frangia oltre il Fosso del Canaletto e lungo la strada provinciale per Pomonte. L’area è in parte compresa nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, il cui perimetro intorno a Fetovaia non è rintracciabile sulla Tavola 1 dei sistemi territoriali. La possibilità di nuove edificazioni in questa zona destinando il 50% ad opere di urbanizzazione ed infrastrutture porterebbe il perimetro dell’abitato in una zona attualmente a vincolo paesistico-ambientale in gran parte compresa nel perimetro del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano,. Anche l’impianto di depurazione fognario è previsto in un’area ricadente nel perimetro del PNAT. Si invita l’Amministrazione Comunale a rinunciare ad ogni previsione che riguardi il territorio del Parco Nazionale Seccheto, Vallebuia, Cavoli, Colle Palombaia Anche in queste località si prevedono aree di frangia che consentirebbero una massiccia cementificazione del territorio intorno agli abitati. A Seccheto è prevista un’ampia zona di frangia in una zona ad elevata pendenza, ad est del Fosso di Vallebuia e compresa nel perimetro del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, dove le nuove costruzioni sarebbero realizzabili solo con grandi sbancamenti. Tutto questo in aperta violazione dei vincoli del PNAT, della legge 394/91 e del DPR istitutivo del Parco. Le stesse osservazioni valgono per l’ UTOE 5 B tra la strada provinciale e il campo sportivo in una zona interamente compresa nel perimetro del PNAT. per il suo elevato valore ambientale e paesaggistico sul crinale tra il golfo di Seccheto e quello di Cavoli. Anche in località Vallebuia l’UTOE 5 B si estende almeno per il 50% in una zona compresa nel PNAT. Non è pensabile un’ulteriore edificazione in Vallebuia, valle a destinazione eminentemente agricola. Queste previsioni contrastano nettamente anche con quanto previsto dal Piano del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano in via di adozione. SIC, ZPS, IBA Lo stesso criterio di salvaguardia precauzionale pensiamo debba essere tenuto per il territorio comunale incluso nel Sito di Interesse Comunitario Monte Capanne Promontorio dell’Enfola (anche in relazione alle ipotesi di nuove costruzioni nelle UTOE che sono in gran parte ricompresse nel SIC), se non si andrà immediatamente ad una puntuale definizione del SIC nel Piano Strutturale ed all’accoglimento dei vincoli nelle norme tecniche. Si ricorda che l’individuazione del SIC è stata effettuata nel progetto Bioitaly; successivamente, con la L.R. 56/2000, è stato individuato come Sito di Importanza Regionale (SIR 58 IT5150012): L’elenco dei siti individuati nel progetto Bioitaly è stato approvato con Deliberazione del Consiglio Regionale n. 342/1997. E’ evidente, per le precise misure di salvaguardia relative ai Siti di Interesse Comunitario, che occorre definire con certezza nel Piano Strutturale i confini del SIC nel territori comunale. Va ricordato che l’Unione Europea ha avviato numerosi procedimenti di infrazione Amministrazioni Comunali e Governi che hanno posto in atto strumenti che non rispettavano i vincoli imposti dalla presenza di Siti di Interesse Comunitario e Zone di Protezione Speciale, quindi ogni intervento andrà commisurato ai vincoli del SIC e della ZPS imposti dall’Unione Europea. Infatti, la Direzione per la Conservazione della Natura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio scrive nel documento NATURA 2000 ITALIA: “Natura 2000 è una rete di aree destinate alla conservazione della biodiversità sul territorio de/l’Unione Europea. istituita dall’art. 3 della direttiva 92/43/CEE de l2l maggio 1992 per “la conservazione degli hababit naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche” (direttiva Habitat). Tali aree denominate ZSC (Zone Speciali di Conservazione e ZPS (Zone di Protezione Speciale) nel loro complesso garantiscono la presenza, il mantenimento e/o il ripristino di habitat e specie del continente europeo, particolarmente minacciati di frammentazione e di estinzione. in particolare le ZPS sono definite dalla precedente direttiva 79/409/CEE per la conservazione di aree destinate alla tutela degli habitat delle specie di avifauna minacciate, denominata “direttiva Uccelli” Al di là del numero e della tipologia degli organismi protetti. la rete Natura 2000 permette agli Stati membri di applicare il concetto innovativo di tutela della biodiversità riconoscendo l’interdipendenza di elementi biotici, abiotici e antropici nel garantire l‘equilibrio naturale in tutte le sue componenti. La rete Natura 2000 è attualmente costituita dalle Zone di Protezione Speciale (Pianosa n.d.r.) e dall’insieme dei Siti di Interesse Comunitario proposti (pSIC) alla Commissione Europea dagli Stati membri (Massiccio del Capanne n.d.r.). I due tipi di aree, SIC e ZPS, possono essere distinte o sovrapposte a seconda dei casi. Sulla base di Sulla base di sentenze della Corte di Giustizia europea contro alcuni stati membri (Spagna, Francia e Regno Unito), i Sic debbono essere tutelati anche prima della loro designazione come ZCS, almeno impedendone il degrado. Infatti, secondo i principi del Trattato dell’Unione non è possibile che uno stato proponga da una parte dei siti per l’inclusione in Natura 2000 e dall’altra attività che danneggiano i valori naturalistici per i quali i siti sono stati identificati. L’art. 10 del Trattato afferma che ogni Stato membro è tenuto ad adottare tutte le misure di carattere generale e particolare volte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi determinati dagli atti delle istituzioni della Comunità. Anche in assenza di misure di trasposizione o di applicazione di specifici obblighi posti da una direttiva, le autorità nazionali devono adottare tutte le misure possibili per raggiungere gli obiettivi perseguiti dalla direttiva. Essi devono astenersi dal prendere misure suscettibili di compromettere gravemente la realizzazione del risultato che la direttiva prescrive, pena l’apertura di procedure a carico degli Stati membri e, per il principio della sussidiarietà, delle singole Amministrazioni regionali”. Inoltre, si ricorda che l’intero territorio elbano e Pianosa sono identificate come IBA (Important Bird Area) per le quali l’Unione Europea ha stabilito che si applichino gli obblighi previsti dalla Direttiva “Uccelli”. Valutazione di incidenza per SIC, ZPS e IBA Tutto quanto sopra scritto è in evidente contrasto con le previsioni del Piano Strutturale di Campo nell’Elba che non tiene alcun conto di SIC, ZPS e IBA. Eppure queste misure di tutela del territorio dovrebbero incidere fortemente sulla stesura di un Piano Urbanistico e sulla sua futura applicazione. “L’art 6 della direttiva “Habitat” e l’art. 5 del D.P.R. di attuazione 0.357 prevedono che ogni piano o progetto che possa avere incidenze significative su un Sito di Interesse Comunitario debba formare oggetto di una opportuna valutazione d’incidenza che tenga conto delle specifiche caratteristiche e degli obiettivi di conservazione del sito stesso. Riguardo al campo geografico di applicazione, la necessità di redigere una valutazione d’incidenza non è limitata ai piani e ai progetti ricadenti esclusivamente nei territori proposti come siti Natura 2000, ma anche alle opere che, pur sviluppandosi al di fuori ditali aree, possono comunque avere incidenze significative su di esse. La valutazione infatti deve essere interpretata come uno strumento di prevenzione che analizzi gli effetti di interventi localizzati non solo in modo puntuale ma soprattutto, in un contesto ecologico dinamico, considerando le correlazioni esistenti fra i vari sui ed il contributo che ognuno di essi apporta alla coerenza globale della struttura e delle funzione ecologica della rete Natura 2000. Inoltre, l’art. 6 prevede che un piano o un progetto possa essere realizzato per i siti caratterizzati da habitat e specie non prioritari, nonostante conclusioni negative della valutazione d’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, solo per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica: in questo caso lo Stato Membro deve adottare ogni misura compensativa necessaria per garantire la tute la della coerenza globale della rete Natura 2000. Se il sito in causa è un sito in cui si trovano un tipo di habitat o di specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente o, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico. La valutazione d’incidenza deve essere realizzata dal proponente del progetto o del piano e presentata alla Regione interessata; essa ha lo scopo di identificare le possibili incidenze negative per il sito ri guardo agli obiettivi di conservazione del medesimo. tentando, in applicazione del principio di prevenzione, di limitare l’eventuale degrado degli habitat dell’allegato 1 e la perturbazione delle specie dell’allegato 2 per cui il sito in esame è stato designato; ciò anche al fine di evitare l’apertura di procedure d’infrazione da parte della Commissione Europea. Nel caso si tratti di progetti di carattere interregionale, o nel caso in cui la Regione è il soggetto proponente, l’Autorità competente a valutare la relazione d’incidenza è quella nazionale. Essa deve inoltre essere opportunamente documentata e motivata così da costituire un riferimento di base per la successiva fase decisionale: l’analisi attenta delle in formazioni riportate nel formulano di identificazione del sito rappresenta il primo passaggio sostanziale per la comprensione degli obiettivi di conservazione e consente il mantenimento della coerenza ecologica della rete Natura 2000. Un’adeguata valutazione d’incidenza richiede che si considerino eventuali effetti congiunti di altri piani o progetti per valutare gli impatti cumulativi che spesso si manifestano nel tempo. Inoltre è opportuno considerare le possibili misure di attenuazione e le soluzioni alternative per limitare le incidenze che il progetto può avere sul sito in esame compromettendone l’integrità strutturale e funzionale. La valutazione d’incidenza, se corretta mente realizzata ed interpretata, diviene quindi uno strumento finalizzato alla sicurezza procedurale e sostanziale che con sente di raggiungere un rapporto equilibrato tra conservazione soddisfacente de gli habitat e delle specie ed uso del territorio: essa, incoraggiando a gestire in maniera sostenibile i siti Natura 2000, rappresenta un elemento chiave di attuazione del principio dell’integrazione dei fattori ambientali nella pianificazione e nell’esecuzione delle azioni previste per numerosi settori economici e sociali, Nel caso in cui l’opera in esame, ricadente in un sito Natura 2000, rientri nella categoria di interventi che debbono essere assoggettati alla Valutazione d’Impatto Ambientale, tale procedura può essere esaustiva, e quindi può non essere necessaria la valutazione d’incidenza, solo se comprende gli elementi specifici che identificano le possibili incidenze negati ve per le specie e gli habitat per le quali il sito è stato designato riguardo agli obiettivi di conservazione degli stessi: se invece tali elementi non sono valutati nell’analisi di VIA,, è necessario redigere ex novo una appropriata valutazione d’incidenza”. Si invita il Comune a recepire nel Piano Strutturale e nel Regolamento Urbanistico quanto sopra scritto dalla Direzione per la Conservazione della Natura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio nel documento NATURA 2000 ITALIA. Le indicazioni sulla metodologia procedurale e sui contenuti per la corretta realizzazione della valutazione d’incidenza sono riportati nel sito Internet della Commissione Europea, DG Ambiente all’indirizzo http://europa.eu.int/comm/environment/eia/home.htm, più esattamente nel documento “LA VALUTAZIONE DI PIANI E PROGETTI CHE POSSONO AVERE INCIDENZE SIGNIFICATIVE SUI SITI NATU:RA 2000- Guida metodologica alle indicazioni dell’art.6 commi 3 e 4 della direttiva “Habitat” 92/43/CEE.” Aree Naturali Protette di Interesse Locale Il Piano Strutturale propone la realizzazione di tre Aree Naturali Protette di Interesse Locale (A.N.P.I.L): Punta do Fetovaia, Monte Capanne Fascia sistema SIB e Monte Tambone. Due delle A.N.P.I.L. non sono realizzabili in quanto inserite nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e le previsioni del Comune non paiono ben meditate. Infatti, la legge 394/91 prevede addirittura il contrario: All’articolo 22 comma 5 è scritto: “Non si possono istituire aree protette regionali nel territorio di un parco nazionale o di una riserva naturale statale”, quindi non certamente A.N.P.I.L. che sono aree protette riconosciute dalla Regione su proposta degli Enti Locali. Anche per quanto riguarda l’ANPIL di Monte Tambone che verrebbe realizzata ai confini del Parco Nazionale (si fa notare nelle tavole del P-S. un perimetro errato del PNAT, che comprenderebbe tutto il territorio dell’ANPIL) sarebbe meglio che il Comune trasformasse questa previsione in una richiesta alla Regione di istituzione di un’Area Contigua al Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano così come contemplata dall’articolo 32 della legge 393/91, si otterrebbero così gli stessi risultati previsti dal Comune (caccia solo per i residenti) e non si aggiungerebbe alla presenza del Parco Nazionale e di un SIC, con una forma di protezione minore che troverebbe scarsa giustificazione dal punto di vista ambientale e sarebbe difficilmente gestibile. Aree esondate ed a pericolosità idraulica elevata La stessa disattenzione viene posta dal piano per le aree a pericolosità di inondazione elevata e molto elevata che il Comitato Tecnico di Bacino “Toscana Costa” della Regione Toscana ha individuato, nell’ambito dell’applicazione della Legge n.167 del 3/8/1998. Tali aree sono localizzate in corrispondenza alla “Pianura di Marina di Campo: area ad elevata pericolosità di esondazione che interessa parte del centro abitato di Marina di Campo nonché l’area del campeggio, in sinistra idrografica del Fosso Alzi. Estesa area ad elevata pericolosità idraulica compresa fra Fossi della Galea e della Pila, con limitate condizioni di rischio connesse con la scarsità di elementi antropici esposti” (fonte: Piano del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano) e che sono puntualmente sondate il 4 settembre 2002 provocando gravi danni; a queste vanno aggiunte le aree di Seccheto e Fetovaia esondate nell’estate 2002. Il Capoluogo del Comune, Marina di Campo, si è sviluppato nel dopoguerra occupando una zona paludosa e un’area dunale. E si vede: frequentissimi allagamenti, anche il 4 settembre con lo straripamento del fosso Votabotte e l’allagamento di Via Vespucci. Nell’estate 2001 LEGAMBIENTE aveva denunciato con forza il restringimento dell’alveo e della foce del fosso della Galea che sbocca in una zona con una forte concentrazione di campeggi. Nel tratto terminale del fosso, oltre a lavori di rettifica, era stato anche realizzato un parcheggio che si spingeva dentro l’alveo. Nella primavera 2002 avevamo contrastato l’autorizzazione del Comune di Campo nell’Elba a far costruire, in un’area ad elevato rischio idraulico, un impianto per Go Kart. Il 4 settembre 2002 il fosso della Galea è straripato e si è portato via il parcheggio e danneggiato la pista e le strutture del Go Kart. Ma è l’intera piana tra la Pila e la Foce, una antica zona umida almeno fino agli anni 50/60, (che ospita anche l’aeroporto) ad essere stata occupata da strade, mega-antenne per la telefonia, svincoli, parcheggi costruiti in aree paludose… E' d'altra parte sorprendente come sia stato trattato tutto l'argomento riguardante le problematiche geologiche e idrologico-idrauliche, indagini che non si traducono in Tavole rappresentanti i luoghi da salvaguardare per pericolosità rilevate, e di precauzioni da prendere luogo per luogo, espesse attraverso Norme. Non sono indicate le precauzioni che (con indicazioni cartografiche) dalle indagini avrebbero dovuto esser suggerite lungo e a lato di tutti i corsi d'acqua, nonché in corrispondenza e sull'intorno di frane in atto e quiescenti, di fratture, ecc. Poiché tutto il territorio dell'Elba è una rarità ben nota anche per l'alta complessità geologica e idrogeologica (che è alla base della unicità e del valore dei paesaggi e dell'ambiente elbano) le indagini fin qui svolte avrebbero dovuto dar luogo, già in sede di Piano Strutturale, a vere Norme, precisanti tra l'altro (in funzione degli Atti di pianificazione successivi) i criteri e metodi da adottare sia nelle ulteriori, particolareggiate indagini da svolgere, sia nella definizione di più particolareggiate Norme. Pertanto, parti essenziali del Piano Strutturale devono essere rivedute, anche alla luce di quanto recentemente successo, tutte le previsioni contenute nel Piano Strutturale che riguardano nuove edificazioni e realizzazioni di infrastrutture in queste aree ad elevata pericolosità e di nuove e recente esondazione ed a rischio di frana. interporto Invece, è proprio qui e nelle zone limitrofe (UTOE 4 Attrezzature logistico Produttive) che il Piano strutturale prevede un inutile interporto con migliaia di metri quadri di asfalto, nuove opere stradali, un’area adibita a sosta camper, e nuova edificazione diffusa che prevede circa 10.000 mq di superficie coperta per impianti produttivi che non comprendono “le volumetrie da assegnare alla struttura dell’interporto, per la quale ogni tipo di previsione è rinviata al R.U.”. In particolare la realizzazione di un interporto per camion non ha nessuna validità per un piccolo paese come Marina di Campo, si rivolge (come del resto quasi tutte le infrastrutture previste) alla risoluzione di problemi di traffico che esistono davvero solo per 15 giorni all’anno e propone una soluzione “autarchica”, che avvicinerebbe ugualmente il traffico pesante al paese ed aumenterebbe in maniera esponenziale il piccolo traffico tra l’interporto e le frazioni, creando ulteriori disagi alla circolazione esattamente nel tratto che si vorrebbe decongestionare. Forse un interporto avrebbe senso a livello elbano, magari a Portoferraio, non certo come servizio per un solo Comune ed a ridosso di uno dei centri turistici maggiori. viabilità Il Piano Strutturale prevede una nuova strada “pedemontana” che dovrebbe partire dall’incrocio della nuova tangenziale della Pila, lambire l’area industriale, piegare verso sud connettendosi e scambiandosi con una rotonda con l’attuale strada che dalla Pila arriva a Sant’llario e prosegue per un tortuoso itinerario fino ad innestarsi sulla strada per Cavoli e l’anello occidentale. Se realizzata, la “pedemontana risulterebbe un’opera con un fortissimo impatto ambientale e paesaggistico; il suo percorso sembra dettato più dall’obiettivo di raggiungere nuove aree edificabili che dalla ricerca di una minimizzazione dell’ impatto sul territorio, il percorso non garantisce nemmeno efficacia dal punto di vista della viabilità. L’ipotesi di percorso della “pedemontana” non è sostenuta da studi dei volumi di traffico e da un Piano Urbano del Traffico serio; è un’altra delle opere che serve esclusivamente a risolvere un problema che si presenta solo in agosto; risulta sovradimensionata rispetto ai problemi che si dice di voler affrontare e con costi di realizzazione elevatissimi. Si invita l’Amministrazione Comunale ad individuare soluzioni meno impattanti sull’ambiente ed il paesaggio, meno lunghe e tortuose, meno costose da realizzare e più efficaci per lo smaltimento del traffico estivo ed il suo allontanamento da centro abitato di Marina di Campo. La viabilità minore viene identificata da una tavola del piano strutturale, prevede una ragnatela di strade nel comparto territoriale di Marina di Campo. La rete di nuove strade è pensata a servizio di aree di nuova edificazione e sembra convergere su una nuova viabilità che s’inerpica in fortissima pendenza attraverso aree di elevato valore ambientale e praticamente disabitate, un itinerario tortuoso che sale fino alle Coste Grandi, per poi dirigersi, con pendenze ripidissime, alla spiaggia di Galenzana, spingendosi fin dentro il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano ed interferendo pesantemente con il SIC Monte Capanne. L’impatto ambientale su una costa di altissimo pregio ambientale e paesaggistico sarebbe devastante ed ingiustificabile. L’itinerario proposto per raggiungere da sud Galenzana, tortuoso, prolungato immotivatamente fino a Coste Grandi e con fortissime pendenze appare assolutamente immotivato dal punto di vista della viabilità e dell’impatto ambientale, in netto contrasto con la tutela prevista dal Piano del Parco per Galenzana. Una previsione inutile e dannosa che va stralciata e cancellata dalle previsioni del Piano Strutturale. Porto Turistico di Marina di Campo Il Piano Strutturale prevede un porto turistico all’esterno dell’attuale porto, con costruzione di nuove strade, si dice anche in galleria. L’ipotesi di un porto da 750 barche è inaccettabile dal punto di vista ambientale e paesaggistico e devasterebbe irrimediabilmente una costa fragilissima. Questo porto sorgerebbe esattamente di fronte alla magnifica spiaggia di Galenzana ed ai confini del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e del SIC di Monte Capanne-Enfola. Contro questa disastrosa ipotesi negli anni passati si sono espressi i cittadini di Marina di Campo, le Associazioni ambientaliste ed alcune forze politiche che oggi fanno parte della maggioranza e della minoranza del Comune di Campo nell’Elba. Infatti, il Porto non è contemplato nel Piano Regionale dei Porti e degli Approdi Turistici della Regione Toscana; la stessa Regione ha respinto negli anni passati questa ipotesi, indicando nel recupero dell’area portuale di Marina di Campo e nella realizzazione al suo interno di un approdo turistico la soluzione che ci trova completamente d’accordo. Tutela dei beni archeologici Il Comune di Campo nell’Elba ha un patrimonio storico-culturale enorme, con circa 30 emergenze censite, molte delle quali all’interno o nelle immediate vicinanze dei centri abitati di Marina di Campo, San Piero, Sant’Ilario, Seccheto, Cavoli, Pomonte, (vedi cartografia allegata al Piano del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano), alcune sono comprese in UTOE dove il Piano Strutturale prevede nuove costruzioni ed ampliamenti, si invita ad inserire nel Piano Strutturale norme di salvaguardia e tutela per i beni archeologici e storici del Comune ben più efficaci e puntuali di quanto genericamente contenuto nelle Norme Tecniche, noi suggeriamo di inserire nel Piano Strutturale e nel Regolamento Urbanistico le seguenti frasi: “Chiunque, pubblico o privato, in regime di DIA o autorizzazione o concessione, debba incidere il sottosuolo dei centri storici o delle aree censite quali emergenze archeologiche, onde evitare la possibile dispersione o distruzione di dati storico-archeologici importanti o determinanti per la ricostruzione della storia di Marciana, è tenuto a incaricare un archeologo di sua fiducia e di comprovata esperienza con la qualifica di docente universitario o ricercatore CNR o direttore di scavo su concessione ministeriale o professionista con specializzazione post laurea o professionista laureato con almeno 3 anni di tirocinio presso Istituti scientifici o professionista laureato operante presso cooperativa archeologica riconosciuta da Soprintendenza per i Beni Archeologici. L’archeologo incaricato si assumerà la responsabilità del controllo degli scavi. Ove da questi ultimi emergano cose di interesse storico-archeologico di cui all’art. 2 del Decreto Legislativo 29 ottobre 1999 n. 490, l’archeologo incaricato dovrà farne denuncia entro ventiquattro ore al Soprintendente o al Sindaco ovvero all’Autorità di pubblica sicurezza, ai sensi dell’art. 87, 1 del suddetto D. Lgs., per i provvedimenti del caso”. Definizione dei criteri di utilizzazione degli arenili con formazione di punti di ormeggio e modifica del P.D.F. vigente nel rispetto della “Direttiva Regionale per la Fascia Costiera” n° 47/90 Le condivisibili premesse contenute nella Relazione di “riduzione della pressione sulla costa” ci paiono ampiamente contraddette dalle previsioni della Variante, così come quanto proposto non ci pare confermare “gli indirizzi generali del PIT per la riqualificazione complessiva dei valori della Toscana turistico. agricola e per il riequilibrio costa-entroterra”. L’impressione netta è che, partendo da promesse e dati condivisibili, si approdi a scelte che niente hanno a che fare con il riequilibrio economico ed il recupero di errori e ritardi nell’uso sostenibile del territorio e delle risorse, anzi si ripropone il modello di sviluppo turistico ormai in crisi e basato sullo sfruttamento intensivo di territorio e risorse. Il tutto sottacendo che, rispetto ai dati della Variante, la situazione attuale risponde bene non solo alle notevoli presenze estive “ufficiali” ma anche alle esigenze ulteriori di un turismo “sommerso” (quantificabile in presenze in circa il 50% di quello ufficialmente censito e riconosciuto) che la Variante non valuta, mentre propone una inesistente crescita demografica . La Variante non propone e non raggiunge affatto la declamata “riduzione della pressione sulla costa”, anzi, la aggrava con previsioni urbanistiche e di intervento sulle spiagge, particolarmente a Marina di Campo. Marina di Campo E’ soprattutto qui che la Variante va ben oltre il “Piano Spiagge” ed assume un vero e proprio connotato di “pre-Piano Strutturale”: vendita e spostamento delle scuole, previsione di nuove strutture alberghiere (Sottozzona H2 Alberghi, la dove si dice: “per gli alberghi di nuova previsione su terreni non edificati si applicheranno i seguenti indici: If. = 0,50. Rapporto di copertura 30%. Altezza Massima 3,50); ampliamento delle strutture esistenti fino ad un massimo del 20%; interventi edilizi sulle cosiddette “dune pinetate” in cambio di un uso pubblico della fascia di Pineta a ridosso della spiaggia; nuova concessione balneare privata nel tratto di spiaggia libera più affollato e tradizionalmente usata dai cittadini di Marina di Campo; concessioni di specchio acqueo per l’ormeggio di piccole imbarcazioni con la possibilità di ricavare altre aree di ormeggio in futuro. Nelle schede del quadro conoscitivo si fornisce una fotografia dell’esistente che sottovaluta la reale percentuale di spiaggia occupata dalle concessioni attuali, limitando a pochi metri quadrati l’utilizzo dell’arenile da parte di noleggi e “scuole surf” che in realtà occupano necessariamente una superficie molto più ampia (la scheda allegata alla Variante indica un 37,55% che è sicuramente il dato “ufficiale”, mentre già oggi le strutture private oltrepassano di molto il 40% di utilizzo “reale” della superficie della spiaggia). La spiaggia di Marina di Campo appare quindi già oggi fortemente privatizzata, attrezzata, sorvegliata (almeno 20 bagnini), con 6 stabilimenti balneari e con una decina di strutture di ristoro tra la spiaggia e nelle immediate vicinanze, con altre strutture di noleggio barche e ombrelloni e scuole surf; l’arenile non necessita di nuovi stabilimenti o “punti blu”, ma di una riqualificazione dell’esistente ed di una attenzione maggiore alla spiaggia libera ed ai diritti di bagnanti, mentre la variante propone una serie di concessioni private intervallate da piccoli corridoi di spiaggia libera. La spiaggia di Marina di Campo ha perso, dal dopoguerra ad oggi, quasi per intero il suo sistema dunale, e lo stesso arenile è stato devastato ed eroso da strade sulla spiaggia, da opere portuali e da costruzioni a ridosso del mare e dalle attrezzature balneari, I ripascimenti degli ultimi tempi e le strutture a mare hanno solo alleviato il fenomeno erosivo, con avanzamenti della battigia di breve periodo e di scarsa importanza. Un grandissimo patrimonio ambientale e paesaggistico di cui rimangono alcune tracce nelle pinete private (certamente più “naturali” e salvaguardate del tratto di pineta pubblico), è singolare che l’Amministrazione Comunale chieda di rendere pubblica una fascia di pineta, mentre concede ai privati nuove aree della spiaggia, ed offra in cambio nuove edificazioni ed ampliamenti in un’area da salvaguardare assolutamente. Un grandissimo patrimonio ambientale e paesaggistico di cui rimangono alcune tracce nelle pinete private (certamente più “naturali” e salvaguardate del tratto di pineta pubblico). Si tratta delle pinete oggi private dell’area tra Via Giannutri e La Foce, quelle pinete che fin dal Pdf del ‘77 furono assurdamente destinate a verde pubblico e per i 5 anni successivi rischiarono - come di nuovo oggi - di essere espropriate. Per essere poi certamente degradate e sfruttate commercialmente, come è capitato alla porzione che fu donata al Comune. Non si vede alcuna necessità di un provvedimento del genere, che con il pretesto di un improbabile ripristino di “finte dune” vuole in realtà “risolvere” il grave problema dell’erosione con l’arretramento della spiaggia, per poi creare nuove opportunità di sfruttamento commerciale, Un tale provvedimento appare in contrasto con le prescrizioni della DR 47/90 che con l’ordinamento generale (l’arenile, essendo “demanio naturale”, non può essere oggetto di pianificazione innovativa, bensì solo di ricognizione e descrizione grafica). Si vorrebbe addirittura porre sotto tutela AST (area di ripristino ambientale) un’area della pineta privata in condizioni naturali eccellenti e ben migliori di quelle della porzione pubblica della pineta stessa, ormai in stato di quasi abbandono, con ben tre concessioni commerciali. Nella stessa pineta che si vuole sottrarre al privato per “tutelarla” si consentirebbe invece la costruzione di un residence, in ossequio all’assurdo proposito “pinete in cambio di volumi”, proposito inattuabile nelle zone dunali e retrodunali secondo il dettato della 47/90. Ma si introduce anche una discriminazione tra privati “normali” e privati imprenditori. Mentre i primi verrebbero espropriati di quote di proprietà fino all’80%, le attività economiche non verrebbero toccate. Pertanto, chi in qualche modo sfrutta commercialmente la pineta se la può tenere, mentre la dovrebbe cedere chi semplicemente e onerosamente la cura e la valorizza con beneficio per tutti. E’ evidente che si intende rendere sfruttabile una nuova fetta dell’arenile, non riconoscendo alcun valore al fatto che nessuno dei proprietari ha mai pensato di sfruttare economicamente le proprie pinete in questi 40/50 anni, da ben prima, cioè, che venissero posti vincoli da parte dell’amministrazione comunale. Lo stesso nubifragio del 4 settembre scorso, dimostra che l’aver mantenuto privata la pineta e intatta la natura ha contribuito non poco al contenimento dei danni. Se invece di pini e macchia mediterranea vi fossero stati manufatti, o se fossero stati fatti sbancamenti, i danni sarebbero stati ben più gravi. L’unico danno in pineta si è verificato, non a caso, nella proprietà adiacente al camping La Foce. La piena è “rimbalzata” sulle strutture del campeggio, sorte sul vecchio letto, ed ha scavato un nuovo solco largo una decina di metri nella parte anteriore della proprietà, sino ad oggi mantenuta intatta come quelle degli altri proprietari. Se il letto del torrente non fosse stato stravolto negli ultimi decenni la piena non avrebbe avuto effetti così devastanti. La cementificazione, quindi, non è solo quella dei nuovi alberghi o delle seconde e terze case, ma anche quella dei corsi d’acqua, che sono stati deviati, riempiti di detriti, di parcheggi, di costruzioni di ogni tipo. Nel piano spiagge (recepito dal Piano Strutturale) nessuna previsione è fatta per risolvere il drammatico e urgente problema dell’arretramento del mare al centro del golfo di Campo, che ben risulta anche dai rilievi batimetrici della tavola 3 presentata dagli stessi progettisti. Da essa si apprende che in 30 anni la profondità della spiaggia centrale si è ridotta di 2/3. in alcuni punti di 3/4 Prima di ogni altra iniziativa, occorre assicurare che l’erosione non aumenti, e che anzi sia riconquistata la spiaggia creata in millenni dal mare e persa in pochi anni di follia amministrativa. Per questo chiediamo all’Amministrazione comunale: 1. l’adozione di provvedimenti finalizzati a bloccare l’erosione della spiaggia centrale e ripristinarne le dimensioni ore-1971 ovvero precedenti all’allungamento del molo maggiore, come prescritto dalla Dir. Reg. 47/90; 2. I’eliminazione del vincolo pubblico sulle pinete private per poter assicurare al golfo di Campo il suo unico fascino, la protezione dagli incendi, la cura delle pinete. Per quanto riguarda il nuovo stabilimento balneare (scheda 8) è anche da rimarcare che sorgerebbe in un punto in cui la spiaggia è poco profonda, tanto che le mareggiate invernali interessano anche la strada litoranea, lo stesso vale per alcuni ampliamenti di altri stabilimenti e per il posizionamento di alcune strutture di ristoro (zona Iselba, scheda 6), ci pare che non si sia ben valutata la profondità della spiaggia in alcuni punti (oppure non si è tenuto conto della fascia di spiaggia a ridosso del mare che deve essere comunque libera da concessioni), forse sarebbe necessario un nuovo sopralluogo e nuove misurazioni durante la stagione estiva per verificare la possibilità di ampliamenti rispetto alla situazione reale di un’arenile che ha subito forti regressioni in alcuni punti e garantire la sicurezza delle nuove strutture e l’integrità della spiaggia. Chiediamo che l’Amministrazione Comunale riveda le sue previsioni e si indirizzi verso una riqualificazione delle concessione e dei soli servizi esistenti. Fonza Siamo nettamente contrari alla realizzazione dello stabilimento balneare a Fonza previsto dalla Variante. La piccola spiaggia è compresa nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano ed è lontana dal turismo di massa, un oasi di tranquillità che verrebbe irrimediabilmente modificata da una struttura che, vista la necessità di un tornaconto economico, sarebbe costretta ad attirare nuove presenze con un aumento di traffico automobilistico che provocherebbe un forte impatto su un’area di così grande valore ambientale e paesaggistico che il Piano del Parco la inserisce in zona B di Riserva Generale Orientata, difficilmente compatibile con le proposte della Variante. Galenzana La spiaggia è in fortissima erosione ed anche qui il sistema dunale è ridotto a rari brandelli da opere murarie che impediscono il naturale ripascimento della spiaggia, la strada pubblica di accesso è crollata e una staccionata impedisce l’accesso alle spiaggette dei Salandri che la Variante non prende neppure in considerazione. La scheda del quadro conoscitivo da una visione non corretta della realtà di Galenzana: ben 18 metri di larghezza media (mentre la spiaggia è ridotta al massimo a 4/5 metri nei tratti più ampi ed è ormai scomparsa in buona parte dei 370 metri di costa occupata un tempo), così come sono note le presenze di manufatti edilizi e di residui di dune e di vegetazione costiera che la scheda nega. La Variante dovrebbe essere meglio indirizzata al recupero dell’intera costa tra il Porto e Galenzana, all’abbattimento di strutture che impediscono il naturale ripascimento, alla salvaguardia della prateria di posidonia presente, fattore determinante contro l’erosione, messa in pericolo dalla presenza dell’alga Caulerpa Taxifolia. Invitiamo l’Amministrazione Comunale a concordare con l’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano (che nel Piano del Parco propone per Galenzana una zonizzazione B) iniziative e progetti volti al recupero naturalistico e paesaggistico di Galenzana. Colle Palombaia Le proposte dell’Amministrazione Comunale hanno il sapore di una sanatoria di una situazione abusiva che si trascina da anni e più volte denunciata da LEGAMBIENTE. La spiaggia è compresa nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano (proposta come zona B dal Piano del Parco) ed è frequentata da un turismo appartato e “spartano” e da una presenza di bagnanti provenienti dalla frazione di San Piero, l’accesso è consentito dalla scalinata detta dei 200 scalini che effettua una ulteriore selezione allontanando i frequentatori più pigri che cercano proprio le spiagge attrezzate che si vorrebbero ricreare a Colle Palombaia. Non si comprende la contemporanea creazione di uno stabilimento balneare e di un punto azzurro in una spiaggia di limitate proporzioni e con frequenze abbastanza contenute. Seccheto, Cavoli, Fetovaia Pur concordando con le proposte di valorizzazione e salvaguardia, si invita l’Amministrazione Comunale a non permettere che le attrezzature per il miglioramento igienico-funzionale siano realizzate a ridosso delle spiagge e che vengano allontanati dalle aree di balneazione i campi boe per l’ormeggio e lo stazionamento delle imbarcazioni. . Si esprimono perplessità per l’intenzione di espropriare parte della pineta di Fetovaia per costruire aree di picnic e servizi rintracciabili anche nelle immediate vicinanze. Inoltre si invita l’Amministrazione a non consentire in tutto il territorio comunale nuove autorizzazioni per il noleggio di moto d’acqua e similari. Pianosa E’ evidente il tentativo dell’Amministrazione Comunale di ampliare surrettiziamente la quantità di costa balenabile per giustificare alcuni parametri della Variante, a questo fine si usano anche le spiagge ed il mare di Pianosa, inserite dal DPR istitutivo del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano in zona 1 di massima salvaguardia, forma di protezione (zona A) che il Piano del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano conferma con l’esclusione di Cala Giovanna, inoltre il mare di Pianosa è sottoposto ai vincoli del Decreto del Ministero dell’Ambiente 13/12/1997 che affida all’Ente Parco la tutela di un’Area Marina Protetta nella quale è vietata la balneazione . Infatti, per poter consentire la balneazione a Cala Giovanna ai visitatori che raggiungono l’isola con le visite organizzate e contingentate, il Consiglio Direttivo dell’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano ha dovuto provvedere con apposita delibera a consentire la balneazione richiedendo al Ministero una precisa e limitata deroga rispetto al Decreto stesso . La stessa Cala Giovanna, che noi crediamo possa mantenere la possibilità di balneazione limitata e contingentata, ha grandissimi valori ambientali e paesaggistici e non può certamente essere trasformata e banalizzata con uno stabilimento balneare. Anzi, le brutte strutture (che il Comune vorrebbe riutilizzare per improbabili sevizi igienici e cabine) ed i muri che sono stati costruiti a ridosso della spiaggia vanno abbattuti per consentire una rinaturalizzazione di un arenile unico al mondo e che l’intervento dell’uomo ha già troppo compromesso, così come bisogna intervenire sulla vegetazione costiera per eliminare l’ailanto e sulla costante manutenzione e salvaguardia dei beni archeologici costieri e sottomarini presenti. Per quanto riguarda l’utilizzazione per la balneazione di Cala del Bruciato e Porto Romano si tratta di una vera e propria follia dal punto di vista ambientale: le due zone sono tra l’aree più delicate dell’isola, tanto da essere indicate come zone A (Riserva integrale) nel Piano del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e un uso balneare di aree tanto delicate produrrebbe un impatto umano continuato che stravolgerebbe un equilibrio naturale che non può essere sacrificato alla semplice balneazione, al traffico ed al disturbo che ne deriverebbero, tutto questo sarebbe devastante per rare presenze faunistiche a mare e a terra, per la qualità dell’ambiente e del paesaggio. Comunque, per quanto riguarda le spiagge ricadenti nelle aree del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano si ricorda che ogni utilizzo della costa ed ogni nuova attività economica debbono essere contemplate dai Piani dell’Ente Parco e ricevere dallo stesso il relativo nullaosta per la realizzazione. A causa dell'assenza o grave insufficienza, nel Piano Strutturale, di chiarimenti e impegni convincenti per ciò che attiene a quelle precauzioni e salvaguardie da prendere in difesa del paesaggio e dell'ambiente, di indicazioni riguardanti i fatti, i fenomeni e i problemi indicati nelle nostre osservazioni, che pongono seri dubbi sui criteri in base ai quali saranno redatti i successivi strumenti di pianificazione e saranno poi rilasciate licenze e autorizzazioni non solo per nuova edilizia, ma anche per nuove infrastrutture e nuovi impianti; con conseguenti, non evitabili modificazioni da apportare a morfologia, a corsi d'acqua, a caratteri naturalistici dei luoghi su cui si interverrà, è necessario un accurato completamento del Piano Strutturale, prima della sua definitiva approvazione. E’ necessaria una nuova stesura del Piano Strutturale del Comune di Campo nell’Elba che lo renda compatibile col PTC della Provincia di Livorno e con la legge Regionale 5/95, ma anche con il Piano del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Quindi, occorre ridurre fortemente il numero delle nuove abitazioni previste e rinunciare alle infrastrutture di grande impatto ambientale, e rivedere le previsioni anche alla luce del recente nubifragio che ha colpito l’Elba ed in particolare il Comune di Campo nell’Elba E’ evidente che questo potrà avvenire solo attraverso una concertazione con Regione Toscana e Provincia di Livorno che ha già dato frutti positivi in altre realtà amministrative. Quindi, per tutto quanto sopra scritto, si richiede una radicale revisione delle previsioni contenute nel Piano Strutturale sulla base delle nostre osservazioni.
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