“Chiediamo alle Regioni di fare obiezione di coscienza non applicando la norma, approvata oggi in via definitiva, che consente la concessione di beni demaniali marittimi per la realizzazione di insediamenti turistici. Solo loro possono impedire ora che si svenda il patrimonio di tutti per il beneficio di pochi e che si continui a costruire qualsiasi opera infrastrutturale sulle nostre coste già abbastastanza antropizzate”. Così Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente, nel valutare la Finanziaria 2006 ribadisce le critiche per i pesanti tagli all’ambiente e alla cooperazione internazionale e soprattutto la norma che di fatto consente la svendita delle spiagge. “Le forbici della Finanziaria 2006 – continua Della Seta - colpiscono il delicato settore della tutela ambientale, togliendo fondi essenziali alle più importanti leggi per l’ambiente ma non intaccano, in alcun modo, gli stipendi del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei suoi Ministri, neanche per quel 10% che è toccato a tutti gli altri politici nazionali, regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali”. E in particolare Legambiente ricorda alcuni dei pesanti tagli previsti dalla finanziaria 2006: Da 200 a 120 milioni di euro per la difesa del suolo, da 50 a 30 per gli interventi contro il rischio idrogeologico, da 14 a 8 milioni (con un taglio che dal 2003 è stato del 135%) per la bonifica dei siti inquinati. La protezione civile subisce un taglio di 40 milioni di euro, mentre ai programmi di tutela ambientale vengono tolti tutti e 100 i milioni del fondo, arrivando a zero, così come accade alla mobilità ciclistica. Alle aree protette in cinque anni sono stati tagliati 11 milioni di fondi, su una dotazione che nel 2006 si attesterà sui 51 milioni di euro con una riduzione, rispetto a quanto previsto per il 2006 dalla Legge Finanziaria 2005 (52.362.000 euro), di 1.362.000 euro. Per non parlare dei tagli alla cooperazione internazionale: il governo Berlusconi con questa finanziaria taglia immediatamente in modo vergognoso la cooperazione allo sviluppo, per le risorse a dono, di quasi il 35% passando da 572 a circa 392 milioni e nonostante i tanti proclami fatti in questi anni (Berlusconi arrivò a promettere nel 2001 l’1% del PIL per la cooperazione allo sviluppo), l’Italia è all’ultimo posto dei paesi donatori dell’OCSE con la vergognosa percentuale dello 0,15% sul PIL. Per le opere infrastrutturali si spenderà invece il 75% in più: 239 milioni di euro rispetto ai 182 dell’anno scorso.
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