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Con Finardi un venerdì sera a New Orleans

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : martedì, 20 dicembre 2005

Sembrava di essere in un club di New Orleans, venerdì sera al Teatro dei Vigilanti. In realtà si trattava di un'eccellente performance di Eugenio Finardi e della sua band. L’occasione è stata la presentazione del nuovo album dell’artista milanese o forse è meglio dire la nuova vita artistica di Finardi che ci presenta l’altra sua anima musicale , l”Anima Blues”. Un album scritto in pochissimi giorni e la cosa non stupisce viste le qualità tecniche e l’amore che traspare evidente da parte dei compagni di avventura di Finardi verso la musica che rappresenta le origini di tutto quello che ascoltiamo oggi. Sul palco appare il mitico organo Hammond suonato con sagacia da Pippo Guarnera; alla batteria un altro grande ed esperto musicista come Vince Vallicelli; alle chitarre, uno straordinario ed esaltante Massimo Martellotta, giovanissimo, un vero talento e a centro palco la figura rassicurante di Eugenio Finardi che illustra agli ascoltatori ogni singolo brano presentato. L’album sembra molto lineare e convincente e i brani suonati dal vivo hanno una credibilità straordinaria che convince fin dal primo ascolto. L’atmosfera è calda ed appare chiaro come il Teatro dei Vigilanti si addica perfettamente a questo tipo di situazioni. La musica passa fluida e tra un brano e l’altro vengono presentate cover storiche come per esempio “Little red ruster” di Willie Dixon. Dell’altro Finardi, quello che tutti conosciamo, viene presentata solo “Diesel “ dell’omonimo album del 1977 in una diversa e ottima versione quasi jazzistica. Alla fine della serata dopo poco meno di due ore, sembra di aver assistito più che ad una grande performance musicale, piuttosto ad una vera lezione di stile e capacità tecniche che anche chi non preparato a questo tipo di musica sembra aver molto apprezzato Crediamo anche che oltre all’amore verso il blues originario della Louisiana, la spinta che ha mosso Finardi verso questa svolta radicale sia stata anche la voglia di far conoscere al pubblico più giovane quali siano le radici della musica moderna e come certi artisti e certi pezzi del passato non possano e non debbano essere dimenticati. L’Isola d’Elba ancora una volta, come quest’estate per il concerto di Stewart Copeland, è stata, per una notte, punto di riferimento per musica di ottima qualità e fuori dagli schemi puramente commerciali.


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